Ma davvero d’estate esiste qualcosa di meglio di un panino con la salamella ed una birretta fresca con gli amici? Certo: un panino con la salamella, una birretta fresca con gli amici ed…un torneo estivo!
Volley o beach, calcio o calcetto, maratone e percorsi ciclistici, partitina a tennis, tuffo in piscina o gara a freccette, scegliete quello che volete ma scegliete!
Da consumatrice esperta di tornei (e di panino con la salamella e di spritz in compagnia e…lo so che si vede), come non consigliarvi il torneo dell’Amicizia – Memorial Pino Conte? Presso l’oratorio di Madonna in Campagna a Gallarate, sarà festa dal 18 giugno al 20 luglio per la 28° edizione consecutiva.
Calcio a 5, con regolamento calcio a 7, su campo in erba sintetica, è qui che si sfideranno venti e passa squadre per alzare al cielo l’ambito trofeo (della serie cara Champions scansate proprio), trofei come sempre firmati Introini & Pavan della mitica Elena.
Per tutte le info e le iscrizioni cliccate esattamente QUI 

Vi aspettiamo numerosissimi, anche perchè detto sinceramente, sta cosa che l’Italia non è ai Mondiali in qualche modo bisognerà superarla, almeno proviamoci!

Inutile nascondersi: certe cose ti segnano, e ti segnano per sempre. Un anno fa lottai in piazza San Carlo a Torino per tenermi stretta questa vita ed il ricordo di quegli istanti, il ricordo di quella notte, mi creano uno sgomento che non pensavo potesse mai arrivare a toccare me. Ed invece, coinvolta a pieno regime, con paure che forse non mi abbandoneranno mai, con paure con cui convivi e che, però, ti aiutano anche a capire i tuoi limiti e a spronare te stessa per oltrepassarli. Il punto è che certe cose non fanno solo male, certe cose faranno male per sempre, le cicatrici restano cicatrici ma guardandole da un’altra prospettiva quei segni non sono ricami dell’anima?

Le mie mani e la mia mente si rifiutarono di mettere insieme i pezzi per un po’ ma cinque giorni dopo riuscii a partorire questo pezzo per dare testimonianza di un 3 giugno che sarà sempre un sogno infranto al pari di un ricamo che ha saputo rendere la mia anima un po’ meno bella ma certamente più forte.

Ringrazio ancora sportface.it che mi diede quest’opportunità.

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E’ stato uno strano lunedì quello della scorsa settimana, un lunedì tra un mix di malumori, incomprensioni e scadenze pressanti, un lunedì di quelli che ti fa maledire la fine del weekend, un lunedì vero e proprio insomma. Ecco perché quella sera accovacciata sul mio divano e con il mio amato mac fra le mani, cercavo qualcosa che mi facesse un po’ distogliere l’attenzione dai mille pensieri che mi frullavano nel cervello, che mi desse una scossa. Cercavo senza sapere dove posare realmente gli occhi fin quando sono stati gli occhi stessi a trovare luce. “Maxischermo in piazza San Carlo a Torino con piattaforma riservata a giornalisti e addetti stampa”, avevo letto sul web. Un brivido lungo la schiena, avevo già capito, la mia mente aveva già fatto un salto lungo circa 150 km, il mio cuore non aveva neanche saltato, era già là. Dovevo provarci e riuscirci. Sono partite circa 30 mail dal mio computer quella sera, trenta mail che hanno quasi tutte trovato risposta: “Ci mandi i suoi dati e le faremo sapere”, manco avessi presentato una canzone per il festival di Sanremo.

Poco meno di 48 ore dopo, la risposta attesa da tutta una vita: “Il suo accredito è stato accettato, ci vediamo sabato, buon lavoro”. Mezz’ora di salti incontrollati ed una svariata serie di note vocali alla collega che avrebbe vissuto con me quella medesima esperienza.

“Daniele vado a Torino sabato, chiedimi quello che vuoi”, la conferma più piccata ad un pezzo della famiglia Sportface. Già lo so, starete pensando questa è pazza, e in fondo normale non lo sono mai stata, ma io amo la mia follia, la sola, insieme a questa perseveranza e a questa smisurata passione, che mi permetta di raggiungere ciò che ho sempre sognato o molto più banalmente di fare ciò che amo di più, in spicci, di essere felice.

I convenevoli ve li tralascio: l’attesa, la cura maniacale nel preparare lo zaino e gli attrezzi del mestiere, l’ansia a diecimila, l’euforia di poter essere in mezzo ad un popolo di 30 mila persone che condividono i tuoi stessi colori e di poterlo fare da un posto privilegiato, quello di giornalista, l’adrenalina di poter scrivere della tua squadra del cuore che per l’ennesima volta si gioca il “tutto in una notte”, l’orgoglio di esserci, i pezzi del puzzle che d’improvviso s’incastrano ed un sorriso quasi spavaldo di fronte a quel lunedì nero che sembra d’un tratto così lontano. E poi il viaggio, la bandiera che sventola, i cori su cori e su cori. Ribadisco: lo so che sono pazza e che non mi capirete, ma non sono qui per questo. Io non voglio essere capita per ciò che faccio o ciò che provo quotidianamente, vorrei essere capita per ciò che ho sentito in quella lunga notte.

Perché tra un flash, una battuta, uno scambio d’opinioni, gli scongiuri verso un cielo grigio, una diretta facebook, perché tra un gol di Cristiano Ronaldo ed un gol di Mario Mandzukic erano circa le 21.45 quando quell’ultimo scorcio di stagione ha preso avvio. La Juve non gira, il centrocampo è lento e si è abbassato troppo, la difesa pare meno solida del solito, Higuain è così fuori dal gioco e poi c’è il talento cristallino di uno su cui ho scommesso non appena l’ho visto calciare un rigore con la maglia rosa del Palermo, ha 23 anni, si chiama Paulo Dybala e questa sera pare imprigionato nelle sue stesse paure. Casemiro e Ronaldo fanno il resto ma proprio quando cerchi conforto nei tuoi fratelli bianconeri,quando il tuo sguardo si scontra con il silenzio assordante di un’intera piazza che non riesce a spiegarsi il perché ancora una volta, sul più bello, tutto sfumi, ecco che quel silenzio si tramuta in un rumore che sa tanto di spari, ecco che il cuore ti si ferma e che la mente vola non a 150 km di distanza ma là dove non pensi possa esistere vita.

Una frazione di secondo, una folla impazzita che sta correndo proprio nella tua direzione, lo sforzarsi di trovare una lucidità che non fa capolino nel tuo cervello ma che, grazie a Dio, non soffoca quell’istinto di sopravvivenza a cui ti aggrappi come se fosse l’ultimo brandello di vita. Lo zaino in spalla e la mano della tua collega che hai afferrato e trascinato il più lontano possibile: non c’era tempo per le domande, c’era da correre. Circa 400 metri di corsa disperata evitando di calpestare la gente a terra e provando a non scontrarti con nulla, quelle mani che si disuniscono per un attimo, ma gli occhi che non si perdono e le dita nuovamente intrecciate. Il riparo sicuro è quello di un bar in cui ti fermi e ti ritrovi accerchiata di persone che hanno sangue ovunque, che urlano e piangono e non sanno il perché. “Una bomba, hanno sparato, arrivano” ed il terrore a quel punto trova spazio in un bagno in cui gli affanni di un respiro trasalito rimbombano a più non posso. E adesso cosa facciamo? Potevo lasciare che la paura di morire avesse la meglio sulla voglia di vivere? Noi, fratelli sconosciuti, ci siamo abbracciati, abbiamo condiviso il terrore e, quando abbiamo ripreso a respirare, l’umanità.

Ho visto gente che si consolava senza sapere cosa dire e chi avesse davanti, ho visto ragazzi infermieri in borghese bianconera, prendersi cura del prossimo ferito, ho visto gente che predicava calma, bambini accolti da mamme improvvisate ma oneste, soccorsi pronti e polizia attenta, cellulari prestati perché sopportare anche che le proprie famiglie piangessero sarebbe stato troppo. Ho rivisto quello scenario di una piazza devastata, perché c’era da recuperare la borsa della tua amica che lì dentro aveva anche le chiavi della macchina e che, nuovamente grazie a Dio, dopo poco era come un miraggio fra le tue mani, e ho capito che la guerra era passata di lì. C’era d abbandonare Torino, la città dei tuoi sogni, e c’era quello sgomento nel cuore che non si dava pace e che ti impediva anche di capire quanto i miracoli esistessero, quanto tu stessa fossi un miracolo.

Il ritorno a casa e la notte insonne pensavo facessero il resto, mi sbagliavo. Il resto lo hanno fatto gli occhi e le mani di mio padre e mia madre, dei miei fratelli, che sono stati la mia ancora di salvezza in quel mare in burrasca. Non potevo permettere a nessuno di non farmeli vedere più, di non riassaporare più i loro profumi, di non alimentarmi dei loro sorrisi. Io non so a cosa hanno pensato quelle trentamila persone, io so che ho pensato a loro ed è così che mi sono salvata. Ma ancora non era finita e forse questa storia non avrà una fine. Quando ho rivisto le immagini il giorno dopo, quando le parole hanno trovato una collocazione di senso compiuto, quando i milioni di messaggi che i social ed il mio cellulare mi hanno recapitato ribadendomi che fossi più viva di quanto in realtà credessi, ho trovato anche tutte quelle lacrime che fino a quel momento non avevo ancora versato. Ed eccole le domande che arrivano puntuali come una sentenza. E non sono né i perché, né da dove è nato tutto ciò, niente del genere, le domande che mi hanno martellato il cervello erano che fine avessero fatto tutti i disabili che avevo attorno, gli stessi che avevo difeso poco prima non appena la gente si mettesse nella loro traiettoria impedendogli di vedere la partita, che fine avesse fatto quella signora tanto simpatica con cui avevo condiviso le ansie da Champions dal pomeriggio, che fine avesse fatto quel giornalista tanto carino dagli occhi azzurro cielo, e ancora di più dove fosse quella bimba che si era seduta accanto a me pochi istanti prima del triplice fischio, che mi aveva chiesto in che porta dovessimo segnare e che al gol di Mandzukic mi aveva stretta così forte come se mi conoscesse da sempre o come se volesse donarmi un pezzetto del suo piccolo grande cuore. Ho pregato per loro, spero che Dio mi abbia ascoltato anche questa volta.

Adesso arriva il bello. Sognavo di scrivere il mio primo articolo sulla mia Juventus in modo totalmente diverso, sognavo di commentare di un Gigi con la coppa al cielo, sognavo di raccogliere le emozioni di quel popolo così tanto simile a me. E sognavo anche di piangere mentre digitavo ogni singola lettera su questa tastiera. Sognavo di avere il cuore a mille, proprio come adesso. Ecco perché so che un giorno sarò di nuovo lì, perché che sono folle l’ho già detto? Non mi lascerò vincere dalla paura. Ci vorrà tempo? Ci vuole sempre tempo. Non ho mai visto sogni realizzarsi con il solo schioccare delle dita. E a tutti questi sogni se n’è aggiunto uno: mi piacerebbe guardare negli occhi quel talento cristallino con il numero ventuno sulle spalle e mi piacerebbe che ci scambiassimo un po’ di paure. Così diverse e in fondo così uguali. Lui e la paura di accarezzare un pallone in quel di Cardiff, io e la paura di non poter più sentire sussultare il mio cuore come quel 13 maggio 2012 quando cambiai la mia foto di copertina su facebook lasciando che lo sguardo dell’uomo più uomo e campione più campione che conosca si commuovesse dinanzi al tributo più meraviglioso mai visto. Il nesso è così semplice ed immediato tra  due. Ecco, vorrei anche questo dalla mia vita. Perché se c’è una cosa che ho imparato da questa tremenda vicenda è che l’amore vince sempre. E allora che vi siate aggrappati a chissà quale pensiero in quegli istanti, all’amore per i vostri figli o per i vostri compagni, per i vostri amici, per le vostre madri, per voi stessi o a Dio, non fa differenza: non lasciatevi vincere dalla paura, lasciatevi vincere dall’amore.

 

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Lo so che è tardi, lo so che ormai sei là, ma sono convinto che là in alto oggi la guardavi con mio papà la partita! Questo gol, anche se non vorrà dire niente, anche se non servirà a niente, lo dedico a te #davideastori #forzaitalia #grazieatuttivoi

Volevo augurarvi la buonanotte così, con questo messaggio che Mario Balotelli ha scritto sul suo profilo ufficiale instagram dopo la partita di stasera con l‘Arabia Saudita, vinta 2 a 1 grazie proprio ai gol di Balotelli e Belotti. Parte dunque con il piede giusto l’avventura del neo ct Mancini. Certo la strada è lunghissima, certo si sbaglierà ancora tanto, certo lo criticheremo come abbiamo sempre fatto con tutti i suoi predecessori, però…lasciatevi coinvolgere dalla tenerezza di questo post e per una volta cestinate tutte le critiche; il sangue amaro finisce per intoppare le vene, la dolcezza, al contrario, scioglie ogni remora ed aiuta a sorridere.

Good night 

Avete mai provato a guardare oltre? Oltre tutto e tutti intendo? Oltre le scarpette colorate, oltre il gel e le pettinature strane, oltre i riti scaramantici, oltre i selfie, oltre uno stop che ogni tanto la palla sfugge, oltre i gol mangiati e quelli stampati all’incrocio dei pali, oltre le lamentele per un 5.5 di troppo, oltre le parole strappate e quelle dette invano? Sì? E cosa avete visto? Li avete mai visti due occhi pieni di lacrime che raccontano una storia intera?
Vedete, ci sono mille e più motivi per cui io ami lo sport, ma quello delle storie di vita è certamente uno dei più affascinanti. Bastano frammenti, a volte, un pezzetto qua e là, ricuci i pezzi e il gioco fatto. Ti trovi di fronte intere pagine scritte da persone qualunque che d’un tratto diventano eroi. Noti i pesi sulle spalle, le cicatrici, la forza nelle braccia che spingono in piedi quando sei faccia a terra, noti le mani che tremano perchè i ricordi sono ancora vivi, i sorrisi spenti per quell’occasione mancata…
…noti la verità. Esiste qualcosa di meglio delle verità? Ah sì, essere se stessi. 
Le storie più belle sono quelle che ci mostrano esattamente per ciò che siamo. Ma non per ciò che siamo con quelle scarpette e quei tatuaggi, per ciò che siamo realmente, nudi e crudi, pieni zeppi di difetti ma unici. 
E allora andate oltre gente, fate un passo in più, scovate, cercate, non fermatevi, andate oltre che le persone bisogna amarle per il loro animo e che lo spettacolo, OLTRE, è da togliere il fiato.

Le origini risalgono a quando le popolazioni politeiste dedicavano un giorno all’anno ad ogni dea legata alla terra, celebrandola ad esempio per la ritrovata fertilità. Per i greci era la Dea Rea, rea appunto di essere la madre di tutti dei, per i romani era la Dea Cibele, simbolo della Natura e di tutte le madri. Nel tempo assunse poi significati diversi ed evoluzioni: in Inghilterra di festeggiava il “Mothering Sunday” ovvero quando, nella quarta domenica di quaresima, era concesso a tutti i giovani lontani da casa per motivi di lavoro, per fare i servi altrove e quindi,  banalmente, per guadagnarsi da vivere, tornare in famiglia. Diversa la concezione di “mother’s day” americana: si iniziò a commemorare questo giorno legandolo al discorso del suffragio alle donne e a discorsi pacifisti, perchè ogni madre era simbolo di pace. In Italia ci penso un sacerdote, ovvero Don Otello Migliosi nel 1957, a celebrare la festa della mamma durante le sue messe nella chiesa di Assisi, dando perciò ufficialità all’iniziativa dell’anno precedente ideata dal sindaco di Bordighera Raul Zaccari. Nell’epoca più recente la Festa della Mamma trovò spazio su tutti i calendari nel giorno 8 di maggio, poi per convenzione fu spostata alla seconda domenica di maggio.
Oggi rileggendo le origini di questa festa mi rendo conto che tutto trova forma in te: tu sei la terra, la fertilità, la natura, la famiglia e l’unione, tu sei i diritti di donna e la pace. Tu sei maggio che è il mese dell’amore, ed anche il mese in cui mi hai dato alla luce, tu sei il trait d’union di una matta famiglia, sei nonna innamorata tutta da prendere in giro, sei colei che mi lascia le scaloppine pronte quando esce perché “non si sa mai” e quella che si commuove se io mi commuovo. Tu conosci tutti i giocatori della Juve perchè ti faccio “una testa così”, ed ami i mercoledì di Champions perché si sta insieme, poco importa se poi arriva o non arriva un rigore che mi cambia la serata, importa però se cambia il mio umore. Tu mi guardi e sai e non chiedi, o se chiedi pur conoscendo la risposta, tu sei, come dico sempre, il mio orizzonte e il mio porto sicuro. Ma più di tutto sei colei che ha tatuato i valori che contano nel mio animo risoluto, lindo e a te devoto. Tu che mi hai insegnato ad amare le cose semplici, sei la cosa più semplice che io abbia mai visto e forse è proprio per questo che ti amo. Infinitamente.

Buona festa della Mamma a tutte coloro che hanno avuto il coraggio di esserlo, a tutte coloro che avrebbero il coraggio di esserlo ma che non lo saranno mai, o forse lo saranno comunque, a chi nasconde un segreto dentro di sé, a chi costruire il cuore di un figlio e cullarlo tra le proprie mani difendendolo da ogni tempesta, amandolo incondizionatamente. E a auguri a te, mia dolce mammina. 

Una dolce poesia, una citazione romantica, un evento strampalato, una storia strappalacrime, un racconto da ridere a crepapelle, una cazzata, una frase senza senso, uno spunto di riflessione, un’amara verità o una sacrosanta verità: cosa hanno catturato i miei occhi oggi sul web?

 

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Una dolce poesia, una citazione romantica, un evento strampalato, una storia strappalacrime, un racconto da ridere a crepapelle, una cazzata, una frase senza senso, uno spunto di riflessione, un’amara verità o una sacrosanta verità: cosa hanno catturato i miei occhi oggi sul web?

 

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Amo chi non si dà per vinto, chi ci mette la faccia, chi ci crede nonostante tutto, chi sa rialzarsi ogni volta, ancora più forte, amo le favole, anche quelle senza lieto fine, perché viverle e scriverle vale più di qualunque finale inaspettato, amo chi non teme gli “occhi negli occhi” e chi sa prendere il proprio cuore tra le mani e lanciarlo oltre qualsiasi ostacolo…
amo le storie impossibili, quelle che poi, in fondo, d’impossibile, non hanno proprio niente 😍💙 #milanbenevento #sansiro #tribunastampa#ilovemywork #seriea #journalism #maryseven #quelgrancasinodellamiavita

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21 aprile 2018, Facebook in onore della mia presenza in tribuna stampa a San Siro per Milan Benevento

– Avere il culo grosso ti costa un abbonamento annuale in palestra, la rinuncia alle abbuffate di schifezze e l’umiliazione quando fai shopping di fronte alle 170 cm x 51 kg e taglia 38, e nonostante tutto il culo grosso te lo tieni;🙈😂🍟🍔🍹🍹🍹
– Essere una donna che lavora nel mondo del calcio ti costa 89345698249487 sfottò, cori negli spogliatoi, soprannomi ed appellativi vari 🦉
– Essere una donna appassionata di calcio e juventina, ti costa sofferenza ogni qualvolta si pronunci la parola #champions, ti costa un iPhone intasato di foto, video, gif varie ed eventuali dal 1997 senza interruzione, oltre che l’investimento di un treno in piena corsa al 93′ di un mercoledì qualunque passato dall’essere “un mercoledì da leoni” a “un mercoledì da co…”🙈😤😱😈👋👋👋
– Essere una donna, appassionata di calcio, juventina, che gioca al fantacalcio con 9 uomini che hanno la delicatezza di Pio e Amedeo (moltiplicata x 9 appunto) e che te la fanno assaporare dal 15 agosto al 31 luglio, che all’asta di inizio anno manco se ti presenti in gonna e tacco 12 ti lasciano i tuoi pupilli…ti costa ancora più caro, ma la soddisfazione di svegliarsi il lunedì mattina e vedere che con il punteggio di 68.5 a 68 hai vinto la prima #fantachampions della storia, non ha eguali.
Ci sono cose che non si possono comprare, per tutto il resto c’è il #fantacalcio
Dimenticavo: il karma fa sempre il suo corso Filippo Cazzola 😂😂😂😂😂😂 😂 abbandona il gruppo wa peggio di schettino 😂😂😂
Sami Khedira ti amo 😍

Vi invito a casa mia a vedere Roma – Real o Bayern o Liverpool.
Vi faccio capire cosa significhi essere italiani.
La cena la offro io tranquilli.
Per il resto grazie Juve per questa lezione: c’è sempre speranza, c’è sempre un motivo per cui valga la pena lottare.
Per l’onore, per la gloria, per la volontà di credere nei miracoli: lo avevo detto, comunque vada, a testa alta. Più di così non avremmo potuto fare.
Infine, vi auguro di provare ciò che ho provato io nell’abbraccio con mio padre al secondo gol di Mandzukic. IMPAGABILE. Ci sono cose che valgono molto di più della vittoria di qualsiasi Champions e tutte le emozioni che ho ancora sulla pelle e nel cuore, rovesciata compresa, lo dimostrano, perché questo, come dicono in tanti, non può essere “solo” un gioco.
In qualunque cosa voi crediate…fino alla fine ragazzi, fino alla fine.
#proud #orgogliosadivoi #toghether #forever #italianavera #finoallafine#forzajuventus #atestaalta #sicadeecisirialza #piùfortidiprima #undicileoni#cèsolouncapitano

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12 aprile 2018, facebook dopo la semifinale Real Madrid-Juventus