Succede che Trento si riempie di voci e si colora di rosa, succede che prendi un treno, scendi di fronte a Piazza Dante e capisci in un attimo che nemmeno quest’anno potevi perdertelo, succede che quando sui social appare la scritta “Festival dello Sport” e le date, nonostante magari sia gennaio, hai già segnato sull’agenda una frase tipo “Non ci sono per nessuno”. Ecco questo è quello che succede prima perchè poi, quando lo vivi, succede tutt’altro.

Cosa? Bella domanda. Spiegarlo non è semplice, sposo a pieno il pensiero “È un po’ come stare nel villaggio olimpico ed esplorarne ogni angolo”, perchè in fondo è proprio così. Correre tra un teatro e l’altro, fare un giro in piazza Duomo, gustare un bretzel in un locale tipico, e poi c’è l’incontro al Palazzo della Regione e “Guarda che belli i ragazzini che provano la pista di atletica”, e sono giornate così piene che non lo sai, per te restano leggere anche quando a mezzanotte sei in una camera d’albergo e provi a scrivere mentre un occhio si chiude e l’altro è già sul programma di domani.

Il Festival dello Sport, day 1

Il Day one del Festival dello Sport 2022 è già una partenza col botto. In piazza Duomo si alternano Teo Teocoli e Jury Chechi nella presentazione dei loro libri, c’è fermento e si scaldano i motori in attesa dell’inaugurazione, mi correggo, della Grande Inaugurazione. Perchè al Teatro Sociale arrivano Cairo, il direttore di Gazzetta dello Sport Stefano Barigelli, Giovanni Malagò, Marcel Jacobs, Ilaria D’Amico, Gli Autogol, Federica Masolini, Pierluigi Pardo, Luca Pancalli e probabilmente altri 150 ma gli occhi sono per l’ospite d’onore, Gianluigi Buffon.

Inutile che stia a snocciolarvi quasi un’ora d’intervista, se questo blog si chiama Mary Seven c’è un motivo, e allora facciamo che di ogni incontro vi evidenzio le sette affermazioni che mi sono piaciute di più.

Gigi Buffon, il numero uno dei numeri uno

“Federer una di quelle icone che quando smette ti fermi un po’ anche tu”

“Io continuo a giocare perché la domenica non voglio andare al centro commerciale con la D’Amico”

Il tifoso si aggrappa ancora a me ed è orgoglioso di me

Non ho bisogno di vincere otto Champions o anche solo una per sapere quanto valgo

Ci sono cose che sono sotto gli occhi di tutti, ma ci sono cose che un profano non vede, tipo un richiamo al momento giusto, una parola, un gesto piccolo che poi in realtà ti svolta una stagione

La normalità è la vera trasgressione di una persona

“Chiellini è il più grande miracolo sportivo che io abbia visto”

Marcel Jacobs, al Festival dello Sport è tornato il Re

“Dopo le Olimpiadi volevo dimostrare che ho passato tutta la vita a lottare per questo

Arrivare in finale significa che siamo tutti sullo stesso piano, lì però non devi aver fretta di fare le cose, che sembra un paradosso nei 100 metri, devi rispettare i tempi”

“Ho capito che nella mia vita non ci sono state sconfitte, ci sono state delle delusioni ma io non ho mai mollato”

“Da piccolo puntavo a vincere il più possibile per essere fonte d’ispirazione, io sono il classico esempio che ne ha passate di tutti i colori, ma nonostante tutto ha creduto in un sogno e ce l’ha fatta, scriverlo è stato un viaggio per me che ho provato a raccontare agli altri”

“Le difficoltà ci saranno sempre ma saranno occasioni”

“Mi ritrovo davanti la copertina “L’uomo dei Sogni”, e adesso che faccio?”

“Al 20 luglio con 40 gradi erano tutti al lago di Garda io in pista da solo ad allenarmi, me lo sono costruito, non ho super poteri”

Italvolley, i campioni del mondo siamo noi

(Sforo il numero di citazioni, erano troppi)

“Ma io direi soprattutto speciale, questi ragazzi hanno fatto qualcosa di speciale, qualcosa di straordinario in così poco tempo” (Fefè De Giorgi)

De Giorgi è un cabarettista prestato al mondo del volley” (Andrea Zorzi)

Con la Francia ho fatto i punti decisivi perché non ho pensato” (Daniele Lavia)

“Lavia non meritava solo il premio individuale ma quello di Mvp del mondiale” (Fefè De Giorgi)

“Due o tre cose danno fastidio a Fefè la prima è dire “Ci sto provando”, per lui bisogna fare, e poi si arrabbia se siamo superficiali, e se bestemmiamo” (Simone Anzani)

Per me la parola giusta per questo mondiale è stata goduria ma non perché abbiamo vinto davanti a 13 mila polacchi, anche se la voce gliela abbiamo fatto abbassare, ma perché ci siamo goduti ogni momento” (Simone Anzani)

Sacrifico tanti minuti è vero, ma ogni cosa buona che fa lui (Giannelli) sono felice come se la facessi io” (Riccardo Sbertoli)

Anche nei momenti di difficoltà sapevamo dove stavamo andando” (Alessandro Michieletto) 

“Sono ragazzi giovani che hanno fatto un’impresa, questo è un messaggio comunicativo importante non solo per la pallavolo, non solo per lo sport, ma per la vita” (Fefè De Giorgi)

In stanza urlano come i matti, giocano a Mario Kart, ecco quali sono le fondamenta di questa nazionale? Mario Kart, l’allenamento è solo di passaggio” (Fefè De Giorgi)

“Festeggiare con sobrietà, deprimersi con coraggio, questo è il ruolo dell’allenatore” (Fefè De Giorgi)

Grace la mia gatta ha guardato tutte le partite, non so cos’abbia capito, ed era con me quando ho fatto le convocazioni, ho messo una foto mia 7000 mila like, ho messo una foto di Grace con la medaglia 55 mila like, allora metto sempre lei” (Fefè De Giorgi)

Foto Il Festival dello Sport

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Ho letto che un passo di una persona alta circa 1.70 corrisponde a 60 centimetri, questo significa che per compiere mille metri servono circa 1667 passi, moltiplicato per diecimila si arriva a 16.670. Ora io non sono quanti ne abbiamo compiuti Yeman Crippa ieri sera quando si è laureato campione europeo in questa disciplina, ma credo saranno una piccolissima parte rispetto a quelli fatti dal 2003 ad oggi. Ed il 2003 non è il suo anno di nascita, ma il suo anno di rinascita.

Il 2003 è l’anno in cui Yeman ed altri otto bambini (fratelli e cugini) iniziano ad essere portati in Italia dall’orfanotrofio a 300 km da Addis Abeba, in Etiopia. Quest’operazione durerà cinque anni e sarà mossa da un gesto d’amore straordinario ad opera di Roberto Crippa e Luisa Fricchione, una coppia di coniugi milanese che decide di allargare a vista d’occhio la famiglia. Yeman e Nera sono i fratelli più grandi, poi Kalamu, Gadissa, Mekdes, Elsa, Asnakec, Mulu, e Uonishet, nove, i figli erano nove, Uonishet purtroppo non c’è più a causa di un incidente in Etiopia avvenuto qualche anno fa.

Come si fa con tutti questi bimbi in casa e tante bocche da sfamare? “Il cibo non è mai mancato e per fortuna la nostra abitazione aveva diverse stanze, ma sui vestiti abbiamo optato per il riciclo, le marche non erano ammesse, non si andava a sciare in inverno, nessuna vacanza eccessivamente costosa d’estate, io credo che sei sobrio i soldi te li fai bastare anche se sei un agente di commercio prima ed un badante poi“, ha affermato il signor Crippa nel 2008 (fonte repubblica.it) quando il Presidente Mattarella ha voluto premiarli con l’onorificenza italiana per lo straordinario gesto di solidarietà.

Poi succede che le cose non sempre vanno come le hai programmate, i genitori si separano, la famiglia si trasferisce in Trentino ma basta l’amore per non gettare ombre su un futuro che da incerto aveva ritrovato la luce. Ognuno di questi ragazzi, oggi, ha imboccato la sua strada, c’à chi fa il cameriere, chi la commessa, chi la parrucchiera e chi l’atleta. Anche Neka lo è. Yeman è nel gruppo delle Fiamme Oro e dopo il calcio ha scelto l’atletica, mentre l’atletica sceglieva lui. Correre per scappare, correre per andare lontano, correre per sentirsi vivo e divertirsi. “Non mi accontento di questo bronzo – ha dichiarato ai campionati europei di Monaco dopo il terzo posto nei 5.000 – vedrete nei 10.000, ci sarà da divertirsi”. Così è stato. Con quel finale che era tutto un programma o forse un destino già scritto. Il resto lo hanno fatto l’esultanza alla Ronaldo, i “muscoli alla Marcell Jacobs che io non ho” ed il giro d’onore con il tricolore sulle spalle. In un’estate di Inno d’Italia cantato più e più volte a squarciagola, questo forse, lo abbiamo sussurrato appena. Aveva il sapore della rivincita, non tanto sul norvegese o sui due atleti francesi bruciati nel finale, quanto sulla vita, una vita che Yeman Crippa ha saputo rimodellare a forma di un paio di labbra con gli angoli all’insù.

C’è un amore che smuove il mondo, diecimila metri fanno appena il solletico.

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foto GRANA/Fidal

Sdraiatevi per terra, tenete gli occhi ben aperti e poi ditemi cosa vedete a 230 centimetri dalla punta del vostro naso. Il soffitto potrebbe non essere troppo lontano, in questo periodo dell’anno troverete sicuramente qualche insetto che svolazza da quelle parti, magari pure un sogno potrebbe passare di lì e non vi basterà allungare la mano per afferrarlo. Se la stessa domanda la facessi a Gimbo Tamberi io so cosa risponderebbe: lui a 230 centimetri da terra trova sempre e solo una cosa, trova il filo a cui è appesa la sua esistenza. Saltare oltre non è questione di vita o di morte, è molto di più.

Gimbo Tamberi ha una storia che parla per sé e che racconta l’inimmaginabile, racconta la perseveranza, i sogni infranti e defibrillati quando la linea sembrava già piatta, racconta la bellezza e la fatica dell’impossibile e di un eroe che quell’impossibile decide di appallottolarlo e gettarlo in un cestino. E tutte le volte che scende in pista aggiunge una pallina di carta in più a quel secchiello ormai strabordante.

L’urlo di Munch, ieri sera, è diventato l’urlo di Munich e ancora una volta a prendere fiato a pieni polmoni e a gridare più forte di tutti è stato Gimbo Tamberi, l’uomo delle mission impossible. E con lui lo hanno fatto quelli che lo hanno amato dalla prima volta e quelli che hanno imparato ad amarlo nel tempo, credendo in un talento smisurato, in una abnegazione fuori dal comune ed in un’espressione un po’ sfacciata giudicata forse troppo in fretta agli albori di una carriera che finalmente mette d’accordo tutti.

Il volo pindarico costruito in una Monaco 2022 buia ha acceso nuovamente la luce, è andato oltre il covid, la pedana bagnata, gli acciacchi di una stagione imperversa e come sempre ha trovato la rima baciata in un mood mentale che ora fa scuola. Gimbo Tamberi è il più classico dei campioni moderni che ha saputo coltivare il talento, diversamente non saremmo qui a raccontare di lui; ed intanto lui racconta di noi, indossa la maglia azzurra, ci abbraccia e ci trascina a soffrire di vertigini: amarlo, adesso, non basta più, dobbiamo essergli grati di tutti i posti qualunque in cui ci porta e che con la sua energia trasforma in magici.

“Capitano mio capitano”, che dispensa saggezza e sorrisi e discorsi da “Polase scansati proprio” ad ogni spedizione, anche la forza di gravità si è dovuta arrendere alla sue ali ed io darei qualcosa di più prezioso dell’oro che ha al collo per poter scrivere il suo libro, la sua storia, che altro non è che la storia di un ragazzotto marchigiano che semplicemente ce l’ha fatta.

Nella foto Francesca Grana/Fidal, emozioni, olio su tela.

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La mia esperienza romana la mettiamo in bacheca con un giorno tre e quattro da far girare la testa perchè “Rome swim Rome” porta i centimetri di pelle d’oca dai 100 (rana) ai 1500 (stile libero) senza preavviso.

Non faccio classifiche ma faccio considerazioni sparse per chiudere il mio personalissimo cerchio di quest’avventura estiva mentre gli Europei di nuoto continuano a regalare emozioni anche a distanza e con uno schermo di mezzo.

– Se un giorno dovessi avere un figlio lo chiamerò GiorgioMinisini tutto attaccato. Se l’Italia detta legge è perchè il nuotatore artistico romano si presenta in acqua con la leggiadria di Roberto Bolle e la determinazione di Roberto Carlos con palla sul mancino. Vola nella piscina del nuoto sincro come se facesse questo sport da sempre, lui da sempre (per colpa di mamma coach) lo fa per davvero peccato che fino a poco tempo fa non era previsto in versione maschile. Ora se sia stato lungimirante o abbia solo avuto una botta di culo non è dato sapersi, resta il fatto che si presenta alle interviste da incallito giocatore del fantaeuropeo con imbarazzanti occhiali da sole e dediche ai limiti della credibilità, ma vincenti.

– Il tridente delle suore modenesi spopola sulle tribune del foro italico. “Rome swit Rome” è un pubblico incandescente che non ti aspetti ma che raggiunge l’apice con Elisa, Aurora e Greta tre suore francescane fans di Paltrinieri e Minisini (su tutti); alcune cronache locali non si lasciano sfuggire lo scoop di un possibile poker entro Parigi 2024, i bookmakers quotano la Mary Seven a 2.5; in effetti mi ero accorta da un certo “non so che” di essere sulla strada buona già da un pezzo.

– Benedetta Pilato a 17 anni vince titoli europei spuntandoli con la biro dalla lista della spesa. Io a 17 anni ascoltavo i Ragazzi Italiani con “Vero Amore” e credevo che di lì a poco sarei diventata grande.

– Ho messo tre kg con i tramezzini di Casa Arena, quando sono entrata mi hanno regalato una maglietta taglia S, quando sono uscita se la sono ripresa con disprezzo affibbiandomi una xxl e sguardo alla “Ci scusiamo per il disagio” (testo di Trenitalia, dirige l’orchestra Frecciarossa).

– Nell’estate del 2009 il brasiliano Cielo ai Mondiali di Roma vinceva la medaglia nei 100 sl con il crono di 46.91, record del mondo. Nell’estate del 2022 il rumeno David Popovici, grande fan di Erliing Haaland, alla veneranda età di 17 anni decide che è il momento di far crollare questo wr e con 46.86 dice: “Signori e signore la maggior età è solo un numero, per chi ancora non lo avesse capito, da oggi comando io”. Fra dieci anni potrò ancora dire: io c’ero. Mi inchino.

– Per chi stesse ancora aspettando le dichiarazioni dei ranisti italiani su Rai Due post medaglie nella gara dei 100, niente paura: cercatele su Rai play e saprete tutto del TG2. (Icona con la mano in faccia).

– Siccome la pazienza è la virtù degli altri ma non la mia, Nicolò Martinenghi l’ho intervistato di persona, spero che alla Rai non dispiaccia. E tra l’altro gli ho trovato un difetto, è interista. (Orgoglio varesotto 😍)

– Io eclettica come Thomas Ceccon lo sono stata solo a scuola quando inventavo novecento scuse per non essere interrogata in inglese (compresa l’imboscata dentro la cartella); per parlare del nuotatore veneto io scomoderei “Dio” Michael Phelps. Con umiltà sia chiaro.

Gregorio Paltrinieri è nella top ten dei dieci sportivi italiani più forti di sempre? Sì. Mio parere personale. Sbaglierò? Amen (Cassano docet). The King.

– “Scusate da qui per andare alla stazione termini che bus devo prendere? “Fai così, così e così, tutto chiaro?”. “Certo”. Ho speso 22.5 euro di taxi. Ma ho una dignità e non ve lo racconterò che ho preso il 32 nella direzione sbagliata, che me ne sono accorta solo al capolinea, che per non perdere il treno ho dovuto prendere un taxi e che ho dovuto pure corrompere l’autista per arrivare in tempo, il che mi è costato 12 anni di vita vista la guida alla Max Verstappen. E non insistete, perché ho detto che ho una dignità e non ve lo racconterò.

B&B Chez Livia & (la mia preferita) Maybe: voto 10-. Il meno è chiaramente dettato dalla rottura con fiamma e scintilla dell’arricciacapelli (fondamentale in questi giorni di tasso umidità 112%), ma tutto il resto, e come sempre, è stato perfetto 💙

– Finché non mi seppelliscono sto con te, Carbonara di Cave Canem.

Rome swim Rome, grazie di tutto e ci vediamo presto…Daje!

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Cerimonia di premiazione, alzati in piedi, mano sul cuore e via con l’Inno; cerimonia di premiazione, alzati in piedi, mano sul cuore e via con l’Inno; tasto repeat e moltiplica per cinque. Che figata! C’è un’Italia del nuoto che va fortissimo, vederla dal vivo, festeggiarla con migliaia di persone, abbracciare sconosciuti, d’un tratto fratelli, è adrenalinico e romantico. Adrenalinico non sto manco a spiegarvelo perchè, romantico perchè nell’abbraccio stretto senti i cuori che battono all’unisono in un ritmo costante fino all’affanno dell’Italia Chiamò. Eppure la mia giornata in questo “Rome Swim Rome” (quanto mi piace questo slogan?”) non era iniziata propriamente così. Andiamo con ordine.

L’esperienza ATAC è qualcosa che devi vivere sulla pelle. E per sulla pelle intendo che devi proprio sentire ogni gocciolina di sudore scendere dalla fronte per attese spasmodiche sotto il sole cocente ad una qualsiasi fermata del bus. Trentacinque minuti d’attesa tendenti ai trentasette, valgono questo e molto altro. Nel molto altro vado a comprendere: amicizia con badante rumena. Ha abbandonato dopo 12 minuti. Badante peruviana solo di passaggio. Amicizia approfondita con badante filippina, unica superstite di una lunga attesa che mi ha sventolato il suo curriculum con tanto di punta nostalgica nel ricordare l’esperienza modenese: “Modena, bella sì, ma niente male, qui male più vicino”. Scusi ma in che senso niente male? Cioè voleva essere menata? “Ah ah, simpatica tu, niente male. Nuotale. Male”. Aaaaah mare. Boh forse non era proprio una punta nostalgica. Il tutto mentre la cassiera della Conad rincorre in ciabatte una vecchietta per darle il resto e Baloo, un pastore tedesco di 912 kg, cerca in tutti i modi di farmi pipì sulle scarpe. Poi in lontananza, il 911. Salva (forse).

swim rome
Nicolò Martinenghi LEN-Roma 2022

E con queste premesse mi avvio allo stadio del Nuoto. Riesco a sbagliare la fermata nonostante gli annunci dell’altoparlante, e più passa il tempo e più mi rendo conto di aver bisogno di ferie nonostante sia in ferie. Una delle trovate più geniali che avrò sarà quella di gustarmi il pranzo sul prato zuppo d’acqua della zona nebulizzatori: risultato chiappe bagnate per tutto il giorno ed alone sui jeans degno di una delle mie abilità più grandi in assoluto, fare i gavettoni. Nella maggior parte dei casi li faccio agli altri però, ci tengo a precisarlo.

Al villaggio approda anche il Gennari. La presentazione è degna del personaggio: un paio di kg di Amatriciana maldestramente camuffati con una camminata di 4 km, una maglietta da buttare ed un cellulare scarico senza traccia di caricatore nello zaino. Lo adoriamo così.

Il tripudio del pomeriggio azzurro parte dall’oro che Minisini si (ci) regala nel nuoto artistico. E scivola via con il trionfo di Margherita Panziera nei 200 sl, di Thomas Ceccon nei 50 farfalla, di Nicolò Martinenghi nei 100 rana e di Simone Quadarella negli 800 sl, quest’ultima profeta in patria e lanciata sui social anche da un messaggio del capitano della Roma di Lorenzo Pellegrini. Nel mezzo mettiamoci anche gli argenti di Federico Poggio nei 100 rana e della staffetta 4×100 mista mista. Così, per non farci mancare nulla. Ma se credete che fra di loro si nasconda l’eroe di giornata, vi sbagliate di grosso.

Semifinale dei 200 dorso. In corsia quattro si presenta il francese Yohann Ndoye Brouard. E niente mentre tutti partono resta con il blocchetto tra le mani. Piovono “Mon Dieu”, “Manaccia a la putain” e “Libertè Egalitè Fraternitè torna a casa sto Mbappè” (che sa tanto di Euro 2020). Il suo momento viene rimandato a fine giornata. E quando parlo di suo momento parlo di una gara da solista in corsia 4. Che poi io, nel dubbio, ne avrei scelta un’altra. Ma dopo la scorpacciata di ori il pubblico ha ancora la forza di sostenerlo e di proclamarlo eroe di giornata. Lui nel frattempo si prende la finale. E tanti saluti. Rome Swim Rome.

Off topics di giornata.

  1. Ho ufficialmente deciso che l’attesa di un bus ATAC è equiparabile solo all’attesa di una gioia.
  2. La sauna non fa dimagrire altrimenti chiederei residenza nel tendone del nuoto artistico.
  3. Quanto sei bella Roma quann’è sera (Grazie Liviuccia per un mini giro turistico che non passa mai di moda) 😍

foto Len Media

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Undici maggio – undici agosto, tre mesi esatti e poi ditemi che non esistano coincidenze. Torno a Roma per uno splendido “Rome Swim Rome” dopo quella sensazionale esperienza con i The Jackal, con Juve – Inter, con la finale di Coppa Italia rimasta stretta stretta come un nodo in gola difficile da sciogliere, ma anche con la grande consapevolezza di essere più coraggiosa di quanto abbia mai creduto fino a quel momento.

Cogliere le occasioni e salire sui treni in corsa, non è roba da tutti. E siccome io non sono tutti, e questo ora lo so per davvero, potevo forse non presentarmi agli europei di nuoto a Roma? È così che arrivo allo Stadio del Nuoto, con l’Olimpico sullo sfondo, le gambe che tremano il giusto e tante, troppe farfalle nello stomaco.

La mattinata scorre veloce, gli atleti italiani fanno esattamente quello che devono fare, io mi vivo ogni centimetro di questo villaggio europeo. Mi piace come è organizzato, con spazi creati ad hoc per tutti, dal turista, al tifoso, al giornalista. Nell’aria c’è una freschezza ed un entusiasmo che non percepivo da un po’ e quando quell’entusiasmo si mischia ai mille colori di altrettante bandiere, è la combo perfetta per un inizio di “ferie” con i fiocchi.

La cerimonia inaugurale racconta proprio questo ed in ogni discorso e saluto di tutte le autorità che vanno via affacciandosi su Roma 2022 spicca tanto la condivisione, la vicinanza, quanto la possibilità tornata galoppante di essere finalmente pronti a godersi dal vivo, di nuovo, tutto questo. E tutto questo non è solo un europeo di nuoto, ma è un portone che si spalanca di fronte all’opportunità e alla voglia di credere che l’Italia sappia sempre cosa deve fare in queste circostanze e che piano stia persino imparando tempi e modi. Guai a dimenticarsi di Federica, Lea e Gastone. La prima è la madrina dell’evento, di cognome fa Pellegrini e forse qualcuno la conosce pure (in una forma smagliante), Lea e Gastone sono i due cani da salvamento, formidabili.

Il day one di “Rome Swim Rome” è un concentrato di emozioni ed adrenalina. Se “Casa Arena” vale di più (molto di più) di una sala stampa, il nuoto sincro azzurro si tinge d’argento mentre poche ore dopo nei 400 misti Alberto Razzoli riesce già a farci cantare l’inno. Un paio di gradini più in giù c’è Pier Andrea Matteazzi che si aggiudica la medaglia di bronzo; e poi ci sarà una staffetta 4×200 sl che grazie a Stefano Di Cola completerà una rimonta da secondo posto.

Le altre tre note super liete di giornata sono:

  1. Le due postazioni dI ventilatori che spruzzano acqua (termine tecnico nebulizzatori per chi stesse già procedendo all’acquisto su Amazon)
  2. Il Fantaeuropeo: ebbene sì, c’è ancora spazio per le malate di Fantacalcio come me (per info vedere le mie stories su IG e per doppia info “Daje Mary Seven Team”).
  3. Questo dialogo: “Mamma ma i genitori dei campioni dove si siedono?”. “Si siedono là, perchè?”. “Perchè allora quando sarà un Campine di nuoto anche tu verrai a vedermi e sarai seduta là”. 😍

foto Federnuoto
foto Len Media

C’è una lunga storia che racconta come nel calcio, nel volley e nello sport in generale, le bandiere non esistano più ed a questo concetto ci si aggrappa col pensiero fisso che il rispetto e la passione siano in disuso. Ma accanto a questa storia ce n’è un’altra che vive in penombra, che di rado si prende le copertine e che milita in un’orbita in cui gli Ivan Zaytsev di turno siano merce quasi troppo rara da dover riservar loro un paio di guanti ad hoc.

Eppure…varrebbe la pena, talvolta, non lasciar cadere i discorsi e non darli troppo per scontati, perchè c’è storia e storia, ci sono bandiere e bandiere. Quattordici anni ed oltre 250 partite sono i numeri da wikipedia e statistiche che valgono menzioni negli annali storici dello sport italiano e restano indiscussi.

Ma io che, povera illusa, continuo a credere che lo sport non sia solo numeri, mi chiedo anche perchè l’epilogo di certe storie non prenda mai o quasi mai la forma che auspicherebbe verso un dorato punto fermo (e a capo). Perchè non è questione di lieto fine, le favole non sempre ce l’hanno e questo non cancella il percorso fatto, ma è questione di fine degna, meritata, ovattata in una dimensione di pace. E fortemente umana, giusta.

In merito alla non convocazione di Ivan Zaytsev per il prossimo mondiale di volley, vorrei mettere sul banco tutto tranne che le questioni tecniche. Il CT Ferdinando De Giorgio ha preso una decisone che quanto a logica non fa un piega, imprescindibile, ragionata e forse anche onesta. Ma è qui che subentra l’inconscio, ed è qui che i modi fanno la differenza. La maggior parte delle persone che non sposano questa decisione (e ad onor del vero ne conto anche una buona parte in pieno accordo con De Giorgi), si aggrappa a quei mille km fatti solo per sentirsi dire un “Sei fuori”. Occhi negli occhi. Da uomo a uomo. Nudo e crudo ma con un certo senso di responsabilità che non biasimo.

Quello che più discuto sta nel far vivere una Nations League da comparsa, senza una dovuta, elegante e, a mio modo di vedere, giusta passerella. Perchè la non convocazione di Ivan Zaytsev ai Mondiali 2022 è la chiusura di un cerchio. È un riporre la maglia azzurra nel cassetto e sapere che quei colori non saranno più casa tua, la tua corazza, il tuo vanto. È una bandiera ammainata senza vento. E l’abbraccio dal vivo di un popolo per cui hai dato tutto, sarebbe stato così stretto da sciogliere ogni amarezza, forse anche quella di un’ultima mancata convocazione ad un mondiale.

Dal 2008 ad oggi. Con quei tre ace in semifinale olimpica che ancora mi rimbombano negli occhi e che fanno vacillare le pareti del mio cuore (e di casa) e che pochi giorni dopo avrebbero meritato qualcosa di più di un vestito d’argento.

Per l’addio non sono pronta, e allora arrivederci Zar e grazie per ogni singola emozione. Sai il bello dello sport è che riesce sempre a sorprenderci, nel bene e nel male. Chissà che l’utopistica Parigi 2024 non abbia in serbo un asso nella manica, magari un touch visto al review, o un insperato ace di un paio di millimetri.

foto Ivan Zaytsev – fratellanza olimpica

Euro 2022 per l’Italia inizia come non ti aspetti, con una super Francia che fa il suo (e anche qualcosa in più) e schianta le azzurre con un sonoro 5-1. La lettura del match di Bertolini ai microfoni nel post partita mi è piaciuta particolarmente “Dopo la prima azione pensavamo di giocarcela a viso aperto, ma queste partite, contro questi avversari, non si giocano così”. Già.

E allora come si giocano? Si giocano con la convinzione che Davide possa pure far male a Golia ma deve avere la pazienza e l’attenzione di saper aspettare perchè sono match di dettagli non di confronti “faccia a faccia”. Forse le gambe hanno tremato un po’, ma quando dall’altro lato hai un movimento frutto di una selezione che avviene da decenni, con le bambine di undici anni convocate e gestite dal centro federale, capisci che la strada è ancora lunga.

Un po’ come quella di questo Euro 2022, che passa dall’Islanda in un match, quello di giovedì 14 luglio alle ore 18, già decisivo. Ma niente paura cantava Ligabue, niente paura ci pensa la vita mi han detto così.

Non abbiamo mollato fino ad adesso, perchè mai dovremmo farlo ora?

Foto FB Nazionale di Calcio Femminile

La storia del calcio femminile è una storia impregnata di pregiudizi, dove chi ci crede si ritrova a sbattere su un muro a costo di lasciarci le ossa, la pelle, il cuore, pur di ridurre in brandelli il cemento armato. È un po’ il “Nothing is Impossible” ma al contrario, dove infondere il dubbio agli avvocati del “So tutto Io” ha le sembianze di un miracolo.

Eppure qualcuno ha fatto male i conti, perchè dall’altra parte del muro non c’erano soldati, bombe atomiche, missili terra area, non c’erano fenomeni, non c’era saccenti, ma c’era il peggior nemico che ti possa capitare quando decidi di mettere i bastoni fra le ruote, c’erano le donne. Mi correggo, ci sono le donne. Il “sesso forte”.

Ho appena finito di guardare Azzurro Shocking, il documentario ideato dalla Rai per raccontare come le donne si siano riprese il calcio. Bello, bellissimo. Complimenti alla Rai per il lavoro fatto. Un concentrato storico e adrenalinico nudo e crudo, che ti sbatte in faccia la realtà delle cose, il sacrificio, che ti mostra il mondo in cui fino al 30 giugno 2022 queste ragazze hanno vissuto. Perchè dal 1 luglio qualcosa è successo per davvero e avere un infortunio, partorire, dedicare la propria vita a questo sport non come un secondo lavoro, ha un senso. In Italia, per la prima volta, ci sono sportive professioniste e sono le calciatrici, e non si parla di stipendio, si parla di diritti. Chissà che qualche altra federazione non prenda esempio.

calcio femminile

Questa mattina mi sono svegliata con una sana agitazione nello stomaco, con le farfalle che cercavano di domare il concerto di emozioni, mi succede sempre così quando so che di lì a poco ci sarà dello sport di cui cibarsi. “Today is the day”. Il 6 luglio è iniziato l’Europeo di calcio femminile 2022, oggi tocca a noi, tocca all’Italia. Alle ore 21 il fischio d’inizio di una partita che non vedrà tanto le transalpine contro le azzurre, quanto la Francia contro tutte noi. Noi che ci abbiamo sempre creduto, noi che abbiamo lottato, noi che non abbiamo più bisogno di licenziarci per partecipare al raduno estivo, noi che ogni giorno coltiviamo questa passione cucendo un vestito che ci trasforma in calciatrici, giornaliste, dirigenti, collaboratrici, allenatrici, preparatori atletici, noi che abbiamo preso a testate quel muro senza preoccuparci delle conseguenze.

Quest’ Europeo è più di tutti quello che dimostra quanta strada sia stata fatta, ma caricarsi di eccessive responsabilità non vale, tutto ciò che vale è la consapevolezza che nulla avviene senza sacrificio, e che scendere in campo compatte, un po’ incazzate, con il desiderio di giocarla per prendere il sopravvento sul senso del dovere, sia abbastanza da poter dire “Sì, ce la stiamo facendo”.

Chiudere gli occhi e lasciar scorrere nelle menti il susseguirsi di fotogrammi di una strada lunghissima, una sorta di reel dei tempi moderni, vuol dire avere a che fare con gli anni in cui le donne giocavano a calcio utilizzando materiale usato, vuol dire avere a che fare con l’accettazione della prima donna arbitro, vuol dire Carolina Morace prima allenatrice nella storia del calcio maschile, Patrizia Panico primo tecnico di una nazionale azzurra, vuol dire riempire l’oblìo di frasi tipo “La domenica stai a casa a stirare”, vuol dire tornare a quando era difficile immaginare qualcosa che non esisteva.

“Sembra sempre impossibile finche non viene fatto” (Nelson Mandela)

Undici ma non undici, ventidue ma non ventidue, centinaia ma non centinaia…milioni: questo Francia – Italia e tutto quello che sarà vedrà un popolo intero scendere in campo mano nella mano, e lo farà con due grandi consapevolezze.

La prima è che il calcio, lo sport, non è uomo o donna, e non è di tutti: è di chi lo ama. L’amore vero esige rispetto, senza rispetto, non è amore.

La seconda è che la differenza tra uomo e donna la fa la competenza, la trasparenza, il coraggio, la personalità. Nient’altro. Mi spiace deludere i detrattori sottolineando che le donne hanno coraggio e personalità da vendere.

“Siam pronte alla morte, l’Italia chiamò”.

Foto FB nazionale di calcio femminile

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Il mio amato calcio dilettanti. 5 settembre 2021, 5 giugno 2022: nove mesi esatti, duecentosettantatre giorni e di fronte il primo weekend senza calcio. Nè un torneo, né un’amichevole con la mia squadra, né una finalissima da poter andare a scovare in un paesino anche a 100 km da qui, come altre volte ho fatto. Nemmeno un match estivo della Juve. Niente. A malapena la Nations League, capirai.

Anche quest’anno va in archivio un enorme capitolo del mio libro preferito, quello a cui non sono ancora riuscita a trovare né un titolo né una copertina ma che un giorno potrebbe davvero finire nero su bianco. Avrei così tante storie da raccontare…

Calcio dilettanti, stagione 21/22

È stato un anno lunghissimo, intenso. Pieno di vicende controverse, di sbagli, di articoli mancati, di imprevedibilità, di errori grossolani e microscopici, di interpretazioni errate, di moduli non capiti e scelte non afferrate. Ho tanto da migliorare.

Ma dall’altro lato è stato anche un anno di ossigeno ritrovato intorno a quel rettangolo verde, di trasferte improbabili, di telefonate e messaggi in orari strampalati, di lacrime e di sorrisi, di sorrisi e di lacrime, di interviste piene, di scoop o qualcosa di simile, (sono gli altri che preferiscono chiamarli così), di insegnamenti, di confessioni, di scelte raccolte al volo, di tempismo, di confronti. Amo i confronti, aiutano a crescere e ad arricchirsi. Ma soprattutto, di emozioni, di passione, il denominatore comune della frazione perfetta. Perché è così che funziona, tu ti dividi in mille mila parti ma sai che “sotto” di te non c’è un numero, ma un fattore. Un appiglio. Una ancora di salvataggio.

Ce l’ho, ce l’ho, mi manca

Sto cercando di mettere in fila i ricordi e non so perché, d’istinto, mi sto soffermando su un paio di occhi lucidi che non mi aspettavo di incrociare, non così almeno. Il Var conferma che si trattava di due lacrimoni enormi, i replay non ingannano. Tutto d’un pezzo e poi…basta un coro per sciogliersi a volte. Ci sono le mani sul volto di un “ragazzino” incredulo di fronte ad un trofeo vinto, la rabbia per un playoff andato come non doveva, uno stadio gremito di palloncini e bimbi, un gol alla Zidane, un inverno troppo lungo e che ci ha fatto temere un nuovo stop, un direttore sportivo che fa quadrare i conti con gli spicci ed un altro che cerca conforto. Sorpassi e controsorpassi, pronostici azzeccati e miseramente falliti, pacche sulle spalla e gol da trenta metri. Questa stagione 21/22 è un altro album zeppo di figurine, fotogrammi, citazioni. e lo metto in bacheca.

Il mio posto nel mondo

Ma tra tutto quello che è stato e quello che sarà, ci sono io, che mi lascio alle spalle un’annata complicata ma piena, fatta di due estremi che nel loro interno abbracciano un “Ma tu sei Mariella Lamonica? Ti leggo sempre, i tuoi articoli sono bellissimi” e un “Grazie per tutto il lavoro che fai, grazie per come lo fai” ma anche di mille dubbi (“Il dubbio è scomodo ma solo gli imbecilli non hanno dubbi” cit.) e di una nuova certezza: c’è una linea sottile fra il tempismo e il fuori luogo. La tempestività è l’arma di chi riesce a trovarsi al posto giusto al momento giusto, il fuori luogo appartiene a color che hanno messo in atto la guerra dei poveri(ni) e ne sono gli unici protagonisti. Chi tace non è stupido, chi tace è una signora.

Bisogna sapersi togliere i sassolini dalle scarpe per poter camminare comodi, anche perché la strada è ancora lunga.

Grazie calcio dilettanti per avermi nuovamente scombussolato la vita. Talvolta mi spingi all’estremo del mio credo e nemmeno il tempo di pensare “Ma chi me lo fa fare”, che ti sei già fatto perdonare.

Sai sempre come prendermi…tu mi prendi per il cuore.

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