Un passo più in là, “solo” un passo più in là: arrivederci Tokyo 2020. Non un addio, non un mai più, ma un arrivederci che toglie il fiato, come nelle gelide giornate d’inverno in cui cammini un po’ a testa bassa per evitare l’aria che taglia la faccia a fa lacrimare gli occhi.
Gli occhi però, oggi, lacrimano lo stesso, e quello lacrime racchiudono uno stato d’animo difficile da spiegare a parole. Quattro anni sono tanti, indescrivibilmente lunghi, ma paradossalmente un po’ meno di questo tunnel oscuro in cui si ritrova incastrata una realtà triste e timorosa.
“Solo” un passo più in là
L’inevitabile decisione di afferrare a due mani Tokyo 2020 e spostarla un po’ più in là, crea una voragine fatta di sgomento e rammarico, ed allontana dalla visione periferica di uno sguardo che in questo periodo non si è cibato d’altro che di questo sogno, l’immagine nitida di quei cinque cerchi così lucidi e così perfetti.
Ogni espressione del silenzio intorno, racconta di emozioni infrante che devono in qualche modo tornare a ricompattarsi per sopravvivere. Ti guardi le mani segnate dal sacrificio e vedi la sabbia afferrata nell’ultimo viaggio scivolare via, cadere a terra granello dopo granello, perdendo completamente la forma di quel castello costruito con immensa fatica, custode geloso dei tuoi sogni. Allora chiudi gli occhi e provi a respirare, a caccia del coraggio che manca. Provi a sussurrarti che c’è ancora sabbia intorno per dare forma a nuovi castelli e che le tue mani non sono ancora abbastanza stanche.
Arrivederci Tokyo 2020
Riapri gli occhi con un raggio di sole che fa il solletico al tuo sorriso, alzi la testa e, come per magia, fai un passo, e poi un altro, e un altro ancora. No, non sei poi così lontano quell’orizzonte, linea che demarca il possibile dall’impossibile; tutto ciò che sta di qua è sulla strada dei desideri, e i desideri, si sa, sono sogni che profumano di realtà.
Ora, che tu sia un atleta, una giornalista, un coach, la mamma di un possibile campione olimpico, un fisioterapista, un giudice, un magazziniere, un cameraman, un venditore di merchandising, un volontario, o un semplice tifoso, non temere: un passo indietro solo per prendere la rincorsa.
“Va’ a prendere le tue cose, i sogni richiedono fatica.” P. Coelho.
487 giorni…road to Tokyo 2020 (2021).
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Fly or Die…Tokyo 2020
“Ho sacrificato interamente la mia vita privata in questi ultimi quattro anni. Ho messo da parte qualsiasi pensiero di fare una famiglia, di vivere le mie amicizie come un ragazzo normale, di ricambiare il tempo che mi viene regalato da tutte le persone che mi vogliono bene. Ho messo da parte tutto quanto, mettendo davanti un solo pensiero. Pensiero che era diventata una dolce ossessione con cui convivere.
Mi sono svegliato ogni mattina di questi ultimi 4 anni chiedendomi come prima cosa se avessi dormito abbastanza bene per poter affrontare al meglio l’allenamento del pomeriggio. Poi colazione, caloria per caloria segnata ogni giorno, ad ogni singolo alimento. Allenamenti tutti i giorni, ovvio. Ma tra questi… alcuni andavano male, e condizionavano il mio umore per giorni interi, a volte settimane. Settimane passate a non rispondere a nessuno per trovare dentro di me la forza per reagire.
Tutto questo perché sapevo quanto fosse importante ogni singolo dettaglio in vista di quell’appuntamento. Vivevo ogni singola scelta personale in funzione di quel evento. Se dovevo andare a cena da qualche parte, le domande in successione che si presentavano nella mia testa erano:
Puoi permetterti questa cena per la dieta?
Domani hai allenamento di tecnica?
Quando è la prossima Gara?
Quella più facile, che si pongono tutti: mi va una cenetta fuori? Era forse la 10ima della lista, e la sua rilevanza nella decisione finale rasentava lo 0…
Ogni singola azione condizionata da loro…
Ogni singolo pensiero….
Ogni…
Singolo…
Respiro…
Vorrei aver dato alla mia donna l’amore e le attenzioni che si merita, vorrei aver dato la mia spalla ai miei amici mille volte in più…
E ora mi guardo allo specchio dopo aver letto le notizie al giornale.
Una lacrima scende lenta nel viso nello stesso canale ben scolpito dalle lacrime di 4 anni fa e capisco. Capisco che tutto questo è stato fatto per un qualcosa che non ci sarà…
E se quella volta scrissi, addio Rio, addio mia Rio…
Ora forse un po riesco a consolarmi nel darti l’arrivederci!
Si, ma chissà a quando….
ARRIVEDERCI TOKYO, ARRIVEDERCI MIA TOKYO!”
(Gianmarco Tamberi)