Novanta minuti, gli ultimi novanta minuti.

novanta minuti

È notte fonda. L’aperitivo con gli amici ed il posticipo del sabato, poi a nanna presto che domani si gioca. Il solito messaggio sul gruppo whatsapp “Qualsiasi cosa accada, Insieme per i nostri novanta minuti, forza Leoni“, scudo di un’ansia che avanza a passo svelto e che si prende buona parte dei respiri.

Sveglia puntata, anche se come ogni domenica o quasi sarai solo li attenderla. Occhi chiusi, ma non si dorme. Tiri le coperte, ti giri, ma niente. Un bicchiere d’acqua, forse la pizza era un po’ salata. Ma la scena di quella testa appoggiata su un cuscino scomodo, degli occhi sbarrati che questa notte sanno solo perdersi in un buio mai stato così profondo, è la stessa nella camera di tutti.

Ti ricordi dell’andata, del gol mangiato nel recupero, di quanto era tosto quell’attaccante da marcare, dell’abbraccio al tuo portierone dopo un volo plastico che ha salvato tutto, della cazziata del capitano a fine primo tempo, degli occhi di papà quando il mister ti ha scelto e tu, alzandoti dalla panchina, hai avuto bisogno di sapere che sarebbe andata bene.

Sonnecchi un po’, ti risvegli qualche ora dopo pensando sia già mattino, ma niente, manca ancora troppo. Guardi l’ora sul telefono, sfogli qualche storia su Instagram, controlli i messaggi…

Mentre la luce si fa spazio tra gli spiragli di una persiana rotta e che più e più volte ti sei promesso di sistemare, mentre il cane è già arrivato a cercare coccole, noti lo smartphone che si illumina “Ehi, io sono già sveglio, che dici tra mezz’ora al solito posto?“. Non aspettavi altro. L’acqua fresca sul volto nella speranza di nascondere una notte insonne, ti infili la tuta, 5 minuti e sei al bar. Le strade sono ancora deserte, i tavolini mezzi vuoi. Un caffè, spremuta, brioche e la Gazzetta tra le mani.

novanta minuti

 

Di fronte a te il compagno di 30 colazioni su 30, ogni domenica, sempre lì, come se lì ci fosse il vostro fischio d’inizio. Basta uno sguardo per capirvi, le ore di sonno le contate sulle dita di una mano, si parla di tutto ma non di quello che sarà. Vorresti dirgli che ti tremano le gambe, che senti il peso dell’attacco sulle tue spalle, che la caviglia è ancora indolenzita…lui vorrebbe risponderti che la vede dura, che all’andata quel numero dieci lo ha fatto impazzire, che forse sarebbe meglio partisse dalla panchina e che magari lo dirà al mister appena arrivato al campo…

…ma niente, non vi dite niente, e sapete già tutto. La battuta si sposta sulla cameriera del bar, solo per sdrammatizzare un po’, le bionde in realtà non ti sono mai piaciute. Pacca sulla spalla e si va. “Ci vediamo dopo, passo a prenderti?” “No tranquillo, vengo con la mia“. Ci sono quelle tre canzoni da ascoltare nel tragitto casa – campo, non puoi perdertele nell’ultima domenica.

Il pranzo è sempre lo stesso, lo stomaco in realtà è chiuso. Tua madre ha fatto la crostata solo per te, ma riesci a sbuffare comunque, lei sa il perché: il countdown nella tua testa è già partito, la tensione si fa sentire. Controlli il borsone un paio di volte, poi saluti tutti “Babbo ci vediamo al campo“, mentre mamma rimarrà lì, non troppo attaccata al telefono, nella speranza che non suoni mai, e con il solito messaggio delle 15.15 per papà…”Tesoro, quanto stanno?“.

In macchina ti scende una lacrimuccia mentre Ligabue canta “Lì, sempre lì, lì nel mezzo, finché ce n’hai stai lì“. È la prima del trittico di canzoni. Poi ti dai la carica, alzi il volume e non senti più nulla. Parcheggi, qualche minuto d’anticipo. C’è il tempo per una battuta con la signora del botteghino all’ingresso: “Dacci dentro bomber” ti esclama e ti fa l’occhiolino, ricambi.

Varchi il cancelletto davanti agli spogliatoi, dai un’occhiata timida al campo, il signore dei palloni ti guarda e te lo sussurra appena “Wè bomber, devi buttarla dentro oggi”, vaglielo a spiegare che non hai dormito un cavolo e tutto il resto. Il pres ti dà una pacca sulla spalla, “Già sai…” e non aggiunge altro, lui la conosce la tua scaramanzia, grande come quella fascetta che ti leghi al polso, come il mettere prima la scarpa sinistra o l’entrare in campo su un piede solo.

novanta minuti

 

Poi varchi la porta dello spogliatoio, incroci gli occhi dei tuoi compagni e lì c’è la prima botta di adrenalina. Ti cambi al solito posto, il ds entra a dettarvi i tempi, dieci minuti e siete tutti in cerchio sul retro del campo. Il mister dice due cose e dà la formazione, più volte ribadisce quel dentro o fuori che pare la spada di Damocle sulla testa. Il riscaldamento va via liscio, il “ghiaccio” inizia ad avere qualche crepa, provate un paio di punizioni e non becchi la porta. Insomma, non si mette benissimo.

Mentre tornate negli spogliatoi incroci un paio di ex compagni oggi con la casacca opposta alla tua, pronti a vendere cara la pelle, proprio come te. Poi tutti di nuovo dentro, c’è il discorso del mister. Seduti su quelle panche vi sentite quasi inermi, sopraffatti da una stagione che ormai è al capolino. Nella tua testa scorrono le immagini di tutti questi mesi e ti rendi conto di quanto manchi al traguardo. Il tuo film in realtà è quello di tutti. I ventitré gol messi a segno fino ad oggi sono un bottino che ti fa andare orgoglioso della tua annata, ma non ti gratificheranno abbastanza se all’appello dovessero mancare quelli di questi novanta minuti. Forse non te lo perdoneresti mai, a patto che, sì insomma…il bene della squadra viene sempre prima.

C’è la chiama dell’arbitro.

Prima di uscire ci pensa il capitano a dire la sua, come sempre. Vi chiama leoni, vi chiama fratelli, vi spinge a dare il massimo anche oggi, soprattutto oggi, per quei maledettissimi novanta minuti e lo fa come solo lui sa fare, colpendovi dritto al cuore. Pensi: “Cazzo che fortuna ad avere un capitano così, se un giorno dovessi avere quella fascia al braccio, vorrei essere come lui…“. Vi abbracciate, eccolo qui l’abbraccio più bello del mondo. La convinzione di tutti è che dentro quell’abbraccio non vi succederà mai niente.

Si spalanca la porta ed è un attimo. C’è la foto di rito, ti distrai e sbirci in tribuna, quest’anno non l’avevi mai vista così gremita, la fortuna di giocarsi tutto in casa. Controlli che le scarpe siano allacciate strette, poi metti il primo piede sul prato verde, e cambia tutto. La paura sta lasciando il posto ad un’adrenalina incredibile. Il tragitto fino al centro del campo non ti è mai sembrato così lungo, quasi più lungo di quei novanta minuti lì davanti a te. In riga aspettate il via, saluti il pubblico, ti scambi il cinque con i compagni e ti prendi ancora qualche incoraggiamento. Papà è al solito posto, fiero. 

novanta minuti

 

Chiudi gli occhi per un attimo, li riapri e guardi il cielo, e al cielo affidi i tuoi sogni. Il sogno di un playoff o di un titolo, il tuo primo titolo, il sogno di un playout che allontana una retrocessione diretta, il sogno di una salvezza insperata, o di una posizione a metà classifica che sarà banale solo per gli altri, il sogno di un gol che aspetti da mesi o del riconoscimento di capocannoniere, il sogno di una manona al posto giusto al momento giusto, o dell’assist che cambia la partita; il sogno di non sbagliare gli undici e di azzeccare i cambi, di trovare le motivazioni giuste e di poter esultare con i tuoi ragazzi.

Il sogno di veder i sacrifici ripagati, la tua società nella posizione che merita, i volontari del bar stanchi di questi nove mesi ma contenti per aver dato una mano alla squadra del loro paese; il sogno di vedere quell’ingresso in campo con i bambini del settore giovanile e le tribune piene da togliere il fiato.

Il sogno di scrivere l’articolo perfetto, di non sbagliare le pagelle, di saper trovare le parole giuste per raccontare quella miriade di emozioni che in realtà ti è piombata addosso già al mattino appena sveglio, quando le farfalle nello stomaco avevano già fatto il girotondo e quando l’incipit del pezzo ti è venuto fuori mentre le mani tremavano dall’ansia…il sogno di un’intervista in cui gli occhi di chi sta dall’altra parte del microfono riescano ad imbattersi nei tuoi, a trovare appiglio proprio lì, e poi conforto, comprensione, gioia, e tutto ciò di cui abbiate vicendevolmente bisogno, forse rispetto, forse gratitudine, forse amore.

Qualunque sia il tuo sogno, riapri gli occhi, tiri un sospiro di sollievo, il frastuono dei cuori che battono all’unisono pare l’inno alla gioia.

Guardi il pallone.

Novanta minuti, gli ultimi novanta minuti.

Fischio d’inizio.

Sì, sono pronto.

 

I film che hanno segnato l’adolescenza, i film che hanno segnato gli anni novanta: ebbene sì, a volte ritornano anche quelli. E in questa quarantena ancor di più.

film

La tv è sempre una valida alternativa alla solitudine, alla noia, è compagna di serate e talvolta punto di ritrovo perché pronta a trasmettere il film che ti sei perso al cinema, la finale di Champions o del tuo talent preferito, il programma tv che spezza la monotonia, e tutte quelle cazzate che ai nostri occhi appaiono irrinunciabili e bellissime.

In questo periodo in cui il tempo libero si spreca (per gli altri in realtà, io sono solo un po’ meno incasinata di prima), ci pensa il piccolo schermo a tornare prepotentemente protagonista, volente o nolente.

A volte ritornano

filmQuando ieri sera mi sono imbattuta ne “Il Ciclone” mi sono ricordata di avere avuto un’adolescenza felice. Leonardo Pieraccioni a mio avviso merita l’oscar alla simpatia innata, sempre. E a prescindere da tutto e tutti. Sarà anche che adoro il toscano (e i toscani ahahah). Il sito “Staseraintv” è ormai una finestra aperta nei miei pannelli web e niente, la consultazione è costante, la speranza è veramente rivedere lì titoli che mi hanno accompagnato a lungo tra i 6 ed i 15 anni. Anche perché quando mi fissavo con un film lo rivedevo fino a consumarne la videocassetta. Ecco, qua potrei aprire  un altro capitolo in merito alla tecnologia di un tempo, dal telefono con la rotella al walkman, al videoregistratore, appunto.

E così ieri sera mi sono goduta il Ciclone con le stesse lacrime agli occhi di quando lo guardavo con il mio migliore amico ed anticipavamo ogni battuta, battute diventate must della nostra quotidianità di giovincelli senza arte ne parte.

I film che hanno segnato l’adolescenza

filmE visto che la quarantena durerà almeno fino al 3 maggio chissà se la nostra buona tv saprà deliziarci ancora.
Tipo: Fuochi d’Artificio? Ti amo in tutte le lingue del Mondo? Vacanza di Natale 95 e quel gran figo (pace all’anima sua) di Luke Perry? E non mi dite che non è periodo perché questo non sarebbe nemmeno il periodo di stare chiusi in casa. Ma poi aggiungo ancora: Forrest Gump? Ghost? Dirty Dancing? Il Re Leone? Notting Hill? Braveheart? Le ragazze del Coyote Ugly? Come farsi lasciare in dieci giorni? Ok quest’ultima è anni 2000 ma i film con Matthew McConaughey sono sempre ben accetti, anche dovessero essere film muti.

L’opera comunque la completerei con Beverly Hills 90210 e Bayside School. E ho detto tutto.

Posso anche tornare a lavorare in serenità. Passo e chiudo.

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Giochi di un tempo, giochi di una volta che ti salvano pure le domeniche in quarantena: ebbene sì, la NON rubrica “A volte ritornano” si affaccia nel mondo dei “passatempo”.

giochi

Sdraiata sul dondolo in cortile, con la voglia di fare qualcosa pari a quella di Tina Cipollari, e con un ingegno scippato dal  quoziente intellettivo di un concorrente di Ciao Darwin, scavo nei più remoti meandri della mia mente alla ricerca di un’attività fisicamente non troppo dispendiosa, mentalmente più coinvolgente di una canzone del Volo e moralmente più emotiva della copertina di un libro vinto alla pesca di quartiere.

A volte ritornano

giochi

Ma niente, non la trovo. E così ripiego sul gruppo whatsapp delle 4 disperate sapendo che non mi avrebbero deluso. Piccola premessa: ieri ho giocato a bocce, sì a bocce, con mamma, papà e zio quindi, nel momento in cui vi racconterò di questa domenica pomeriggio, sappiate che alla frutta c’ero già arrivata. Ora, diciamo, è definitivamente marcita.

E così, la butto là: “Giochiamo a nomi, cose, città?”. Ovviamente le disperate, che con ogni probabilità sono anche più disperate di me, accettano al volo. Tranne una che ha deciso di fare la doccia in quell’istante, ma per la privacy non posso fare nomi. Dopo 25 minuti di tentennamenti con la connessione a skype, perché nel 2020 per qualcuna la tecnologia è ancora un optional (ma anche qui non posso fare nomi), ci ritroviamo in una conversazione a tre. Nuova precisazione: abbiamo detto no alla chiamata whatsapp perché non permette di convogliare più di 4 persone, ma abbiamo detto sì alla idiozia perenne. Siamo così, dolcemente complicate.

Giochi di un tempo che salvano la domenica

giochi

Armate di carta e penna, stabiliamo le colonne e decidiamo per il low profile: nomi, cose, città, mestieri, personaggi famosi. Per il riscaldamento ci sembrava ideale. Creato il foglio con l’alfabeto, si parte. Dopo la prima manche ci rendiamo conto che per una delle tre non c’è speranza. Nemmeno qui. Attendiamo sviluppi per i prossimi giochi, ma siamo ben conscio dell’esito. La tensione inizia a salire, ci prendiamo gusto, la competizione sfiora le stelle, palpabile persino nel wi-fi di A. che ci fa capire una parola ogni tre (sarà per questo che ha vinto🤔); dietro quelle videate iniziano ad intravedessi sguardi sempre più agguerriti.

Mentre D. cerca sostegno da Google, A. s’ispira ai muri del salotto, snobbata pure da sua mamma che pur di non addentrarsi in questa operazione “ricordo delle ore di diritto alle superiori” opta per la più classica delle scuse “Sono al telefono”, io rompo invece le palle alla mia di mamma, che non accetta ma viene comunque nominata “Giudice supremo”. 

Al degenero manca poco. Mentre fra gli oggetti vengono catalogati, ginocchia, ugole e valium, prontamente declassati dal giudice supremo, capiamo che stiamo toccando il fondo quando D. fra i personaggi famosi spara Dio. Nuovo intervento del giudice: “Almeno aggiungici dato e fai Diodato“. Passa Umido fra le cose “A proposito stasera devi portarlo fuori”, la voce fuori campo, restano al palo Hula Hop (che sarà mai un h in più o in meno) e Farfalla (perché ovviamente farfalla non è un oggetto anche se in alcuni casi potrebbe sembrarlo). La discussione si accende però sulla I.

Il gran finale

Alla voce “personaggi famosi” D. spara una “Isola dei famosi” sostenendo che ce ne sia un gran concentrato, Untore non viene riconosciuto tra i mestieri e, soprattutto, Qui Quo Qua non strappa trenta punti tra i vip. Qui c’è il degenero. E allora la chiudiamo così.

Classifica finale

1° A. 675 punti
2° M. 625 punti
3° D. Incapace di intendere e di volere

Fuori classifica G. che all’alba delle 19.35 stava ancora facendo la doccia.

Alla prossima puntata, chissà magari passeremo al gioco dell’oca, se ne saremo in grado. Ok potete ridere.

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Cesare Cremonini e i suoi…40 special! Buon compleanno a uno dei cantautori italiani più amati.

cesare cremonini
Chissà chi mai avrebbe scommesso su un ragazzetto un po’ smorfioso e stravagante coi capelli ossigenati e con quell’aria da finto figaccione accerchiato dai suo amichetti…i lunapop! Sul successo del momento non ci furono dubbi, perché l’esplosione di Squerez fu troppo prepotente per lasciare indifferente il pubblico giovane di allora, che in quei “bolognesi” si identificava, sguazzando nella loro musica.

Con le ali sotto i piedi

cesare cremonini

Io negli anni duemila iniziavo le superiori e li ricordo bene i testi copiati sulla Smemoranda e le liti con mia madre “Abbassa la radio” mentre in camera pompava quel “Ma quanto è bello andare in giro con le ali sotto i piedi“. E Cesare le ali sotto i nostri piedi ce le ha messe davvero. Ci ha trascinato nel tempo in un mondo diverso, ci hai fatto vedere il panorama da altri punti di vista. Il suo percorso di crescita, mutamento, è stato un po’ anche il nostro, che con lui, a nostra volta, siamo cresciuti, mutati.

Il gruppo che si è sciolto, il silenzio, qualche canzone che sembrava troppo introspettiva e di difficile appeal, passo dopo passo, verso un percorso che ha condotto il cantante bolognese, così innamorato della sua terra anche e soprattutto in un periodo difficile come questo, alla costruzione di un uomo migliore, oggi amato e capito da tutti.

Io ho visto due concerti di Cesare Cremonini e quello di due anni fa a San Siro fu una perla di rara bellezza (che mi fece anche perdere la semifinale di un torneo tra le altre cose, per dirla tutta). Una delle cose che mi stupì di più fu avere accanto persone di altre generazioni rispetto alla mia e che non solo cantavano a squarciagola ma si abbracciavano, si commuovevano, come se quella musica fosse la colonna sonora delle loro storie d’amore o della loro vita. Non faccio fatica a credere che sia davvero così.

Cesare Cremonini: 40 special d’altri tempi

cesare cremonini

Leggendo un bellissimo pezzo da “Il fatto quotidiano” trovo spunti che collegano la mia mente ad un sacco di ricordi e di parole rimaste talvolta in sospeso, ponte immaginario tra un pensiero e l’altro, tra un vissuto e l’altro. “Se uno solo di loro, anche il più ignaro fra chi è venuto stasera fino a qui, non sarà cambiato di una virgola grazie a noi, saremo dei falliti“. Ecco, bingo. Questo è esattamente quello che penso tutte le volte che torno a casa da un concerto. Per quello li adoro, perché mi smuovono qualcosa dentro.

Il 2020 sarebbe dovuto essere l’anno delle celebrazioni di un ventennio che mette un punto. “Per quanto riguarda il tour, non è questo il tempo degli egocentrismi. Sarò felice di fare ciò che verrà deciso. Aiuterò la mia città a ritrovarsi“. Voltarsi indietro per non avere rimpianti, guardare al futuro per accaparrarsi manciate di fiducia, speranza, affidandosi alla bellezza di chi ha ancora il coraggio di credere nei sogni.

In fondo domani sarà un giorno migliore, vedrai…

Happy birthday Cesare Cremonini!

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E così, dopo la classifica su Mina, ecco Seven songs: le sette canzoni di Cesare Cremonini che la Mary Seven ama di più per un motivo o per un altro (in ordine casuale)

  1. Niente di più – “Quello che volevo, come sempre non c’è, solo un po’ d’amore che diventa polvere, che almeno fosse stata magica, la buttavo su di te, e invece in mano ho una lettera, due rose, e una canzone ancora da scrivere
  2. Vieni a vedere perchè – “Capirai che il cielo è bello perché, in fondo fa da tetto a un mondo pieno di paure e lacrime, e piangerai, oh altroché! Ma dopo un po’ la vita ti sembrerà più facile, e così fragile, ricomincerai”
  3. Marmellata #25 – “Oh, da quando Senna non corre più, ah, da quando Baggio non gioca più! Oh no, no! Da quando mi hai lasciato pure tu, non è più domenica”
  4. Greygoose – “Tornando a casa stasera ho capito che cercandomi nel buio pensavo ancora a te, nella luce dei lampioni ti ho rivisto ancora, l’amore non viene mai una volta sola…La notte è già finita”
  5. Poetica – “Questa sera sei bellissima, se lo sai che non è finita abbracciami, anche se penserai che non è poetica, questa vita ci ha sorriso e lo sai…anche quando poi saremo stanchi troveremo il modo”
  6. Nessuno vuole essere Robin – “Ti sei accorta anche tu, che siamo tutti più soli? Tutti col numero dieci sulla schiena, e poi sbagliamo i rigori. Ti sei accorta anche tu, che in questo mondo di eroi, nessuno vuole essere Robin”
  7. Il comico – “Non so dirti una parola, non ho niente di speciale, ma se ridi poi vuol dire che una cosa la so fare…e l’occhio ride ma ti piange il cuore…sei così bella ma vorresti morire”

 

 

 

Buon compleanno Mina, grande come te solamente tu!

mina

Vederti in tv è impossibile dal lontano 1978, quando hai deciso di ritirarti a vita privata e di non calcare più nessun palcoscenico, ma udirti, fortunatamente, è ancora un privilegio di tutti. Le tue collaborazioni musicali continuano, il tuo occhio sulla vita che va non è mai mancato: nemmeno con l’avvento dei Reality, che se ci fossero stati ai tempi, ti avrebbero visto Regina indiscussa senza bisogno di televoto o classifiche. Ricordo ancora quel “Sono onorata di fare il tuo mestiere” rivolto ad un Marco Mengoni incredulo sul palco di X Factor, roba che se fosse capitato a me sarei ancora sdraiata sul pavimento aggrappata alle caviglie di Facchinetti.

Grande come te, solamente tu

mina

Buon compleanno Mina, una voce che arriva al cuore, che scuote, che emoziona tanto da rendere la pelle d’oca sinonimo di un’ugola senza eguali, che sconfina mondi, mette tutti d’accordo, allieta e incanta.

Oggi, 25 marzo 2020, in un periodo in cui di luce ce n’è poca e di appigli, forse, anche meno, troviamo la forza di aggrapparci ad una fedelissima compagna di viaggio e di vita qual è musica. E se allora stasera, prima di coricarmi, infilerò le cuffiette e lascerò scorrere in loop una serie di tue opere d’arte in maniera del tutto casuale, è perché avrò fiducia nel tuo conforto e perché avrò voglia di una ninna nanna pregiata.

Per una come te soffiare su 80 candeline non può essere che un gioco da ragazzi, ma mi auguro che con tutta l’aria nei polmoni saprai regalarci ancora tante note preziose fino a far vibrare la parte più bella delle nostre anime, all’unisono sarebbe poi perfetto.

Buon compleanno Mina

mina

E allora tanti auguri Anna Maria Mazzini, nata a Busto Arsizio il 25 marzo 1940, con profonda stima ed ammirazione, buon compleanno Mina.

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Seven songs: le sette canzoni di Mina che la Mary Seven ama di più (in ordine casuale)

  1. Il cielo in una stanza (scritta da Gino Paoli ed interpretata per la prima volta da Mina) – “Quando sei qui vicino a me, questo soffitto viola, no, non esiste più, Io vedo il cielo sopra noi, che restiamo qui, abbandonati, come se non ci fosse più, niente, più niente al mondo”
  2. Amor mio – “Amore adesso tu ridi e il fuoco si acceso..amor mio basto io, grandi braccia e grandi mani avrà per te, stretto al mio seno freddo non avrai, no tu non tremerai)
  3. Grande grande grande – “Io vedo tutte quante le mie amiche, sono tranquille più di me, non devono discutere ogni cosa come tu fai fare a me, ricevono regali e rose rosse per il loro compleanno, dicono sempre di sì, non hanno mai problemi e son convinte che la vita è tutta lì, ed invece no, la vita è quella che tu dai a me…”
  4. Acqua e Sale – “Semplici e un po’ banali, io direi quasi prevedibili e sempre uguali, sono fatti tutti così gli uomini e l’amore…Mi fai male, poi godere se mi vedi in un angolo ore ed ore…”
  5. Insieme – “Non ti chiedo sai quanto resterai, dura un giorno la mia vita, io saprò che l’ho vissuta, anche solo un giorno, ma l’avrò fermata insieme a te…”
  6. Volami nel cuore – “Non andare via, ma se proprio devi andare, sai come si dice “Va’ e sii felice”, non dovrei, ma ti ringrazio, per il bene che mi hai dato”
  7. Ancora ancora ancora – “Io ti chiedo ancora , il tuo corpo ancora, le tue braccia ancora, di abbracciarmi ancora, di amarmi ancora, di pigliarmi ancora, farmi morire ancora, perché ti amo ancora”

 

Yes, mettiti in posa e sorridi, è primavera finalmente!

primavera
L’abbiamo attesa a lungo dopo un inverno che in realtà non ci ha riservato temperature particolarmente rigide, ma un finale davvero inaspettato, con questo virus che si sta appropriando delle nostre vite in tutti i sensi, arrivando persino a distruggerle.

Mettiti in posa e sorridi

primavera

Ma quando stamattina ho aperto gli occhi e sbirciato sul telefonino, ho realizzato al volo che  la mia stagione preferita fosse iniziata, nonostante più che viverla da dentro, a pieno, ci ritroviamo così, appoggiati al davanzale di una finestra ad osservarla da fuori. O su un balcone a vederla passare.

Piccola notazione culturale: l’equinozio di primavera – cioè l’evento astronomico che segna l’inizio della primavera  –  è avvenuto venerdì 20 marzo alle 4.49 di mattina. Convenzionalmente diciamo che le stagioni cominciano il giorno 21 di marzo, giugno, settembre e dicembre, ma in realtà le date esatte di equinozi e solstizi dipendono dalla rivoluzione della Terra.

Durante i giorni in cui cade l’equinozio (d’autunno o di primavera) il dì (cioè l’insieme delle ore di luce) ha la stessa durata della notte (anche se poi non è esattamente così, a causa di alcune interazioni della luce con l’atmosfera terrestre).

La parola stessa è esplicativa di ciò che sta a significare: deriva dal latino “aequinoctium”, composto da “aequus”, cioè “uguale” e “nox”, “notte”. Dopo l’equinozio di primavera il dì continua ad allungarsi ogni giorno nell’emisfero boreale fino al solstizio d’estate: a quel punto le ore di luce cominciano a diminuire, tornando pari a quelle di buio nell’equinozio d’autunno, e ricominciando ad aumentare solo con il solstizio d’inverno. (fonte ilpost.it).

Ma oltre che primavera che giornata è oggi? È la giornata mondiale della poesia. E allora il connubio non vi pare perfetto per pubblicare qualche poesia sulla primavera?

È primavera! (finalmente)

Qui di seguito ne riporto alcune di quelle amo di più, anche se il must dei must per quanto riguarda questa stagione resta quel “Primavera” di Marina Rei, cantato a squarciagola davanti allo specchio del bagno. Era il 1997, ma succede ancora oggi.

MAGIA DELLA VITA
di Kahlil Gibran

In un campo ho veduto una ghianda:
sembrava così morta, inutile.
E in primavera ho visto quella ghianda
mettere radici e innalzarsi,
giovane quercia verso il sole.
Un miracolo, potresti dire:
eppure questo miracolo si produce
mille migliaia di volte
nel sonno di ogni autunno
e nella passione di ogni primavera.
Perchè non dovrebbe prodursi
nel cuore dell’uomo?

PRIMAVERA
di Cesare Pavese

Sarà un volto chiaro.
S’apriranno le strade
sui colli di pini
e di pietra….
I fiori spruzzati
di colore alle fontane
occhieggeranno come
donne divertite:Le scale
le terrazze le rondini
canteranno nel sole.

MI SVEGLIERO’
di Patrizio Farnelli

Mi sveglierò soltanto
quando saremo fuori dall’inverno.
Allora
– lame di luce
il sole
tra le persiane e il pavimento –
sarà più caldo
e sereno
radersi il mattino;
non più
caffè amaro e nero
e assoli in do minore
addosso
tutto il giorno.
Tu
sei nata quasi in primavera;
forse potrai capire.

SCINTILLE
di Rabindranath Tagore

Vieni, primavera, vieni
a svelare la bellezza del fiore
celata nel bocciolo
tenero e delicato.
Lascia cadere le note
che porteranno i frutti,
e passa con cura il tuo pennello
d’oro di foglia in foglia.

 

Per la rubrica “A volte ritornano” ecco che oggi si parla di “Spadellate alla Cannavacciulo scansati”.

spadellate

Se anche tu nella lista dei tuoi sogni hai sempre inserito nella top ten il “Sentirsi Cannavacciuolo per un giorno”, è arrivato il momento di spuntare dalla lista questo desiderio. Sì perchè mai come in questo periodo si spadella, s’impasta e s’inforna che è un piacere con due conseguenze principali:

  1. Qualunque cosa andremo a cucina riceveremo i complimenti di tutti i commensali (tanto non possiamo uscire, quindi i commensali siamo noi; al massimo si possono aggiungere familiari stretti che vi diranno comunque un “buonissimo” a prescindere per quieto vivere – tenere i vostri piatti lontani dalla portata di cani e gatti per la loro incolumità;
  2. Ci ritroveremo al 4 aprile con qualcosa come 12 kg in più a testa, ma in un mondo di obesi non farà differenza, saremo cicciuti/e e barbuti/e tutti allo stesso modo, chi non supera queste due prove significa che ha fatto il furbo (e va dritto in quarantena)

E così grazie al contributo di amici che cucinare lo sanno fare per davvero, grazie al contributo di parenti in preda a crisi di astinenza dai pranzi familiari, e grazie al contributo di Benedetta da “Fatto in casa da Benedetta” (che resta in assoluto la mia preferita e che se non mi mette almeno un like la blocco su Facebook), spazio ad una serie di ricette facilissime (ribadisco facilissime, anche per me, forse) perché giustamente dobbiamo partire dalle basi e perché, se partissimo da quelle difficili, col cazzo che pioverebbero applausi dai vostri commensali di fiducia.

RICETTA NUMERO 1
spadellate

Grazie agli amici Gianluca e FedericaNon siamo Chef 

BANANA BREAD SENZA SENSI DI COLPA (O QUASI)

Ingredienti:

  • 120 g di farina di grano saraceno;
  • 100 g di farina di ceci;
  • 100 g di farina di mandorle;
  • 2 banane (300 g);
  • 1/2 limone succo;
  • 40 g olio di semi di girasole;
  • 170 g di latte di cocco/riso/nandorla (o due vasetti di yogurt bianco);
  • 1 cucchiaino di cannella;
  • 1 bustina di lievito vanigliato per dolci.

Preparazione

1) Per prima cosa preparate tutti gli ingredienti pesati e dosati, fuori frigo. Potete già unire le farine setacciate, il lievito e la cannella.

2) in un mixer frullate il latte vegetale o lo yogurt con le banane e il succo di limone, poi aggiungete l’olio e frullate ancora.

3) unite al composto frullato le farine, il lievito e la cannella… E l’impasto è pronto. Aggiungete le gocce di cioccolato fondente e versatela in uno stampo per plumcake imburrato (o unto con l’olio) e infarinato.

4) guarnite con fettine di banana e infornate, a forno statico preriscaldato, a 170 gradi per 40 minuti.

Varianti: si possono sostituire le farine di grano, di ceci e di mandorla con bianca normale (2/3) e amido di frumento (1/3)

Spadellate e mangiate  😋

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RICETTA NUMERO 2
Grazie a Oriana e al suo mitico blog lilimadeleine.com che offre sempre spunti interessanti.
Fra le tante ricette proposte ho scelto questa.

TORTA FACILE DI ZUCCA

Ingredienti:

  • 250 g di polpa di zucca cruda
  • 280 g di farina 00 (ma io spesso mescolo anche farina integrale o di farro)
  • 120 g di mandorle tritate fini (va bene anche la farina di mandorle)
  • 100 g di olio di semi
  • 80 g di latte
  • 230 g di zucchero
  • 4 uova
  • 1 bustina di lievito
  • Buccia grattugiata di due arance
  • 4 cucchiai di rum o Cointreau
  • gocce di cioccolato o amaretti sbriciolati (facoltativi)

Procedimento: Tagliare la zucca a pezzettini e frullare la polpa insieme a olio e latte per almeno due minuti, fino a ottenere una crema vellutata e senza grumi.

Montate gli albumi a neve con 4 cucchiai di zucchero. A parte montare i tuorli con il resto dello zucchero e la buccia delle arance.

Unire tuorli e composto di zucca, aggiungere il rum, mescolare bene e unire anche gli albumi. Infine unire anche la farina già miscelata con il lievito e le mandorle e mescolare piano il tutto. Se volete, a questo punto potete unire le gocce di cioccolato o gli amaretti sbriciolati.

Cottura: 170° per 50 minuti

Spadellate e mangiate  😋

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RICETTA NUMERO 3 e RICETTA NUMERO 4
Grazie a Sara e alle sue Dolci Delizie di Sara

FACCINE DI PATATE

Ingredienti:

  • 500 g Patate
  • 2 cucchiai Farina
  • q.b. Sale
  • q.b. Olio di semi

Preparazione

Lessate le patate in abbondate acqua salata per circa 40 minuti, la cottura dipende dalla grandezza delle patate, voi fate la prova con una forchetta, devono diventare morbide e non sfatte.

A questo punto in una ciotola schiacciate le patate, dopodiché salate e unite la farina, formate un composto sodo e omogeneo.

Stendete il composto tra due fogli di carta forno e con il matterello spianate l’impasto a spessore di circa 1 cm. quindi con un coppa pasta o un piccolo bicchiere ricavate dei cerchi.
Disponete i dischi ottenuti in una teglia foderata con la carta forno e ricavate gli occhietti utilizzando una cannuccia, per il sorriso utilizzate la punta di un cucchiaio.

Ora friggete le vostre faccine di patate per qualche minuto da entrambe le parti, scolatele con l’aiuto di una schiumarola quindi asciugatele dall’olio in eccesso su carta assorbente. Obbligatorio servirle calde con ketchup o altre salse a vostra scelta. Se preferite la versione in forno, adagiate le faccine su una leccarda ricoperta da carta forno e spennellatele con olio d’oliva quindi fatele cuocere a 180°C per circa 10 minuti.

Spadellate e mangiate  😋

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BISCOTTI

spadellate

Ingredienti:

  • 500 g di farina
  • 110 g di burro
  • 100 g di zucchero
  • 3 uova
  •  bustina di lievito
  • 1 pizzico di sale
  • qualche cucchiaio di latte (se necessario)

Preparazione

Mettete tutti gli ingredienti  in una grande ciotola insieme al burro ammorbidito o fuso e fatto raffreddare
Lavorate l’impasto amalgamando tutti gli ingredienti in modo che risulti omogeneo. Stendete la pasta con uno spessore di circa 3-4 millimetri, e aiutandovi con le  formine o il bordo di con un bicchiere date forma ai biscotti.
Potete dividere l’impasto e lasciare al piccolo chef iniziativa e creatività aggiungendo a piacere pezzetti cioccolato, o granella di nocciola o ciliegine candite. Infornate a 180° per 10-15 minuti, fino a quando i biscotti si saranno dorati.

Spadellate e mangiate  😋

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RICETTA NUMERO 5 
Grazie alla mia amica Carletta e alla sua La Bakery

PASTA FROLLA (utile per ogni occasione)

Ingredienti

Le dosi indicate sopra sono necessarie per una crostata di cm 24 rivestita (striscioline). Possono variare in base a ciò che volete preparare.

  • 250 gr farina
  • 125 gr burro freddo a cubetti
  • 3 tuorli
  • 100 gr zucchero
  • un pizzico di sale

Aromi a scelta: scorza grattugiata di mezzo limone o mezza arancia , zenzero, cannella, semi di mezzo baccello di vaniglia.

Preparazione

FORMAZIONE DEL PANETTO

Setaccia la farina con un pizzico di sale e disponi il composto a fontana. Metti al centro il burro e inizia ad impastare con la punta delle dita, raffreddandole ogni tanto sotto l’acqua fredda, fino a ottenere un composto simile al pangrattato.

In alternativa puoi mettere farina (+ sale) e burro nel mixer e frullare per qualche secondo finché non vedrai più i pezzi grossi di burro.

Disponi di nuovo il composto a fontana e aggiungi al centro i tuorli, lo zucchero (se nel primo passaggio utilizzi il mixer, aggiungi lo zucchero prima, insieme alla farina) e l’aroma che hai scelto.

Inizia a lavorare fino a che non otterrai un impasto amalgamato.  Per amalgamare bene il composto, ti consiglio di lavorarlo su un piano di lavoro schiacciando la pasta con il palmo della mano in modo da eliminare tutti i grumi di burro.

Quando la pasta è ben amalgamata forma un panetto rettangolare, avvolgilo nella pellicola trasparente e lascialo riposare in frigorifero. La forma rettangolare ti aiuterà a stenderla meglio quando dovrai usarla.

Il composto può stare in frigorifero anche 1 o 2 giorni prima di essere utilizzato, oppure congelalo ma massimo per qualche settimana. L’importante è utilizzarlo freddo.

STESURA DELLA PASTA

Lascia ammorbidire leggermente la pasta che hai prelevato dal frigorifero. Inizia a stenderla facendo pressione con il mattarello.

Quando avrai raggiunto uno spessore di circa 2/3 mm, puoi tagliarla e cuocerla.

COTTURA: 180° forno statico.

Per le crostate cotte in bianco (cioè senza farcitura) prima di infornare bucherella la pasta con una forchetta e disponi all’interno della pasta un foglio di carta forno con sopra fagioli o lenticchie o ceci; in questo modo la pasta non gonfierà.

Spadellate e mangiate  😋

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RICETTA NUMERO 6 
Grazie a mia zia Anna che per me è sempre la cuoca numero uno 😋

BISCOTTI ALLE FRAGOLE

Ingredienti per 25 pezzi: 

  • 400 g farina 00
  • 250 g latte
  • 1 uovo
  • 100 g zucchero
  • 70 g olio di semi
  • 1 scorza di limone
  • 1 bustina di lievito in polvere per dolci
  • 200 g di fragole

Preparazione
Mettete tutti gli ingredienti in un mix e lavorate all’impasto per qualche minuto

Nel frattempo lavate le fragole, asciugatele e tagliatele a pezzetti con l’aiuto di un coltello

Alla fine trasferite l’impasto in una ciotola, aggiungete le fragole e incorporatele bene con la spatola

Fate riscaldare il forno modalità ventilato a 180°

Con un cucchiaio da minestra (o il dosatore del gelato) fate delle porzioni e ponete delle palline sulla teglia rivestita di carta da forno

Spadellate e mangiate  😋

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RICETTA NUMERO 7 e RICETTA NUMERO 8 
Grazie a Gaia che già che cuoca è una mangiona (ma pare che la pizza e i biscotti al cioccolato li sappia fare)

PIZZA

Ingredienti:

  • 300 g farina 00
  • 200 g farina manitoba
  • 300 ml acqua
  • olio qb
  • sale qb
  • lievito di birra qb

Preparazione

Mischiare le 2 farine, aggiungere poi l lievito sciolto in un po’ d’acqua, aggiungere acqua (poco alla volta) e sale.
Impastare per bene e poi lasciare riposare.

Reimpastare ancora un paio di volta, poi lasciare riposare nella ciotola coperta per due ore ca.

Suddividere l’impasto in pagnottelle (sì ha usato questo termine) e lasciarle riposare per altri 30 minuti ca.

Stendere l’impasto e poi farcirlo a piacere.

Spadellate e mangiate  😋

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BISCOTTONI RICOPERTI 

Ingredienti:

  • 390 farina g debole 00
  • 230 g burro
  • 130 g zucchero velo
  • 80 g uova intere
  • 200 g cioccolato fondente da sciogliere

Preparazione

Fare sciogliere il burro lavorarlo poi con le farina, le uova e lo zucchero a velo. Lavorare fino ad ottenere un impasto morbido. Munirsi di sac per dare ai biscotti la forma preferita (chi non avesse la sac può aiutarsi con un cucchiaio).

Posizionarli su una teglia ricoperte di carta da forno ed infornare a 180° per 25 minuti ca.

Nel frattempo fare sciogliere il cioccolato e, una volta sfornati i biscotti, ricoprirli a piacere.

Spadellate e mangiate  😋

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RICETTA NUMERO 9 
spadellate

Grazie alla Terry che tramite la Deb mi ha svelato una delle sue ricette segrete

PALLINE DI CARNEVALE (anche se Carnevale è passato ma tanto non lo abbiamo festeggiato)

Ingredienti:

  • 130 g biscotti secchi sbriciolati
  • 100 g mascarpone
  • 50 g burro
  • 100 g zucchero a velo
  • 1 tuorlo d’uovo
  • 60 g cacao
  • 1 bicchiere di vino liquoroso
  • confettini colorati (o zuccherini chiamateli come vi pare)

Preparazione

Sbattere in una terrina il mascarpone, il burro, lo zucchero a velo ed un tuorlo d’uovo.

Aggiungere all’impasto ottenuto il cacao ed i biscotti sbriciolati, aggiungere poi anche il vino. Amalgamare bene fino ad ottenere un impasto bello solido, poi suddividere in palline ed “infarinarle” nei confettini colorati.

Mettere in frigorifero per almeno due ore, poi servire

Spadellate e mangiate  😋

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RICETTA NUMERO 10
Dulcis in fundo attingo dalla regina, The Queen of Fornelli Benedetta da Fatto in casa da Benedetta

ROTOLO AL LIMONE

Ingredienti 

  • PASTA BISCOTTO:
  • 5 uova
  • 70 g di zucchero
  • 50 g di amido di mais
  • 70 g di olio di girasole
  • 1/2 limone grattugiato
  • CREMA AL LIMONE
  • 150 ml di succo di limone
  • 150 ml di succo di arancia
  • 100 g di zucchero
  • 20 g di amido di mais
  • 1 fialetta di aroma limone
  • 500 ml di panna già zuccherata
  • Fettine di limone e zucchero per decorare

Preparazione


Come preparare la pasta biscotto

Separiamo albumi e tuorli di 5 uova e mettiamo gli albumi in una ciotola capiente. Aggiungiamo un pizzico di sale e li montiamo a neve ferma, quindi aggiungiamo 70 g di zucchero e frulliamo per bene.

Poi incorporiamo i tuorli con una frusta, uno alla volta per mantenere soffice la panna. Aggiungiamo amido di mais setacciato, poi uniamo l’olio di semi di girasole e la buccia di mezzo limone grattugiata.

Prepariamo la teglia con carta da forno, la mia è di 35x35cm, e ci versiamo l’impasto, livelliamo bene con una spatola.
Inforniamo a 180 gradi per 15-20 minuti (io uso il forno statico).

Nel frattempo prepariamo la crema per il rotolo al limone

In un pentolino versiamo lo zucchero e l’amido di mais, mescoliamo con una frusta e aggiungiamo il succo di limone, il succo d’arancia e portiamo sul fuoco continuando a mescolare fino a quando bolle. Spegniamo il fuoco.

Sforniamo la pasta biscotto e la spostiamo dalla teglia ad una griglia, lasciamo raffreddare crema e biscotto per 15 minuti. Prepariamo la carta biscotto sostituendo la carta da forno con un foglio nuovo.

Prepariamo la farcia per il rotolo al limone

In una ciotola versiamo la panna fresca zuccherata, aggiungiamo una fialetta di aroma al limone e montiamo a neve ferma. Aggiungiamo la crema e frulliamo ancora per incorporarla.
Versiamo metà della farcia sulla pasta biscotto e con una spatola livelliamo la superficie.
Ora arrotoliamo lentamente per formare il rotolo al limone.

E’ il momento di decorare!

Ricopriamo tutto il rotolo con altra panna aiutandoci con una spatola. Infine  con la sac a poche decoriamo tutta la superficie formando dei piccoli fiorellini. Tagliamo le fettine di limone e finiamo di decorare, mettiamo in frigo due ore prima di servire.

 

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Non mi resta che augurarvi buon appetito, se volete condividere contattatemi in pvt che vi lascio l’indirizzo per la spedizione.

Per il resto armatevi di grembiule e…spadellate!

LEGGI ANCHE -> A VOLTE RITORNANO 1: La spesa del sabato con la mamma

LEGGI ANCHE -> A VOLTE RITORNANO 2: Le serate in famiglia davanti alla tv

 

“A volte ritornano” continua con “Le serate in famiglia davanti alla tv” perché anche questi sono momenti che mancavano e che possono regalare più aneddoti di quanto si possa immaginare.

serate in famiglia

Da ormai una settimana le mie serate non si dividono più tra allenamenti dei bambini, allenamenti miei personali, eventi sportivi ed eventi un po’ meno sportivi ma molto più allegorici (o alcolici?🤔). Le serate si concludono dopo una cena ad orario normale, cosa molto rara negli ultimi dieci anni della mia vita, e non a base di spritz (anche questa cosa molto rara negli ultimi dieci anni della mia vita).

Le serate in famiglia davanti alla tv

serate in famiglia

Quindi, nell’ordine: doccia, pigiama, cena, divano e copertina, come nelle migliori case di riposo. Un inno alla vecchiaia precoce insomma. Ma a questa lista doccia, pigiama, cena, divano e copertina, non manca qualcosa? Esatto, proprio “lui”, il telecomando.

Perché le ultime serate davanti alla tv with family, erano quelle di Champions o dei turni infrasettimanali di serie A, e quindi zero liti e poco zapping. Ma adesso che tutto è tornato ai tempi in cui portavo ancora i codini, mi pare di rivivere le stesse scene.

Ai tempi eravamo tutti e 5 in casa e dopo la cena via con le serate in famiglia. La prima lite era per il posto sul divano. Dopo urla (mie), piagnistei (miei), qualche mazzata (sempre mia), alla fine i posti erano sempre gli stessi (cosa litigassimo a fare non lo capisco nemmeno oggi a distanza di decenni) con la sottoscritta in mezzo ai suoi fratelli, papà sulla poltrona e mamma in cucina ed in continuo transito davanti allo schermo.

La fatidica domanda successiva era: “Cosa guardiamo stasera?” ma la prelazione spettava sempre al furbo che era riuscito ad appropriarsi del telecomando e che con una certa nonchalance impostava la tv sul canale prediletto. Da lì le due soluzioni: o la scelta andava bene a tutti (1% di possibilità) o la scelta non andava bene a nessuno (99%). Occhio agli schieramenti, perché già 2 dallo stesso lato equivaleva almeno all’essersi giocati la prima parte di serata.

Un giorno la brillante idea: siamo in 5, ad ognuno spetta un giorno. E così partirono gli abbinamenti (che ovviamente non ci videro mai d’accordo all’unanimità) ma che democraticamente furono assegnati tramite sorteggio. Non ve li racconto nemmeno i complotti e le minacce tipo “E io dico alla mamma che la pianta l’hai rotta tu”. Roba seria insomma.

A volte ritornano (sotterfugi ne abbiamo?)

serate in famiglia

Comunque quand’era il tuo giorno, non c’erano cazzi che tenessero, era il tuo giorno. Se il tuo programma preferito capitava “nel giorno dell’altro” si procedeva con la corruzione. Senza fronzoli eh. La sfiga più totale era quando cambiavano la programmazione all’ultimo e anche li escogitavamo piani diversi tipo “Mamma mi cedi il tuo giorno se ti rifaccio il letto?” (mai successo ovviamente). Io puntavo a fare gli occhi dolci a papà ma non sempre serviva.

A metterci d’accordo erano solo tre cose: il calcio, Rocky e Giochi Senza Frontiere. Ecco Rocky metteva sempre d’accordo tutti per la gioia di mia madre che invece vestiva tutti i giorni i panni di Ivan Drago alla ricerca di po’ di quiete tra le mura domestiche, Giochi Senza Frontiere idem perché era lo spunto ideale per i disastri del giorno dopo. Ho dimenticato il wrestling che finiva sempre per teletrasportarsi, magicamente, sul divano-ring del nostro salotto.

Oltre la scelta, l’altro momento clou della serata era “Aspettare che papà si addormentasse per sfilargli il telecomando“. Il contorsionismo si impossessava di noi: con un paio di flik e tre rondate alla Vanessa Ferrari, rigorosamente avvolte in un religioso silenzio in Dolby Surround, dopo esserci giocati il “A chi tocca stasera” con la morra cinese, lo scettro del potere era praticamente nelle nostre mani, e bastava questo per ridere il là a tutta la pantomima iniziale.

Ma se tutto ciò succedeva negli anni ’90, nella mia ingenuità credevo che le cose fossero cambiate e che con l’autoeliminazione di 2 elementi le serate in famiglia cambiassero, ed io stessa avessi un po’ più voce in capitolo. Utopia allo stato puro. Mentre io mi approprio di 2/3 di divano (unica nota positiva), mio padre pare un monarca mentre mia madre lancia l’ultimo disco dell’anno con i brani,  “Il solito film noioso”, “Due minuti e si addormenta”, Mai una volta quello che voglio io”, “Domani sera lo frego”.

A volte ritornano (le tattiche di un tempo)

serate in famiglia La tattica del telecomando è sempre la stessa, peccato che l’arduo compito del furto spetti alle quote rosa. Non abbiamo nemmeno più il cane per distrarlo (da 5 anni fra l’altro), ed i nipotini non sono possono venire a trovarci 😭. Rispetto ai tempi che furono si aggiunge qualche decibel in meno udibile dalle sue orecchie (che sviolinata) quindi se una volta faceva finta di non sentire, adesso non sente proprio e i suoi film western o di fantascienza o dal genere inqualificabile restano in primo piano. Mia madre è passata da “Il Gioco delle Coppie” al monopolio De Filippi, io punto ancora tutto su Beverly Hills 90210 e Piccolo Grande Amore sognando che quel Raul Bova lì esca dalla mia doccia (me ne ricorderò appena andrò a vivere da single).

E così niente, condannata agli spari John Wayne o alle lacrime di C’è Posta per te, aspetto il momento del sonno profondo per cambiare canale, quando tutto ciò che riesco a trovare sono i gol di Totò Schillaci e le repliche di Centovetrine.

“Adda passà ‘a nuttata”

Leggi anche -> A volte ritornano: la spesa del sabato con la mamma

 

 

A volte ritornano: la spesa del sabato con la mamma. Sì, in questo periodo in cui il Coronavirus sta inevitabilmente condizionando le nostre vite, ho deciso di inaugurare una nuova rubrica.

a volte ritornano“A volte ritornano” sarà il titolo da cui prenderà avvia il seguito, come in questo caso la spesa del sabato pomeriggio con la mamma.

Da dove nasce questo nome? Un po’ come i brufoli dopo due fette di salame, un po’ come gli ex dopo che ci hai messo una pietra sopra, un po’ come gli album di Gigi D’Alessio, “A volte ritornano” sta a significare che ci sono cose che non vorremmo ma anche ritornano lo stesso e forse, vederle da un’altra prospettiva aiuta a viverle meglio.

Per esempio i brufoli potrebbero portarti a scoprire un nuovo fondotinta e magari ad apprezzarti di più, gli ex potrebbero illuminarti sulla tua vita che pensavi triste e vuota e aiutare a capire che quella del tuo ex, che magari ti aveva tradito con la superfiga di turno, è pure peggio (e a quel punto stappa una bottiglia, le congetture hanno funzionato) ma anche a ribadire a te stessa quanto tu sia stata fortunata nel perderlo, gli album di Gigi D’Alessio…no ok, con Gigi D’Alessio non ce la faccio.

A volte ritornano (parte 1)

a volte ritornano Ma veniamo a noi e parliamo della spesa del sabato pomeriggio con la mamma. Era forse dal 1997 che non andavo con la mia mamy a fare la spesa al sabato pomeriggio. Il tutto è partito da un post pranzo e dall’accurata scelta del supermercato. Vagliati 4/5 brand con annessa dislocazione geografica perché “Un conto è quello di Gallarate e un conto è quello di Cassano Magnago” (per chi non conoscesse queste due metropoli distano circa 6 km non uno di più), siamo arrivati ad una scelta unanime, unanime nel senso che lei ha deciso ed io ho seguito, ma comunque unanime.

Alla scelta è seguito il recupero dell’attrezzatura idonea con borse tipiche per ogni esigenza. Da quella frigo alla super resistente, con manici maneggevoli e libretto d’istruzioni per l’uso (complicato l’aggancio al carrello con apertura costante e rapida manovra di riempimento).

La spesa del sabato con la mamma

Saliamo in macchina e mi fiondo a far benzina perché confesso che la paura che quei 6 km potessero diventare 60 in un attimo l’avevo profondamente radicata in me. Giunte sul luogo del delitto (dove il delitto più che compiuto al portafogli è compiuto alle malcapitate addette alla vendita) mi accingo a cercare un parcheggio comodo non troppo distante dal recupero carrelli, che ovviamente spetta a me recuperare. Con aria ingenua e rassicurata attraverso l’ingresso principale insieme alla mamy e dopo un metro e diciassette centimetri ecco il primo pit stop in zona frutta e verdura.

Ah, piccola premessa: “Ricordati che dobbiamo comprare le frese (o friselle che dir si voglia)“. Non dimenticate questa  frase.

Il primo pitstop va via indolore, non mi muovo dalla bilancia e mi ritrovo a pesare pomodori e melanzane altrui come se non ci fosse un domani, digito numeri in scioltezza, mi offro più o meno volontariamente nell’aiuto ai vecchietti, che ringraziano. Il percorso da una corsia all’altra scivola via che è una bellezza, dall’arrosto alle alette di pollo, dal reparto colazione al banco frigo formaggi e salumi. Scopro cose nuove tipo marche mai sentite e d’un tratto diventate le preferite di mia madre. Non manca il pensiero ai nipoti con quattro tipi di pastina differente e una buona dose di “pasta dei piccoli” che, mi distraggo un attimo, e voilà metà borsone viaggio è pieno.

A volte ritornano (parte 2)

a volte ritornano
Cerco di scovare facce consolatorie nel supermercato ma niente, richiamata all’ordine per recupero tinta dai piani alti, sfrutto a pieno i miei centosessantacentimetri con la tecnica Spiderman, fingo di ascoltare le direttive dal boss (destra destra sinistra) e voilà, tinta recuperata, applausi dal folto pubblico rimasto incantato nella speranza che cadessi perché un video su YouTube non lo si nega a nessuno, la speranza che nei pareggi non ci fosse nessuno che mi conoscesse viene spazzata via da un “Ciao giornalista“, guardo mia madre incenerendola ma non si cura del mio sforzo il suo unico pensiero è: “Lo sapevo che qui costava meno“. 

Il viaggio alla ricerca del non so che prosegue, la dura lotta tra “Nasello o merluzzo” la vince quest’ultimo, vi risparmio i commenti su confezione da 4 rotoli di carta igienica con i cuori alla modica cifra di 3.79 € e mentre nemmeno il carrello ne vuole sapere più, penso che la luca della cassa sia vicina. Troppo ottimismo. C’è ancora un pezzo di percorso ma compiere ma non mi faccio domande. Proseguo. Incontro una coppia di amici e gli dedico 7.9 secondi netti (potrei quasi essere pronta per fare il meccanico alla Ferrari) perché “Il dovere chiama”, prendo il coraggio a due mani e tutto d’un fiato dico: “Possiamo andare?” ed è lì che rischio il linciaggio con il sedano. “Le friselle” afferma mia madre. Panico. Non le ha viste, non le ha trovate. Possibile? “Ma che scema, non ho manco preso il pane, poi te lo senti tu tuo padre!” (Pure, penso). Azzardo: “Saranno lì le friselle“. Non mi caga nessuno.

La corsa al pane prima che finisse (ci tengo a ribadire che il supermercato fosse piuttosto vuoto, che di sti tempi non si sa mai) è da Bolt record mondiale di Berlino, dopo un’attenta valutazione, la scelta ricade sui filoncini, fin quando là, nel più remoto angolo dello scaffale, l’illuminazione. Le friselle. Non ci provo nemmeno a dire “Te lo avevo detto”, mi limito ad annuire e a preparare l’attrezzatura d’arrampicata, perché “Ce n’è solo una marca e quelle davanti sono tutte rotte”. Strano. Un paio di pacchi mi sembrano sufficienti, il carrello è pronto alla denuncia, il viaggio alla cassa è ormai prossimo.

Verso il traguardo

a volte ritornanoGiunte in zona traguardo la domanda è: “Andiamo alla cassa automatica?“. C’è il trabocchetto, lo so. Non so le vostre madri ma la mia ha un vizio imperdibile. Nel bel mezzo del bip, bip, bip, ti smolla lì, con un coda chilometrica che ti guarda con gli occhi di Ivan Drago, e va a caccia di ciò che le è sfuggito. Ingrediente vitale, s’intende. Per non incappare nella solita figura di disagio, replico un “Sicura che hai preso tutto?“. È un attimo. Sparisce. Mentre mi cimento in una storia Instagram dimostrando ai miei followers (ben 2) che ce la sto facendo, la perdo. Alzo lo sguardo e puff, sparita. Non so se chiamare prima Chi l’ha visto o fare l’annuncio al microfono del supermercato. In realtà penso anche che la macchina sia la mia e che le chiavi le abbia io ma giuro, l’ho pensato solo per una frazione di secondo.

All’orizzonte ricompare. Con un pacchetto in mano, ovviamente. Ho quasi paura a sapere di cosa si tratti ma più si avvicina, più l’immagine si fa nitida. Non faccio in tempo a dire nulla la frase è la seguente: “Queste sono più buone, e pensare che erano qui e non le avevo  viste“. Se ve lo state chiedendo sì, sto parlando di un altro tipo di friselle. L’unico spazio rimasto è nella borsa frigo, preferisco portarle in mano. La scelta della cassa la lascio direttamente al capo, non sia mai che il casello s’intoppi che la Salerno – Reggio Calabria è dietro l’angolo. In coda fingo di non sentire i vari “Era meglio quella anzi quell’altra“, raccolgo le ultime energie e dispongo la spesa sul nastro, sguardo di solidarietà dalla cassiera, il bip pare una hit anni ’90. Un’occhiata anche a chi è dietro di noi, 4 pizze surgelate e un mega barattolo di Nutella, non so se la passa meglio onestamente. Tutto imbustato, conti pagati. Puntuale come la tassa dei giornalisti al 1 gennaio arriva il “Dovevo comprare quattro cose” a cui si aggiunge “Mi hai fatto spendere troppo (io eh…), non vieni più con me” (fosse vero).

Il controllo dello scontrino in auto, sosta a ritirare la torta per la Festa della Donna, e ritorno a casa. Con tanto di scarico bustoni e spesa riposta. Na faticaccia! Per il “Mi sono dimenticata…” si attendono sviluppi.

Orario d’inizio avventura: 14.51 
Orario di fine avventura: 17.49 

A volte ritornano, ed è bene che sia così. Che bello apprezzare la normalità, che bello trascorrere del tempo con la mamy e litigare per le patatine che ho messo nel carrello di nascosto (ma non troppo) 💙

Ps. Indovinate cosa ho mangiato ieri sera? Sì esatto le friselle, con tanto di “Non sono buone, questa marca non la prendiamo più”. Ci risiamo.

 

Quando il “Fino alla fine” è uno stile di vita, allora tutto è possibile, ma quando decidi di andare oltre allora sai di aver già fatto un passo verso l’apoteosi del paradiso.

fino alla fine e oltre
Girovagavo sui social come spesso faccio prima di addormentarmi e mi è caduto l’occhio su questo video che in realtà sono molto di più di una serie di immagine una in sequenza all’altra.

Rimonta incredibile”, “Miracolo sportivo”, “Pazzesco”, “Da non crederci”…sono solo alcuni dei commenti apparsi sotto il video, un video che conta qualcosa come tredicimila visualizzazioni. Troppo poche per l’intensità ed il coraggio che svolazzano in un palazzetto di Cuneo attaccati con le unghie ad una rete che pare una scialuppa di salvataggio.

Più di uno spot al volley in sé o allo sport in genere, questi 8 minuti di video sono uno spot alla vita, ecco perché reputo il “Fino alla fine” un mantra indicibile ed ineguagliabile che non può essere solo un credo o una fonte di ispirazione. Il “Fino alla fine” è uno stile di vita, una filosofia, è una spinta a due mani verso un portone che spalancato vale come finestra sul mondo e come pozione magica sui tuoi sogni.

Il “Fino alla fine” è un gioco di parole che in realtà si prende anche un po’ gioco di te, è un conto di zero euro che prevede il resto, è una fine che in realtà ha solo le sembianze di un inizio. E di un oltre. E di un pezzo di paradiso.

Oltre. Sempre oltre. Tu vai oltre. È un posto speciale. Quando non ce la fai, vai.