Questa è una lettera d’amore.
Ed è una lettera d’amore perché tante volte l’amore è nato dalle parole che tu stesso mi hai dedicato. E lo hai fatto di proposito; perché quando ti travesti da compositore di ninne nanne, quando la natura ti offre il dono unico di saperti prendere cura delle parole, insediarti nei cuori malconci, come il mio, equivale ad essere il dottore di malanni apparentemente incurabili, ed è ciò che di più naturale tu possa fare.
Ed è per questo che ci conosciamo anche se non sappiamo nulla di noi.
Questa storia d’amore è iniziato con un “verde coniglio dalle mille facce buffe“, un coniglio che ancora oggi, talvolta, esce dal cilindro e sa spiazzarmi, ma dietro quelle facce buffe c’erano già le verità, nude e crude, di una vita che hai saputo spiegare tramite versi di poesie melodiche. Perché a vent’anni pensi di avere tutto davanti agli occhi e tra le dita, i sogni non bastano mai e l’orizzonte pare sempre a portata di mano.
Poi c’è stato l’amore, anche quello carnale, ed è stato consumato e vissuto tra “nuvole e lenzuola“, con ore “lente e inesorabili che attraversavano i silenzi del mio cielo“, ed avrei voluto vestirle di eterno quelle ore, ed avrei voluto dissetarmi con lo scandire di quel tempo che sembrava nostro, nostro e basta, il tutto “in bilico, tra santi e falsi dei, nel segno di un’estate che non sarebbe dovuta finire mai”, mai e poi mai, vissuta “in quel posto che in realtà non c’è, basta la magia per far sì che tu possa respirare dalla stessa pancia mia“.
Ma questo era ancora solo l’inizio, il corteggiamento, la fase della conoscenza che porta due anime a scontrarsi e scrutarsi. Poi siamo andati oltre, ci siamo “tolti le mani dagli occhi” ed abbiano iniziato a vedere ciò che fino a quel momento non avevamo il coraggio di osservare, siamo andati oltre. Abbiamo oltrepassato il traguardo a testa alta perché troppa era la voglia e la curiosità di scoprire cosa avremmo trovato passo dopo passo lungo il nostro cammino, sempre a testa alta anche perché non siamo mai stati capaci di non affrontare la vita occhi negli occhi.
Abbiamo poi fatto “passi indietro“, abbiamo ammirato un mondo “meraviglioso“, ci siamo asciugati gli occhi di quella lacrime mai versate, e “scusa se non piango, troppe volte lo fai tu per me“, e troppe volte lo ha fatto lui per me, salvo poi invertire la rotta ed inondare la mia vita di tutte quella lacrime più propense a farmi affogare piuttosto che a sciogliere il dolore.
Tappa dopo tappa, sorriso dopo sorriso, cicatrice dopo cicatrice, non sono mancati i “singhiozzi” che sapevano di respiri sospesi e di vita buttata giù a pezzi forse troppo grossi per essere assaporati a dovere, non ci siamo fermati, non ci siamo arresi, nonostante tutto siamo andati avanti, non abbiamo interrotto i nostri percorsi nonostante le mille domande, nonostante ci fossimo chiesti più di una volta cosa ci stesse capitando, “cosa stesse realmente succedendo”, nonostante intorno a noi “bruciasse Londra” nonostante “io t’abbia odiato e amato, amato e poi di nuovo odiato“. “Il sole, dov’era finito il sole?” Dentro di te? Dentro di me?
Ma voltata pagina ecco il tempo dei baci rubati, perché “di amarci non ne saremmo mai stati capaci, ma non abbiamo mai saputo trovare una spiegazione a tutti quei baci“, a quella linfa vitale, a quell’amore che non era amore ma che era noi e bastava finché bastava, finché le frasi non dette trovassero posto nel mio e nel tuo altrove, un altrove che non combaciava mai, se non lì, in quei baci rubati che condannavano il cuore ma non la mente.
E a quel punto divenne vitale chiudere gli occhi e cercarlo nei sogni “quell’amore così grande“, quella passione travolgente, quella bocca che s’accende, mentre andavo a caccia dell tuo respiro, e mi trovavo a fare i conti con l’affanno più lieve che solo un campo ed un pallone sapeva cullare.
Ma tra la spensieratezza e la ricerca di un posto nel mondo, “o di un città intera dentro ad un abbraccio“, anziché viaggiare spedita verso altri lidi ed altri porti, ci sono stati nuovi ostacoli, ed un nuovo sudore da raccogliere in un soffio di vento, nuove parole a cui non credere, perché in quella stanza, là dove l’amore dovrebbe comandare corpi, mani e pensieri, c’era solo da stare “attenta“, attenta a non morire, attenta a non ferire. Affacciarsi ad una finestra per vederti volare, aggrapparsi ai ricordi per capire che “il tempo di misura in brividi“, domandare all’aria come stai e ricevere risposte nei suoi sibili, sapere che “si vedono gli alberi anche da lì” e che il mondo, nonostante tu possa apprezzarlo da un po’ più lontano, resti quel mondo speciale in cui si può anche volare; ma ovunque andrai, ovunque andrò, sappi ehe io ti terrò sempre qui, “tra lo stomaco e la gola, dove batte forte il petto, c’è un esercito di anime da sempre pronte a tutto, solo per difenderti“, perché è così che si fa con le persone speciali che valgono più di un sentimento qualsiasi.
E dopo aver voltato pagine, dopo esserci cambiati d’abito, puntuali come una sentenza, arrivano le domande, ti guardi alle spalle e ti chiedi dove e cosa hai sbagliato, cosa non ha funzione, stili un elenco di colpe di cui non conoscevi nemmeno l’esistenza e che d’un tratto ne senti il peso addosso quasi a soffocare ogni tuo respiro, e non ti piaci, non ti piaci più, e lo sai che poi in fondo meriti altro ma “l’amore non passa“, “l‘amore qui non passa mai“, e aspetti il ballo col vestito buono, e la musica in sottofondo pare un giradischi rotto che fa pace col silenzio, che lascia il vuoto ai ricordi di quell’amore che è “passato svelto e che è rimasto incastrato dentro“.
E chissà se tornerà, chissà se i potenti si accorgeranno dei loro errori, chissà se sapranno “ricucire con ago e filo” quelle ferite che bruciano ancora, chissà se “prima dell’imbrunire” sapremo ancora prenderci per mano, sapremo ancora restare, senza svenire, senza voltarci, senza sparire.
E allora dove sono finiti tutti i sapori della “prima volta“? Le tue battute, i tuoi sorrisi, il tempo lento che sapeva spogliarci ogni notte e darci certezze, tutte quelle che poi di giorno trovavano posto solo nell’angolo più remoto della mente…eppure io, di quella prima volta che è stato niente ed è stato tutto, ricordo persino il profumo, un profumo che ancor oggi è troppo nitido per le mie narici, che sta lì a sorprendermi anche quando la tempesta fa capolino, capace di trascinare tutto con sé ma non quell’odore, il tuo odore di pulito e buono, “che ha mirato al centro un po’ per sbaglio e per sbaglio ha vinto“, e non lo sa, non lo sa…
…e così, nonostante tutto, nonostante i sogni infranti e quelli ancora in circolo, nonostante le botte prese, le speranze disilluse, gli oceani nel mezzo al di là delle montagne, e le ferite che bruciano, nonostante tutto ciò non passo far altro che chiederti di amarmi, e allora “amami, anche se non mi conosci, ti prego amami anche se siamo nascosti, amami senza dovermi cercare, senza sapere da che parte stare, resta nel mondo in cui tu vuoi invecchiare, io verrò a prenderti lì…“, affinché questa sia davvero una di quelle storie d’amore da favola, quella del per sempre.
Grazie Giuliano per aver fatto sì che ogni tua nota corrispondesse ad un pezzo della mia vita, per aver fatto sì che questo connubio diventasse indissolubile, incapace di slegarsi capace solo di incastrarsi, di tenersi stretto, di dondolarsi, di scambiarsi sguardi per vedere, là dove c’è buio, quella luce che significa “No, non è tutto qui, c’è speranza e ci sono stelle, e mentre le convinco a disegnare nel cielo infinito qualcosa che somigli a te“, ricordati di donargli i tuoi sguardi, ricordati d’indossare un paio d’ali per lasciare tutti i dubbi alla “finestra”, e volare là dove goderti il panorama significa ritrovare te stessa.
Dimenticavo Giuliano, buon compleanno 💙
“I miei viaggi più belli li ho fatti con i libri, o con la musica; penso che l’immaginazione sia la vera libertà che ci resta” – Giuliano Sangiorgi