Io ad Alessandro Del Piero devo tutto. Tutto. La mia infanzia si è aggrappata al suo esempio, a quegli occhi buoni e ai sorrisi timidi, a quel destro a giro che è diventato un tiro tutto suo, “alla Del Piero” in gergo, alla fantasia, alla gratitudine, ai pochi fronzoli e alla tanta pazienza, dopo un infortunio lunghissimo, nell’attesa di un gol su azione che non arrivava mai.
Devo tutto all’umiltà di chi scende in serie B da Campione del Mondo, di chi mette il coraggio nero su bianco con una firma che non conosceva cifre, devo tutto al gol con la Fiorentina, al gol di tacco nel derby, a quello nel sette nella magica notte di Tokyo, al 4° posto di un Pallone d’Oro che in quell’anno aveva inciso su di sé solo un nome ed un cognome ma nessuna polemica al seguito e probabilmente nessuna poltrona vuota, che nei tempi moderni sa tanto di scaramuccia per riempire pagine social, ma che tradotto equivale ad una maleducazione che mai avrebbe sfiorato i pensieri di certi Campioni di quegli anni: una volta non ce lo si sognava nemmeno di non dire grazie anche quando sapevi di aver ricevuto meno di quanto avresti meritato.
E poi devo tutto a quella linguaccia, alle parole taciute, agli applausi sarcastici dopo un pugno in faccia, ai gol sbagliati in una finale europea e a quel destro mondiale che abbatté una Germania intera, devo tutto a quella fascia al braccio, alla leggerezza con cui le cose difficili sembravano facili, all’entusiasmo di un bambino, al gol con la Lazio e alla standing ovation di Madrid. Devo tutto a quel giro di campo, alle lacrime di quel giorno, all’abbraccio con mio padre e alla telefonata con mio zio, alla fine di una storia che in quel 13 maggio 2013 capì proprio che non c’era nessuna fine, che ci sono legami di cui si conosce sempre e solo il principio.
Ne è passato di tempo da quel giorno, e ne è passato ancor di più da quel Foggia – Juventus del 1993, così tanto che oggi Alessandro Del Piero non ha più solo “due stelle” sulla maglia, ne ha 50, o se volete 5 x 10 cucite sul cuore. Per me non c’è Maradona, Pelé, Ronaldo il Fenomeno, Messi o Cristiano Ronaldo che tenga: e non è questione di non essere oggettiva, è che penderò sempre dalla parte delle emozioni ed in tutti i secoli dei secoli, non ci sarà mai nessuno che mi emozionerà tanto quanto Alessandro Del Piero. Amen.
So per certo che la mia passione, il mio amore per questo benedetto, maledetto sport, senza Alessandro Del Piero non sarebbe stata la stessa cosa, ma so anche di aver assistito all’eccezione, alla storia d’amore che “intanto il tempo passa e tu non passi mai”, al lieto fine. Un lieto fine fortemente voluto da chi sa di aver lasciato in quell’orbita un’eredità pesante tanto quanto una maglia numero dieci “da continuare ad esistere affinché ogni bambino che tifi la Juve possa ancora sognare d’indossarla”.
Buon compleanno Alessandro Del Piero, fenomeno di una generazione senza tempo, occhi buoni e sorrisi timidi che proveranno a trovare forma e senso in altri volti, in altri talenti, pur sapendo che “come te, nessuno mai” o, per dirla tutta, “come te, nessuno mai più”.
Mariella Lamonica
foto: oggitreviso.it