I love volley and i love UYBA.
Mercoledì 29 agosto presso il Palayamamay di Busto Arsizio si è alzato il sipario sulla stagione 2018- 19 che vedrà ancora una volta l’Unet Yamamay Busto Arsizio impegnata nel massimo campionato di volley femminile.
Guidate da coach Mencarelli, per il 4° anno consecutivo, Alessia Gennari e compagne proveranno a stupire e a divertire un pubblico che a Busto non aspetta altro, e che ogni anno sa gustarsi, applaudire, ed essere la cornice perfetta di uno spettacolo unico.

In attesa di completare il rooster con gli arrivi della due belga Herbots e Grobelna, le farfalle biancorosse si sono mostrate più cariche che mai.
Non ci credete? Date una sbirciatina alle loro interviste QUI
E pensate forse sia mancata la voce dei tifosi? Ma non ditelo nemmeno per scherzo QUI

Per vedere più da vicini i loro sorrisi, invece, basta cliccare QUI

A mente lucida e cuore in mano dirò la mia, perché ci sarebbero tante cose da dire, molte più lodi da regalare a colui che è sempre stato e che sempre sarà uno dei simboli più belli, più eleganti, più significativi della Juventus e di “quella” Juventus. Quella che è caduta e si è rialzata, quella che è rinata, quella che è tornata a splendere nel marasma, nella confusione, nell’oscurità.

Quando si ha a che fare con una favola non si fa altro che credere e sperare nel lieto fine, e questo certamente non lo è, non è quello che tutti noi avevamo immaginato, sognato, per chi, proprio come un principino, ha saputo prendere per mano la sua bella ed accompagnarla nel fiabesco mondo bianconero. Ma tutto quello che c’è stato prima non è abbastanza per raccontare e descrivere ed incorniciare un amore così profondo, indissolubile, incredibile ed infinito?

Ci sarà tempo e modo di ragionarci su, di mettere nero su bianco tutto ciò che è stato e che sempre sarà, ma adesso bisogna mettere da parte i ricordi e lasciare spazio solo a quel grazie che sa di sigillo su una delle più belle storie d’amore fra un principe ed una principessa che sapranno tenersi la mano…fino alla fine? No, molto oltre.

Grazie di cuore CM8

Cara Berlino,
sono arrivata qui in punta di piedi, incredula, timorosa, quasi convinta di essere troppo piccola da perdermi nella tua vastità, con mille punti di domanda nella testa, con la voglia di trovare le risposte per dissolverli tutti, sono arrivata qui tre giorni fa, pronta, senza sapere esattamente fino a che punto, a tuffarmi in un nuova avventura.

Sono trascorsi appena tre giorni da quando ti ho abbracciata, così intensi che pare un tempo molto più lungo; se mi guardo indietro mi rendo conto che in realtà è stato tutto infinitamente semplice, scegliersi per quest’occasione la più naturale delle decisioni, capirsi, apprezzarsi, il risultato di un’addizione confermata senza matita rossa pronta a cerchiarla.

Mi sono guardata intorno curiosa ed emozionata non appena ho varcato la soglia di un luogo sacro che credevo troppo lontano per essere mio e che invece mi ha strizzato l’occhiolino fin da subito diventando d’un tratto il teatro di dejavu sfiorati e trascinandomi poi nel vortice di emozioni che senza indugi hanno preso la sola direzione a loro concessa, quella del mio cuore.

Mentre i miei occhi hanno iniziato a cibarsi di dettagli, a raccogliere le virgole ed i punti, mentre le mie mani si sono lasciate andare su quei tasti mescolando spensieratezza e orgoglio, mentre la mia passione si divertiva a raggiungere l’apice e ad oltrepassarlo continuamente, ecco che alla velocità della luce tutto mi è passato accanto e addosso lasciando tracce indelebili su ogni fibra del mio essere: le speranze, le illusioni, il rumore di un’asticella che cade sul più bello, l’incredibile boato di quasi 50 mila persone, il mio e solo mio posto, il media center e tutti i giornalisti del mondo al mio fianco, le corse in mixed zone, quel microfono stretto così forte perché “si può persino tremare” dinanzi ad una medaglia e agli occhi di una donna che sta “marciando” anche verso l’altare, le lacrime trattenute e quelle scivolate via, il più lontano possibile si spera, le parole che mancano, le smorfie che dicono tutto, i sorrisi che si amplificano e contagiano, la determinazione di chi “vuole battere tutti quelli che l’hanno battuto”, le confessioni di un rammaricato uomo che ha da poco rivisto la luce, il tricolore che sventola in alto, quell’inno cantato a squarciagola, la gioìa e l’incredulità di Davide che batte Golia, l’abbraccio con la mamma, gli scatti rubati, il profumo dei bretzel, la caccia ai ristoranti notturni, un compagno di viaggio ideale che sa capire e rimboccarsi le maniche e crederci più o meno quanto te, la testa bassa, le spalle al muro e la faccia spiaccicata al suolo, la volontà di rialzarsi, quel crono che non basta, quel fotofinish che sa di verità.

Cara Berlino mi hai messo al collo un sogno ed hai ricambiato il mio abbraccio questa mattina quando ti ho goduta persino all’alba, cara Berlino, hai saputo togliere i punti di domanda in fondo alle mie frasi e regalarmi uno squarcio incredibile di vita, saprò mai ringraziarti abbastanza?

E allora che cos’è la felicità se non sentirsi al posto giusto al momento giusto con il cuore in mano che non ha paura di esporsi al mondo intero, senza riparo alcuno, convinto che intorno, silenzio o rumore, la melodia sia quella dello spartito scritto a due mani, scivolate lì nel giorno di maggior contatto fra noi stessi e la luce?

Davanti ai vostri occhi un milione di strade portano alla felicità, e non importa che si tratti del compagno giusto, del gol al 90esimo, del lavoro voluto da una vita, della fetta di tiramisù mangiata senza sensi di colpa, del viaggio inaspettato o della birra con un amico, cercate la vostra e non abbiate paura di percorrerla.
Sarà il miglior viaggio che possiate intraprendere, vivere, respirare.

Date ai vostri occhi questo privilegio, al vostro coraggio quest’opportunità, al vostro respiro l’affanno che non sarà fatica ma ricchezza.

Non potrete mai essere troppo stanchi per non avere voglia, domani, di fare un altro passo su questo cammino.

Io, beh io sono un caso a parte, perché oltre che felice, qui riesco persino a vedermi bella.

Questa strada, la mia strada, mi ha salvata.

Danke Berlino.

Si sono spenti i riflettori sull’Olympiastadion, è calato il sipario sul teatro di mille battaglie che in questi sei giorni è stato l’ombelico dell’Europa regalando una Berlino 2018 davvero esaltante, emozionante fino alla fine.
Nella serata conclusiva spicca la favola di Armand Duplantis che nel salto con l’asta fa stropicciare gli occhi agli oltre 40 mila tifosi accorsi per godersi per l’ultima volta lo spettacolo. Il neanche 19enne è da record assoluto, è una forza della natura è colui che riesce a frantumare il proprio personale (5.93) arrivando a compiere un volo pindarico che vale 6.05, il record mondiale under 20 ed una meravigliosa medaglia d’oro; piccolo dettaglio, fa tutto al primo salto. Nemmeno nei più bei sogni deve aver immaginato qualcosa di simile. Dietro di lui il russo Morgunov e l’eterno Renaud Lavillenie.
Ma è anche la serata in cui gli azzurri deludono, purtroppo ancora una volta. Se Mattuzzi nei 3000 siepi è 15°, se le ragazze della 4×100 fanno il loro giungendo 7°, se Claudio Stecchi nell’asta non può nulla contro quei mostri sacri, sono gli staffettisti a concedere la delusione più grande. Tortu e compagni nella semifinale in cui giungono terzi e quindi pass per la finalissima accordato, ma commettono un’irregolarità al secondo cambio quello che avviene tra Desalu e Manetti. Zero scuse ahinoi, si va a casa ancor prima di giocarsela e a testa bassa.
Fa male, inutile nasconderlo, fa male perché questa staffetta veloce lasciava ben sperare, fa male perché c’era tanta voglia di rivalsa da parte di Filippo Tortu, fa male perché ci eravamo aggrappati a questi 4 ragazzi per gioire ancora una volta prima di chiudere le valigie e fare ritorno a in Italia.
Da domani sarà tempo di analisi, sarà tempo di capire se il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto, tirare una riga e ricominciare, stasera invece con il groppo in gola ed un magone quasi inspiegabile, non resta che guardare ancora qualche  secondo l’Olympiastadion prima di voltargli le spalle per puntare immediatamente lo sguardo verso altri lidi ed altri orizzonti.

Il mio resoconto ed interviste per sportal.it

Spesso dicono che il buongiorno si veda dal mattino e se il buongiorno, o forse il buon appetito vista l’ora delle premiazioni, coincide con quel meraviglioso inno nostro e solo nostro, allora mettetevi comodi perché ci aspetta una rush finale da urlo.
C’è il sole oggi a Berlino e continuerà ad esserci perché tre medaglie, tutte e tre di colore diverso, conquistate nella maratona, valgono tanto, tantissimo. L’acuto di bronzo di Rachik nella prova individuale, la conferma di due squadre attrezzate e solide che si piazzano rispettivamente sul secondo (donne) e sul primo (uomini) gradino del podio riportano l’Italia a sorridere dopo l’amara serata di ieri in cui tutto è rimasto ad un soffio.
Un intrigo di sensazioni attende gli atleti in mixed zone, dove è un attimo strappargli dal petto le emozioni più profonde, che sparpagliate a caldo sui microfoni profumano ancora di adrenalina pura; ritrovare poi quegli “eroi” a sfilare tra la folla, ad applaudire, esultare e a cantare l’Inno di Mameli, allinea pianeti, coincidenze, caparbietà ed il sacrificio di questi ragazzi che con le unghie e con i denti sono arrivati là dove sognavano ma dove non osavano immaginare. E la vista, sono certa, dal gradino più alto del podio dev’essere bellissima, soprattutto quando gli occhi si posano su quelle tante bandiere che sventolano e su quel tricolore che stavolta sì, e per davvero, spicca più in alto di tutti.
E’ un giorno bellissimo in casa azzurra.

LE MIE INTERVISTE PER SPORTAL.IT

Speranze e rimpianti, non lo si può definire in maniera diversa questo sabato sera di atletica in cui qualche sorriso c’è stato bagnato però dalla lacrime finali di un 4×400 femminile che, incredibilmente, va lontana dal podio.
Cosa sia successo non è dato saperlo, o meglio i tempi sono sotto gli occhi di tutti, ma cosa sia successo nella testa e nelle gambe di quattro ragazze autrici di una stagione pazzesca in questa gara, resta un mistero, o forse ancor di più un rimpianto. Così va lo sport: sulla carta puoi essere re o regina indiscussa di qualsiasi regno, nella realtà bisogna fare i conti non tanto con quello che si è per davvero, quanto con quello che si riesce a fare e a dimostrare. Purtroppo, fa malissimo dirlo, ma questa sera questa staffetta ha dimostrato di non essere all’altezza della situazione e domani forse farà ancora più male quando ci si renderà maggiormente conto della chance sprecata. Azzerare e ripartire è l’unica cosa da fare.
Cambia nella forma e nel contenuto il discorso della staffetta maschile, non cambia agli occhi di un’Italia che avrebbe voluto e potuto fare di più. Sesti ed un tempo altino, c’è da lavorare ma i mezzi ed il materiale per farlo non mancano vista la giovane età dei protagonisti e tutta la loro volontà.
Quanto alle speranze, ai sorrisi, ne abbiamo di tre tipi: quello timido di Gianmarco Tamberi che torna a farci sognare e che incappa in una serata da urlo, per gli altri, in una serata che non gli capitava da tempo, per lui. Già perché le sensazioni sono che Gimbo stia piano piano tornando ai suoi livelli e non prendere medaglia stasera con quel 2.28 fatto al primo tentativo, sa tanto di beffa, l’ennesima, dopo infortuni e sfighe varie. Resta il fatto che questo ragazzo, così esuberante, coinvolgente, istintivo e passionale, è uno dei maggior talenti a cui l’atletica debba aggrapparsi per far sì che i riflettori restino accessi.
Dal sorriso “timido” di Gianmarco, a quello determinato di Yeman Crippa. I 5000 metri questa sera sono stati l’ennesimo banco di prova di un ragazzo che già si era preso il bronzo qualche giorno fa nella distanza doppia e che continua a crescere a dismisura lasciando ben sperare (anche in virtù della giovane età, soli 21 anni per lui) in vista di un futuro che è tutto dalla sua. Certo, come per Gimbo, 4° dà l’orticaria, però ti porta pure lì lì, al passo con i grandi.
Infine il sorriso più dolce, più spontaneo, più contagioso e coraggioso: quello di Daisy Osakue che dopo la nota e triste vicenda accaduta qualche settimana a Torino, ha trovato la forza di reagire e la prontezza di rialzarsi subito, presentandosi alla finalissima di Lancio del Disco ed arrivando anche ottimamente in 5° posizione. Not bad.
Non resta che aggrapparsi all’ultimissimo giorno di campionati, ed aggrapparsi all’ultimo giorni di campionati significa in primis aggrapparsi a Filippo Tortu. Il velocista azzurro a proposito della 4×100 m qualche giorno fa ha affermato: “la gara più importante della stagione”, speriamo che questa volta, però, anche la perfezione si tinga un po’ d’azzurro o quando meno speriamo che il buongiorno di domani sia tanto simile a quello di oggi, quando ci ha pensato Antonella Palmisano ad addolcire le nostre colazioni con un bronzo di cuore di panna.

 

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LE MIE INTERVISTE PER SPORTALIT 

LE MIE INTERVISTE PER SPORTFACE.IT

Non è stato un gran venerdì questo per l’Italia che non è riuscita a piazzare il colpaccio con nessuno dei suoi atleti in gara. Ci si aspettava tanto dai 400 hs e da Pedroso ma purtroppo l’azzurra non è riuscita ad andare oltre la 5° piazza, ci si aspettava un riscatto anche da Alessia Trost che nell’alto sbatte sull’1.94 infrangendo tutti i suoi sogni di medaglia, poi l’exploit, come prevedibile non arriva né dagli ostacolisti, né dalle ragazze impegnate nei 200 metri, né tanto meno dai mezzofondisti.

Per tutti gli approfondimenti e per le parole dei protagonisti ecco i miei pezzi:

Day 4, il resoconto
Day 4, le parole dei protagonisti
Day 4, tutte le foto degli Europei di Berlino

Non so neanche da dove iniziare, dal batticuore forse? Dai miei occhi che non riuscivano a staccarsi da ogni centimetro di quello spettacolo meraviglioso? Dall’atmosfera che mi tagliava il fiato? Dalla sensazione di panico nell’indossare l’accredito? Dall’aria così familiare, così “casa” in quel media center? Dalla puntura di una vespa (non ci siamo fatti mancare nulla)? Dal mio nuovo sport ovvero il free climbing nelle conversazioni in inglese? O forse da 8 anni fa, quando a Barcellona 2010 da quella tribuna in qualità di tifosa dicevo “un giorno sarò lì” con microfono e taccuino?
Non lo so onestamente, non lo so nemmeno io, ditemelo voi da dove iniziare. tanto il risultato non cambia, quel memento audere semper è il miglior finale per ogni mia scelta, è il mio stimolo, il mio mantra, è quel tattoo che non ho sulla pelle perché basta averlo nella mente e nel cuore.
Vai e sii felice” mi ha detto qualcuno prima di partire, ed in realtà me lo ripete ogni qualvolta io mi trovi faccia a faccia con la realtà che amo, incompresa dal resto del mondo, capita, apprezzata, coccolata da chi sa che esserlo davvero, felici, è il più bel sacrificio che si possa fare, è come essere devoti a sé stessi e ad un amore incondizionato che nessuno potrà mai darti in egual misura.
E niente, io sono felice così: nonostante la strada sia lunga ed in salita, nonostante ci sia tanto lavoro da fare, nonostante i nonostante siano davvero tanti, nonostante sia tutto un gran casino, perché in questo gran casino ho messo ordine solo sui miei sogni, e mettere ordine sui propri sogni significa scavalcare tutte le proprie paure e rincorrerli. 

E’ la prima bella batosta che prendo, la tosse non c’entra un cazzo“: vent’anni ed una finale europea dei 100 m persa, ma la saggezza, la consapevolezza che il futuro è tutto lì e non aspetta altro che Filippo Tortu. 
Il velocista azzurro era già stato proiettato sul podio soprattutto dopo il forfait di Jimmy Vicaut, favoritissimo fino a quando nel riscaldamento pre-finale non ha avvertito un fastidio muscolare che gli ha impedito di prendere parte all’appuntamento dell’anno, ma le gare, e le finali soprattutto, bisogna correrle, anzi non basta nemmeno questo, bisogna correrle senza paure.
Non ci sono scuse. E non ne ha certo trovate Filippo che sa benissimo di aver sbagliato. Come può succedere a tutti i ragazzi della sua età. Ha visto gli altri andare più forte, ne ha riconosciuto il valore, si è complimentato con loro, si è presentato ai microfoni incazzato ma lucido e pronto per lavorare ancora sodo perché anche se questi non rimarranno i cento metri più belli della sua vita, basteranno per mettersi alle spalle un pezzetto di strada che in realtà è molto più lunga e che non aspetta altro che i suoi passi per confezione un percorso di gloria.
Ora ci sono altri 100 metri da condividere in un giro di pista per onorare una maglia azzurra che di questo giovincello ne ha già assaggiato il sapore di piccolo campioncino, quei tre 9 di fila non sono il crono capitato in una sera qualunque d’estate, sono il frutto di un lavoro mischiato a talento che ha dalla sua la bellezza, la purezza, la spensieratezza di un sogno che merita ogni pensiero, ogni sacrificio, ogni risveglio, ogni fiato corto o lungo che possa essere, e merita soprattutto di appartenere ad un ventenne tanto umile che si è affacciato oggi sul mondo dei grandi. Perchè in una finale corsa da 6 uomini ed un 1 ragazzino, resta la certezza che “uomo” fra quelle due linee, ancora non lo sia, ma oltre il traguardo, quando c’è da dimostrare coscienza e senso di responsabilità, pare proprio che abbia la forza e l’altezza giusta per guardare tutti negli occhi, e qualcuno anche dall’alto; a parti invertite potremmo già inserirlo nello scaffale delle macchine da guerra troppo impostate per sconfinare in un sorriso e sciogliersi nel bel mezzo delle emozioni.

Quando stasera andrai a nanna guardati allo specchio e mostra i muscoli, poi cerca bene in quel riflesso la stoffa del campione, indossa il mantello di superman e riprendi a volare verso il traguardo che ti sei scelto, oltrepassandolo, aldilà delle paure, troverai tutti i tuoi sogni.

L’odore di salamella e paella si sentiva già dalla strada, la musica della mitica Radio Lupo Solitario rimbombava per le vie di Samarate, quando poi è arrivata pure la schiuma ad invadere la piazza, ecco che il programma si è fatto completo. Ma tutto quell’arancione o orange, per dirla all’english? Occhi a cuore ragazzi, l’orange ha un solo significato: spritz! Spritz Party a Samarate, ecco il sunto di ieri sera.
Buon cibo, buona musica e tanta voglia di divertirsi, ed il gioco è fatto.
Presso la gelaterie I Portici di Samarate è andata in scena una serata che ha coinvolto grandi e piccini, dissetandoli e sfamandoli, certo, ma anche facendoli ballare, cantare, giocare. Sul palco di Radio Lupo, mentre i deejay si sono divertiti a scegliere i più svariati sottofondi musicali, Giorgio, Clares, Davide e la Mary Seven si sono passati il microfono andando a caccia di parole e risate, coinvolgendo il popolo in gare a premi (e ve lo dico quando in palio ci sono cibo e alcol la guerra è servita), danze di gruppo e non solo, interviste.
Il clou è stato raggiunto intorno alle 22.30 quando quel mega cannone ha iniziato a sparare litri e litri e litri di schiuma imbiancando completamente un piazzale che aveva solo voglia di passare una serata in allegria.
Così è stato, l’orange ed il bianco si sono fusi dando luce ad una Samarate che ha dimostrato di saper stare sul pezzo.
A quando il prossimo evento?

ps. il selfie dello squadrone di Tutti in Campo con la Seven è in vendita presso i migliori fotografi della Lombardia, per l’autografo vi aspettiamo in studio a partire da settembre quando ritorneremo più carichi di prima #tuttiincampoconlaseven