Se anche voi come me siete del segno del toro (il più bello di tutti ovviamente), se anche voi come me agli oroscopi non credete ma un orecchio teso verso Paolo Fox al 31.12 di ogni anno non guasta mai, se anche voi come me credete in ogni inizio del mese e nello specifico credete che ogni inizio del mese corrisponda ad un cambiamento radicale della vostra vita, ecco mettetevi comodi e datevi due sberle.
Poi però convocate per un faccia a faccia anche Paolo Fox e tutti i suoi surrogati, e due sberle datele pure a loro. Perché va bene non credere agli oroscopi e a tutte quelle fregnacce, ma se uno insiste e insiste e insiste, è ovvio che dia vita al tarlo nel cervello.
L’anno del toro lo è dal 2000. “Nuovo millennio, nuova vita” dicevano, se miao proprio. Da lì è stato un continuo incremento di sfighe che manco la mia prof di economia politica delle superiori riuscirebbe a rappresentarlo con il suo famoso grafico del Break Even Point (dev’essere nata lì l’espressione “Tenemos Huevos” tra l’altro). Ma anno 2000 a parte, non voglio rimuginare sui ricordi e fare quella rancorosa, voltiamo le diciotto pagine a seguire e parliamo del 2019. Perché anche quest’anno è stato preannunciato come l’anno del toro.
“Occasioni di lavoro e di carriera come se piovessero, la salute di una ragazzina di 13 anni alta e magra, batticuore a non finire con conseguente coda fuori dalla porta, e poi soldi, soldi, soldi della serie Mahmood chi?“. Ma fosse solo questo il problema. Non vorrei snocciolarvi tutti i cavoli miei e ci mancherebbe altro, ma “Case, libri, auto, viaggi, fogli di giornale” è stato con ogni probabilità il preludio all’1% del mio elenco di sventure datate “da qui all’infinito”. E così sia.
Sempre detto io che Tiziano Ferro la sapeva lunga. Che poi “Case, libri, auto, viaggi, fogli di giornale” era troppo poco anche per una come me, che quanto a sfighe non è mica una dilettante da quattro spicci, allora l’elenco lo abbiamo arricchito con computer, hard disk a puttane, influenza tre volte in due mesi, un qualche centinaio di euro in tasse aggiuntive (tanto mi avanzano), la fatturazione elettronica, 2/3 questioni lavorative, le unghie che si rompono, il fantacalcio (e potrei scrivere poemi solo su questo a partire dal famoso rigore di Veretout), per non parlare di whatsapp che non manda i vocali: e se l’uomo della mia vita avesse deciso proprio oggi dopo le 17.30 di dichiararsi? E se il suo vocale fosse ancora in corso di invio e la sua dichiarazione d’amore più dolce si fosse persa nei meandri dell’app? E se per sbaglio, per sbaglio sia chiaro, quella stessa dichiarazione d’amore avesse deciso di scriverlo ed erroneamente, distratto da qualsiasi cosa, l’avesse mandata ad un’altra? Eh? Come la mettiamo? Le attese fanno soffrire la gente caro signor whatsapp, inizia a sentirti in colpa per la mia singletudine.
Comunque non ci pensate nemmeno al “È tutto qui“, perché no, non è tutto qui. Manco nei miei sogni. C’è stato un giorno in cui mi sono chiesta: ci manca solo che si faccia vivo il mio ex ed un paio di idioti appresso a lui, taaaaac. Più gufa io che gli interisti e milanisti ieri sera (e i romanisti e i laziali e i napoletani e i genoani e i fiorentini ed il Castronno, ed il Csi di Bareggio, ed il Greov di Varese, ed il torneo di beneficienza di Lurago Marinone, ma anche quelli della partitella scapoli ammogliati del 2001, solo per citarne alcuni). Ma la ciliegina sulla torta, perché c’è sempre una ciliegina sulla torta, è arrivata martedì.
Vado dal dottore. Premesso che ci andrà tre volte all’anno e che ogni volta faccio la coda con, nell’ordine, un vecchietto over 90 che ci prova, uno che mi chiede di dargli una mano con il cellulare, una signora che punta a rubarmi il posto, quelli che fanno i furbi “Le passo davanti solo per una ricetta, ci metto 5 minuti”, uno straniero a cui mi tocca fare da traduttore simultaneo, ed un paziente a cui rispondo con l’affetto di una mamma accorgendomi solo dopo mezz’ora che non sta parlando con me ma da solo; ecco al netto di tutte queste situazioni habitué, martedì sono stata fortunata perché “meno gente del solito e appena appena un paio di casi umani, niente di più“. Ma era ovvio che la congetture si nascondessero dietro l’angolo.
Entro dal dottore, ogni volta è una seduta dallo psicologo, dove lo psicologo sono io. Non ho capito se ispiro fiducia, chiacchiere o se le mie sembianze da pungiball mi facciano passare per essere il sacco di Rocky 4, fatto sta che questo si sfoga con me. E si sfoga con me perché internet non funziona e si sfoga con me per le mille chiamate che riceve e si sfoga con me per tutti i pazienti che gli fanno domande Marzulliane o che pensano di essere in punto di morte solo perché gli viene prescritto un integratore, senza dimenticare il “Dove l’ho messo, era qui ne sono certo“. Ma passiamo al riconoscimento del paziente ed in questo caso di me medesima. Il suo primo atto è scambiarmi per mio fratello Daniele, il secondo per mio fratello Davide, il terzo è chiedermi se sono certa di non essere uno dei due. Poi finalmente è il mio turno e posso raccontare le mie problematiche. Certo che io sia una rompipalle è risaputo e quindi oltre le problematiche emetto anche la mia sentenza e mentre lui mi guarda esterrefatto e mentre la sua mano è già pronta a prescrivermi un ciclo alla neuro, ad un certo punto taglia corto e mi smentisce con due giri di parole; nella mie mente vedo andare in mille pezzi le 967 pagine internet consultate prima di mettere piede lì. Alla fine dell’incontro emette la sentenza: “Signorina le prescrivo questo, questo e poi questo e mi raccomando assolutamente da evitare il cioccolato e l’alcool“.
Il mondo si ferma. Chiedo di ripetere.
“Niente cioccolato ed alcool, non sarà mica un problema immagino, lei è una golosa? È una che beve?”
Fin da piccola mi hanno insegnato: negare l’evidenza, sempre. Quindi fanculo alla panza, alla cellulite e ai rotoloni (che tra l’altro potrebbe conoscere meglio di chiunque altro), fanculo anche ai brufoli e a tutto il resto. “Io golosa? Ma no, si figuri, qualche sfizio ogni tanto ma sono una che sa trattenersi tranquillamente (pugno allo stomaco). Bere io? Ma va, sono un’atleta ricorda? Uno spritz quando capita…” “Ecco bene, allora non farà fatica a non farlo capitare“.
Pugno allo stomaco, spada conficcata nel cuore e botta in testa della serie Game, Set, Match.
Ci vediamo fra un mese caro Roger Federer, ma ricordati bene che la prossima volta le faccio passare tutte avanti le tue pazienti preferite, persino quelle che ci provano senza ritegno.
E per la seduta sono 50 €. Grazie.
Salgo in auto, in direzione farmacia ovviamente e sento la news che d’un tratto illumina il mio cammino: “A novembre uscirà il nuovo album di Tiziano Ferro e si intitolerà “Si accettano miracoli“”.
Caro Paolo Fox, ora te lo devo proprio dire: fanculo alle tue congiunzioni astrali, Tiziano Ferro is the way.