Un passo più in là, “solo” un passo più in là: arrivederci Tokyo 2020. Non un addio, non un mai più, ma un arrivederci che toglie il fiato, come nelle gelide giornate d’inverno in cui cammini un po’ a testa bassa per evitare l’aria che taglia la faccia a fa lacrimare gli occhi.

tokyo 2020

Gli occhi però, oggi, lacrimano lo stesso, e quello lacrime racchiudono uno stato d’animo difficile da spiegare a parole. Quattro anni sono tanti, indescrivibilmente lunghi, ma paradossalmente un po’ meno di questo tunnel oscuro in cui si ritrova incastrata una realtà triste e timorosa.

“Solo” un passo più in là

tokyo 2020L’inevitabile decisione di afferrare a due mani Tokyo 2020 e spostarla un po’ più in là, crea una voragine fatta di sgomento e rammarico, ed allontana dalla visione periferica di uno sguardo che in questo periodo non si è cibato d’altro che di questo sogno, l’immagine nitida di quei cinque cerchi così lucidi e così perfetti.

Ogni espressione del silenzio intorno, racconta di emozioni infrante che devono in qualche modo tornare a ricompattarsi per sopravvivere. Ti guardi le mani segnate dal sacrificio e vedi la sabbia afferrata nell’ultimo viaggio scivolare via, cadere a terra granello dopo granello, perdendo completamente la forma di quel castello costruito con immensa fatica, custode geloso dei tuoi sogni. Allora chiudi gli occhi e provi a respirare, a caccia del coraggio che manca. Provi a sussurrarti che c’è ancora sabbia intorno per dare forma a nuovi castelli e che le tue mani non sono ancora abbastanza stanche.

Arrivederci Tokyo 2020

tokyo 2020

Riapri gli occhi con un raggio di sole che fa il solletico al tuo sorriso, alzi la testa e, come per magia, fai un passo, e poi un altro, e un altro ancora. No, non sei poi così lontano quell’orizzonte, linea che demarca il possibile dall’impossibile; tutto ciò che sta di qua è sulla strada dei desideri, e i desideri, si sa, sono sogni che profumano di realtà.

Ora, che tu sia un atleta, una giornalista, un coach, la mamma di un possibile campione olimpico, un fisioterapista, un giudice, un magazziniere, un cameraman, un venditore di merchandising, un volontario, o un semplice tifoso, non temere: un passo indietro solo per prendere la rincorsa. 

“Va’ a prendere le tue cose, i sogni richiedono fatica.” P. Coelho.

487 giorni…road to Tokyo 2020 (2021). 

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Fly or Die…Tokyo 2020

tokyo 2020

Ho sacrificato interamente la mia vita privata in questi ultimi quattro anni. Ho messo da parte qualsiasi pensiero di fare una famiglia, di vivere le mie amicizie come un ragazzo normale, di ricambiare il tempo che mi viene regalato da tutte le persone che mi vogliono bene. Ho messo da parte tutto quanto, mettendo davanti un solo pensiero. Pensiero che era diventata una dolce ossessione con cui convivere.

Mi sono svegliato ogni mattina di questi ultimi 4 anni chiedendomi come prima cosa se avessi dormito abbastanza bene per poter affrontare al meglio l’allenamento del pomeriggio. Poi colazione, caloria per caloria segnata ogni giorno, ad ogni singolo alimento. Allenamenti tutti i giorni, ovvio. Ma tra questi… alcuni andavano male, e condizionavano il mio umore per giorni interi, a volte settimane. Settimane passate a non rispondere a nessuno per trovare dentro di me la forza per reagire.

Tutto questo perché sapevo quanto fosse importante ogni singolo dettaglio in vista di quell’appuntamento. Vivevo ogni singola scelta personale in funzione di quel evento. Se dovevo andare a cena da qualche parte, le domande in successione che si presentavano nella mia testa erano:

Puoi permetterti questa cena per la dieta?
Domani hai allenamento di tecnica?
Quando è la prossima Gara?
Quella più facile, che si pongono tutti: mi va una cenetta fuori? Era forse la 10ima della lista, e la sua rilevanza nella decisione finale rasentava lo 0…
Ogni singola azione condizionata da loro…
Ogni singolo pensiero….
Ogni…
Singolo…
Respiro…
Vorrei aver dato alla mia donna l’amore e le attenzioni che si merita, vorrei aver dato la mia spalla ai miei amici mille volte in più…

E ora mi guardo allo specchio dopo aver letto le notizie al giornale.
Una lacrima scende lenta nel viso nello stesso canale ben scolpito dalle lacrime di 4 anni fa e capisco. Capisco che tutto questo è stato fatto per un qualcosa che non ci sarà…
E se quella volta scrissi, addio Rio, addio mia Rio…
Ora forse un po riesco a consolarmi nel darti l’arrivederci!
Si, ma chissà a quando….
ARRIVEDERCI TOKYO, ARRIVEDERCI MIA TOKYO!”

(Gianmarco Tamberi)

 

atalanta

È una notte speciale quella della Dea Atalanta che scrive la pagina di un romanzo bellissimo e che pone un po’ più in là il punto esclamativo in un cammino che ormai degli aggettivi “meraviglioso”, “bellissimo” e “stupefacente” non sa più che farsene.

Valencia – Atalanta finisce 3 a 4, dopo che all’andata la squadra di Gasperini si mise un bel pezzo di qualificazione storica già nel taschino con un altro rotondo punteggio, un 4 a 1 che lasciava grandi speranze per questo sogno che vuole continuare ad essere vicinissimo alla realtà o a mischiarsi direttamente con essa.

Una notte speciale

atalanta

E pensare che mesi fa c’era chi non la volesse in Champions, chi reputava non fosse all’altezza, chi temeva perché l’Italia potesse fare “brutta figura”, poi vedi una squadra che non riesce a smettere di fare gol, che approccia ogni partita con l’atteggiamento della cenerentola che non ha paura nemmeno dello specchio ma che poi, al novantesimo, quando torna a cercare il suo riflesso, ha il rossore sulle guance tipico del primo appuntamento e anche qualche lentiggine.

Le manone del numero dodici che a 27 anni fa un esordio in Champions da Champions non tremano, né il piedone con quel guizzo finale che vale persino la vittoria, il sacrificio di una linea di mediana che sembra persino doppia e di un numero dieci che questa sera è più spada e sciabola che fioretto, sfociano poi nell’esigenza di quel 32enne che stasera, ma non solo stasera, si traveste da supereroe, salvo poi tornare bambino che cerca il pallone anche oltre il triplice fischio. Perché un poker meraviglioso merita un grande riconoscimento e per un calciatore, c’è forse qualcosa di più prezioso del suo pallone? 

La Dea nerazzurra chiamata Atalanta

atalanta

La magia e la volontà che si tengono per mano, un successo che nacque probabilmente da quella volta in cui, post eliminazione dai preliminari di Europa League con il Copenaghen, mister Gasperini chiese ai suoi ragazzi l’obiettivo stagionale e trovò come risposta, sulla lavagna, la parola “salvezza” scritta, guarda un po’, da Joseph Ilicic, la convinzione ulteriore che un “Mario Rossi” qualunque possa compiere la più grande delle imprese o, semplicemente, realizzare i suoi sogni, alimentano la speranza.

Una speranza che passa per una dedica speciale “Bergamo questa è per te, Mola Mia” implorando festeggiamenti contenuti, ed un “Non Mollare” che sa di preghiera, ma mettendo ancora una volta nero su bianco, o per meglio dire, nero su azzurro, la promessa che questa favola non combaci ancora con il suo lieto fine, perché il tempo non è finito, e perché stasera basterà sorridere e guardarsi negli occhi per dirsi tutto.

Più di quei 40 mila preziosi euro frutto di una rinuncia dolorosa ma giusta, nelle mani di angeli che da settimane non conoscono più la differenza tra il giorno e la notte e che collezionano miracoli salvando vite? Ecco, questo non lo so, ma forse siamo lì lì.

E così, in bilico, su una scala dorata che collega una nuvola ad un’altra, c’è una città intera affacciata ad una finestra ad osservare il suo paradiso e quel Paradiso è lì, a braccia aperte, che non aspetta altro che la sua Dea.

La storia è già scritta, chapeau Atalanta.

 

Quando il “Fino alla fine” è uno stile di vita, allora tutto è possibile, ma quando decidi di andare oltre allora sai di aver già fatto un passo verso l’apoteosi del paradiso.

fino alla fine e oltre
Girovagavo sui social come spesso faccio prima di addormentarmi e mi è caduto l’occhio su questo video che in realtà sono molto di più di una serie di immagine una in sequenza all’altra.

Rimonta incredibile”, “Miracolo sportivo”, “Pazzesco”, “Da non crederci”…sono solo alcuni dei commenti apparsi sotto il video, un video che conta qualcosa come tredicimila visualizzazioni. Troppo poche per l’intensità ed il coraggio che svolazzano in un palazzetto di Cuneo attaccati con le unghie ad una rete che pare una scialuppa di salvataggio.

Più di uno spot al volley in sé o allo sport in genere, questi 8 minuti di video sono uno spot alla vita, ecco perché reputo il “Fino alla fine” un mantra indicibile ed ineguagliabile che non può essere solo un credo o una fonte di ispirazione. Il “Fino alla fine” è uno stile di vita, una filosofia, è una spinta a due mani verso un portone che spalancato vale come finestra sul mondo e come pozione magica sui tuoi sogni.

Il “Fino alla fine” è un gioco di parole che in realtà si prende anche un po’ gioco di te, è un conto di zero euro che prevede il resto, è una fine che in realtà ha solo le sembianze di un inizio. E di un oltre. E di un pezzo di paradiso.

Oltre. Sempre oltre. Tu vai oltre. È un posto speciale. Quando non ce la fai, vai.

 

 

 

Il pezzo mai pubblicato: gli ultimi romantici del calcio.
Tra le scartoffie di un sito troppo spesso in disordine, a perfetta immagine e somiglianza della padrona, mi sono imbattuta negli articoli in bozza ed ho trovato questo, questo pezzo mai pubblicato che risale al 27 maggio 2019. Chissà perché sia rimasto lì, forse non mi convinceva a pieno. Ed invece oggi, rileggendolo, l’ho trovato più umano di tanti altri.
Ed ho deciso di pubblicarlo, così, senza cambiare una virgola, tasto invio e ci siamo, è online.

gli ultimi romantici del calcio Barzagli, De Rossi, Pellissier, ma anche Abate e Moretti, senza dimenticare (guai a chi lo facesse), Fabio Quagliarella. I romantici del calcio che ieri, in un modo o nell’altro, hanno lasciato il segno e chiuso il sipario su una parentesi di passione viscerale, di un amore indescrivibile e vicendevole, con quel dare avere reciproco che fa quadrare i bilanci di un’intera carriera. Che poi i numeri qua non c’entrano nulla, farebbero girare la testa solo mettendo in fila le carte di identità di questi ragazzotti ancora pieni di entusiasmo ma consapevoli del tempo che scorre, delle strade che talvolta si dividono, delle scelte che non sempre si azzeccano e delle incomprensioni che a volte si creano.
Più che nelle giocate e nelle parole di ognuno di loro, è negli sguardi commossi e grati dinanzi ad un pubblico in delirio e talvolta incredulo, che si è nascosto il segreto di chi questo maledetto calcio lo ha amato e rispettato più di se stesso. Provate a chiedere a Quagliarella il valore di quelle ventisei reti se è mai lontanamente paragonabile all’abbraccio caloroso di una curva che espone “Grazie capitano, la sud ti rende omaggio“. “Era a caratteri cubitali, ce lo avrò negli occhi per tutta la vita, grazie”.

Ah, questi benedetti ultimi romantici del calcio.

gli ultimi romantici del calcio Poi c’è Danielino De Rossi. E per lui, per la sua immensità, vorrei che la sua “storiella” d’amore giallorossa la raccontasse questa lettera.

È difficile spiega’ er significato
de na vena giallo rossa che ha pulsato
fino all’ultimo, ogni volta con orgoglio
tra vittorie, grandi gesta e qualche sbaglio.
Me ricordo quanno ancora regazzino
dominavi er centrocampo senza affanni,
co’ la grinta che t’ha reso in tutti st’anni
na sequoia sovrastante ner giardino.
Co’ carisma e classe hai fatto innammora’
tutte ste anime della romanità,
che han riflesso dentro l’occhi quel gueriero
pronto a dà battaglia all’universo intero,
co’ la maglia come na seconda pelle
tatuata tra ferite e storie belle.
C’hai portato in cima ar monno co’ veemenza
co’ quer bolide tra rabbia ed incoscienza,
la colonna tua è rimasta lì ner tempio
dei più grandi, da ammirare pe’ l’esempio.
T’ha invidiato mezza europa bello mio
ma nun je l’hai fatta mai a dicce addio,
sei affondato co’ la barca a testa alta
co’ la voja de portacce alla ribalta.
Darci solo na carriera è il tuo rimpianto?
È st’orgoglio trasparente il nostro vanto, qualche coppa poi sfumata po’ fa male
ma alla fine quel che resta è il sentimento
de st’amore immenso non tanto normale,
che ce sradica gli affanni ed il tormento.
E così finisce pure n’artra era
qualche lacrima accompagnera’ la sera,
la tua fedeltà c’ha reso tanto fieri
ora è tempo de lascia’ da parte l’ieri.
Senza mai dimentica’ quel volto puro
de sto capitano eterno, non futuro”è .

Pelle d’oca.

gli ultimi romantici del calcio Anche diciassette stagioni con la stessa maglia non sono tanto un gioco da ragazzi. “Racconterò a mio figlio del numero 31“, hanno scritto su quegli spalti, così gremiti di tifosi che, quando proprio quel numero trentuno è comparso sulla lavagnetta luminosa, li ha visti alzarsi in piedi alla ricerca dell’osannazione perfetta per colui che non sarebbe potuto essere più perfetto di così, in un matrimonio in cui il per sempre resiste persino alle lusinghe delle più affascinanti ed avvenenti tentazioni. “L’affetto dei tifosi è straordinario. Questo per me doveva essere il giorno più brutto ma loro l’hanno saputo trasformare nel più bello, nonostante la retrocessione”. Già perché il Chievo Verona ripartirà dalla serie B, mentre Sergione Pellissier è già pronto, con il ruolo di ds, a riportare di nuovo il suo Chievo nell’olimpo della serie A.

gli ultimi romantici del calcio E poi c’è Barzaglione. Sono bastati quattro spicci per portare a casa un campione del mondo, un uomo vero, risoluto, determinato. Al minuto 61 di Juventus – Atalanta della scorsa domenica, l’abbraccio tra il pilastro difensivo bianconero capace di vincere 8 scudetti di fila e l’uomo che per 5 volte consecutive ha condotto la squadra ad alzare il trofeo italiano per eccellenza, ha lasciato che vacillassero anche i cuori più probanti e, prima dei titoli di coda su un’era conclusasi che non avrà eguali, ha lasciato scorrere le lacrime di due grandi guerrieri rivelatisi nel tempo uomini d’onore, mai così vicini come in quell’abbraccio.

Come neve al sole: dismessa la corazza, è così che mi sento dinanzi agli ultimi romantici del calcio.

Tra gli uomini, i guerrieri: Mario Mandzukic uno di noi.
Questa scenografia fu un immenso striscione prima di uno Juventus Barcellona di un paio di anni fa. E non credo possa esserci niente di meglio che rappresenti Mario Mandzukic, Marione per gli amici, alla Juventus.

Un uomo ed un guerriero, sostantivi messi sullo stesso piano che in realtà hanno stabilito l’indissolubile legame tra il numero diciassette bianconero e la vecchia signora. Quattro anni e mezzo che tradotti in numeri fanno 162 presenze, 44 gol, 4 campionati, 3 Coppe Italia, 2 Supercoppe, non bastano per raccontare il cuore di un guerriero che spesso sradicava palloni al limite della sua area, per poi ritrovarsi esattamente dalla parte opposta a svettare più in alto di tutti. Sempre con la stessa intensità, con la stessa voglia, con lo stesso sacrificio, con lo stesso spirito da guerriero, appunto.

Ma poi succede che, d’un tratto, qualcosa cambia, ed il guerriero si ritrova ai margini dell’arena, ingabbiato in una prigione da cui non riesce più ad uscire, forse perché si ritrova a pagare un conto salatissimo o forse accusato colpevole di un crimine che non ha commesso.

Mario mandzukicMa anche quando la luce filtra tra quelle “sbarre” i perché scivolano via lasciando spazio ad un ricordo troppo ravvicinato alla realtà perchè possa essere sbiadito, dimenticato, nell’oblio della memoria, di gente che, invece, non ha mai dimenticato il brutto, figuriamoci il bello di certe avventure, di certi legami.

E se nell’ombra lascio i perbenisti, quelli che sanno tutto, quelli che non sanno lavare i panni di casa propria, o quelli che hanno regalato fasce di capitano come se piovessero, come pezzi di stoffa qualunque, per me, al di là del giusto o dello sbagliato, Mario Mandzukic resta questo, un “Tra gli uomini i guerrieri”.

Grazie di tutto, Marione.

È impossibile riassumere quattro anni e mezzo in un semplice arrivederci, ma spero abbiate visto la mia passione per questo club e per questa squadra in ogni singola partita che ho giocato per la Juventus. Un grande ringraziamento a Mr Allegri e a Mr Marotta per avermi voluto a Torino – è stato un privilegio giocare per la Juventus e gli ultimi mesi non cambieranno il rispetto e l’amore che provo per il club.

Ringrazio tutti i compagni che ho avuto in queste stagioni – ho davvero apprezzato ogni singola battaglia con voi e abbiamo vinto la maggior parte di queste battaglie! Non dimenticherò tutte le vittorie e i trofei, frutto della nostra qualità, del duro lavoro e dello spirito di squadra. Un grande grazie anche allo staff che lavora dietro le quinte – allenatori, staff medico, fisioterapisti e ogni altra persona che si preoccupa che i giocatori della Juventus siano nelle migliori condizioni per avere successo.

Infine, il ringraziamento più grande per i meravigliosi tifosi che sono la vera ragione per cui il club è così grande e vincente – ho apprezzato davvero molto il sostegno che mi avete dimostrato fin dal primo giorno. Concludendo, ho sempre cercato di dare il massimo per i Bianconeri, vi auguro il meglio! E per me, è tempo di un nuovo capitolo…  Per sempre vostro, Mario“.

cagliari esultanzaMister facciamo un patto, se il Cagliari va in Champions tifiamo Cagliari? 
È stata questa la curiosa richiesta di un mio pulcino qualche giorno fa. L’anno scorso sulla bocca di tutti c’era l’Atalanta e l’inebriante gioco di mister Gasperini, quest’anno è il Cagliari di Maran che si sta prendendo la scena. E lo sta facendo a suon di gol, punti, giocate incredibile, rimonte pazzesche e quel 4° posto che brilla. Sì brilla. Ed illumina una terra meravigliosa, ed illumina una classifica in cui le grandi o quasi tutte giganteggiano senza offuscare la luce di una realtà un po’ più “normale” che ci sta provando in tutti i modi ad essere speciale.
A Cagliari si sogna e si sogna in grande: quando vedi l’esultanza di Maran ed un’intervista che segue con occhi lucidi, quando quel rosso e quel blu si mischiano a tal punto da diventare vicinissimi, a patti non distinguibili l’uno dall’altro, quando percepisci che l’abbraccio collettivo a Cerri sia un qualcosa che va oltre, allora non solo sai di avere davanti agli occhi un sogno, ma sai quanto quel sogno sia genuino e quanto si stia affacciando alle finestre di un gran pezzo d’Italia, quella che sa ancora sognare a prescindere da tutto e tutti.
Sai che presto un tuo bambino nella partitella finale di allenamento dirà “Ho fatto un gol alla Simeone” e non vedi l’ora di sentirglielo dire. E niente, allora capirai quanto non reggano nemmeno i 1000 km che separano Cassano Magnago dal capoluogo sardo. I sogni son sogni, ma se riesci anche ad emozionare mentre ti stai sacrificando proprio per realizzarli i tuoi sogni, se riesci a far sì che quel sogno diventi un po’ il sogno di tutti, se riesci a tenere con te anche i pensieri dolci di un bambino di dieci anni, allora, forse, sei più vicino di quanto pensi al Paradiso.
A volte basta poco per passare dall’essere una squadra “normale” ad essere una squadra speciale.

I sogni fanno bene all’anima e rendono il mondo un posto migliore.
E allora non svegliateli.
E allora non svegliateci. 

Ok Simone, affare fatto: se il Cagliari va in Champions tifiamo Cagliari“.

sinisa mihajlovicCatartico: che purifica interiormente e porta ad una contemplazione comprensiva e superatrice della colpa e delle passioni.
E di passione qui ce n’è da vendere, di colpe una sola, quella di non sentirsi un eroe.
E così che sono state definite le lacrime di Sinisa Mihajlovic allenatore del Bologna, alle prese da 4 mesi a questa parte con uno dei quei mali che non augureresti nemmeno al tuo peggior nemico.
La conferenza stampa dello scorso venerdì ha raccontato molto di più del pre partita di Napoli – Bologna, ha per l’ennesima volta visto un guerriero posare la corazza e dare il là ad una confessione che pare un inno alla vita, uno spunto verso il coraggio preso a due mani che se ne fotte delle difficoltà e va a caccia delle cose belle. O quelle di cui ne valga la pena.
L’ho riascolta e riletta più di una volta per non perdermi i dettagli, avevo voglia di avvicinare la lezione il più possibile ai miei occhi e alla mia mente. Mi sono soffermata su alcuni passaggi, quel “Ti amo amore mio” è poesia allo stato aeriforme, quel “Mia moglie è l’unica persona al mondo con più palle di meè poesia allo stato solido. Il mix dà vita ad un’opera d’arte non da collezione o da tenere in libreria a prendere polvere, è un libro da tenere sul comodino e di cui leggere un paio di pagine per volte ad ogni risveglio e prima di coricarsi la sera.
Ho pianto, non ho più lacrime, mi sono rotto le palle di piangereè un altro dei passaggi che mi ha rapita. Una scarica di adrenalina, una botta di vita; il modo con cui viene pronunciata questa frase, la determinazione, la fermezza, sono tutto: è come mettersi una T-shirt bianca, scambiandola per un giubbotto antiproiettili, e buttarsi a capofitto nella guerra uscendone poi intatti, con pochi graffi e più vivi che mai.
I ringraziamenti, l’amore per i figli, le lodi verso lo staff medico, la cazziata riservata ai giocatori presentatisi di soppiatto solo per una sorpresa, le risate, la commozione: un’ora e mezza di una conferenza stampa che va oltre. Ecco come si è sentito chi ha pesato tutte le parole di questo sfogo, si è sentito completo. Si è sentito pieno, integro e indistruttibile.
Hai ragione su tutto Sinisa Mihajlovic, hai ragione su tutto, anche quando dici di non essere un eroe: sei di più, sei molto di più. Sei un esempio gigantesco e non so se tu abbia idea di quanto l’umanità abbia bisogna di Uomini come te.

QUI IL VIDEO INTEGRALE 

AAA offresi tattoo indelebili: No To Racism.
E non sono mai stata così seria. Se avete voglia di essere alla moda, se i tatuaggi sono la vostra passione, se vi piace l’inchiostro sotto pelle, ci penso io ad accontentarvi. Recatevi dal vostro tatuatore preferito e fatevi incidere possibilmente sulla fronte un scritta a caratteri cubitali: NO TO RACISM.

Il weekend calcistico che ci siamo appena lasciati alle spalle ha raccontato, tanto per cambiare, di quei tifosi super fighi che vanno allo stadio solo per idolatrare i propri idoli e del solito sfigato di turno, in arte Balotelli, che non aveva voglia di tirare calci ad un pallone per la sua squadra e che così si è inventato di aver sentito sfottò fasulli per mandare tutti al diavolo.

In sostanza avete ragione voi. Voi che vi lamentate per gli straordinari non pagati, perché la mensa a scuola costa troppo, per i parcheggi dei disabili occupati da chiunque sia, per i call center che vi rompono i coglioni a qualsiasi ora, perché il TG racconta solo di fatti spiacevoli, per la scollatura di Belen, se siete donne, per le mutande Yamamay di CR7, se siete uomini, che tra parentesi se solo le mutande si mettessero in testa potrebbero almeno proteggere quei pochi neuroni funzionanti che vi sono rimasti.

E ancora: Renzi è un pirla, Salvini non ne parliamo, Di Maio chi? E a votare cosa ci vado a fare? Che spreco di tempo, meglio gettarsi con le chiappe in acqua già a maggio, in una delle vostre case al mare che vi ha regalato il papy per i 21 anni e di cui, ovviamente, IMU pari a zero. Che poi cosa sarà mai un 730? Bah, numeri a caso.

Tra l’altro in tutto ciò, mentre scrivo questo post delirante, in tv passa Vasco Rossi e la sua nuova canzone. Ma io dico: Vasco Rossi, che nella sua vita Spericolata ha fatto più danni che la grandine, non potrebbe quanto meno andare lasciare spazio a Benji & Fede, Shade & Co? Con tutto il rispetto per Benji & Fede e Shade, sia chiaro.

Prego, fate pure: continuate a lamentarvi dell’immondizia che trovate ogni volta che scendete le scale di casa vostra, ma la raccolta differenziata non sia mai, troppo sbatti.

E con questo chiudo perché in fondo penso che la futilità degli imbecilli sia un enorme parassita che la società non riesca ancora, oggi, alla soglia del 2020, a scrollarsi di dosso. E so che se qualcuno di voi, IMBECILLI, dovesse per caso leggere queste righe potrebbe non capire nulla, allora oltre il tattoo NO TO RACISM vi dò un altro consiglio: mangiatevi un bel casco di banane, contengono potassio, aiuta la riduzione dei crampi. Anche al cervello. E ne vado tanti inceppati.

Ps. Caro Balotelli, confesso di non aver mai avuto chissà quale simpatia per lei, forse perché non ho mai apprezzato i famosi “Ha talento ma non si applica”. Oggi però, mentre mi spaccavo il culo a lavoro, o meglio nella pausa pranzo che ha spezzato la mia giornata di circa 10 ore lavorative, mi è caduto l’occhio su una sua storia Instagram in cui diceva, fra le altre cose, “Quando Mario faceva e vi garantisco farà ancora goal per l’Italia vi sta bene vero?”. Ecco. A me Mario sta sempre bene, è un uomo, un padre, che merita il massimo rispetto e che forse, per chi la conosce meglio, merita anche altro. Ma da quando è tornato al Brescia punto anche su Balotelli perché sì, l’Italia ha bisogno di lei, e la maglia azzurra le calza a pennello. Non è mai troppo tardi per sognare, né per farci sognare.

Pps. Sua figlia Pia è stupenda 💜

il signore degli anelli

Il Signore degli Anelli, mezzo secolo, cinquant’anni tondi tondi: buon compleanno Jury Chechi.

La tua storia parte da quel fisico magrolino, da un approccio in palestra nato per seguire una sorella maggiore, passa per il corpo libero che troppo libero, poi, da un giorno all’altro, dopo la rottura di un tendine d’Achille ad un mese dalle Olimpiadi (Barcellona 1992), non lo è più stato, le ali si incastrano in un cassetto privo di luce e da uno squarcio di cielo si finisce in prigione. Una prigione immensa, buia, lontana da tutti i tuoi sogni.

Ma se dentro di te hai il talento e l’animo di un campione vero e non di ometto qualunque, allora tutto cambia e dalle disgrazie trovi le opportunità che ti cambiano la vita. E così decidi di aggrapparti con tutte le tue forze ad un paio di anelli perché basta la testa immersa in damigiane di umiltà, a quel punto tocca ai piedi staccarsi da quel terreno che pare un ancora di piombo. Ci sono metalli più preziosi da collezionare, ci sono sogni d’oro che al risveglio, di puro oro, hanno dipinto anche la realtà.

Il mondiale di Birmingham 1993, di oro, vale quello mondiale, l’Olimpiade di Atlante 1996 permette il ricongiungimento perfetto tra le utopie di un bambino con i capelli rossi ed un destino beffardo rivelatosi, in realtà, bacchetta magica.

Ma i campioni sono campioni quando prima di diventarlo sono uomini e quando restano uomini anche se le luci della ribalta si spengono ed il sipario cala, cala come un tramonto di cui non si dimenticano i colori ma che ad un tratto, in un orario non ben definito, lascia posto alla notte. La pazienza dell’attesa, la determinazione nel cercare una nuova luce, la promessa ad un padre che vale un nuovo anno di sacrifici ed un’alba che fa rima con bronzo ad Atene 2004 dal valore inestimabile, riportano l’uomo, quell’uomo, Juri Chechi, sul gradino di un podio alto, più o meno, quanto l’Everest.

Ecco perché mezzo secolo de “Il Signore degli Anelli” è il racconto di anelli di una catena spezzata dalla determinazione di un ragazzino che ha saputo prendersi la sua libertà giganteggiando in tutto il mondo con i suoi centosessanta centimetri.

Posso considerarmi un uomo fortunato per ciò che è accaduto. A posteriori cambierei alcune cose, ma ho fatto sempre il massimo per raggiungere i miei obiettivi e quindi non ho rimpianti” (Vanityfair.it).

Le mani, come diamanti, attaccate ad anelli che non trovano banali posti tra le dita ma tra le nuvole, e noi, privilegiati, ad ammirare tanta bellezza e quel tricolore, poche volte così in alto, poche volte così prezioso.

Buon compleanno mito, buon compleanno Jury Chechi. 

 

 

claudio marchisioDicono che il principe azzurro non esista più e forse hanno anche ragione, i galantuomini sono di un’altra epoca, le buone maniere lasciano il tempo che trovano, ma se ti guardi indietro ed incroci quegli occhi ghiaccio di Claudio Marchisio, allora sai che il principino è d’altri tempi.

E proprio quel principino così, in una tiepida mattinata torinese, dice addio al mondo del calcio e lo fa a casa sua, all’Allianz Stadium, su quel prato verde che arrossisce ricordando l’eleganza delle sue giocate.

Ieri, caro Claudio Marchisio, è stato il tuo giorno, un giorno qualunque, senza luci della ribalta, senza eventi particolarmente folcloristici, un giorno che, nella discrezione più totale, ti sei preso fino a farlo diventare il tuo giorno. Nessun giro di campo, la tua famiglia e qualche addetto ai lavori intorno, non un pubblico emozionante a farti da cornice e non mille bandiere lì, pronte a sventolare. Fondamentalmente c’eri solo tu e il tuo sogno.

Ho perso il conto della volte in cui tu abbia ripetuto questa parola nell’arco di un video di pochi minuti che solo oggi ho voluto guardare, incredula, commossa. A 33 anni si potrebbe avere anche della rabbia per una carriera, splendida, che in realtà non è terminata con il giusto commiato né tantomeno con un trofeo sotto il braccio, a 33 anni, nonostante gli anni più floridi dovrebbero essere già alle spalle, si avrebbe ancora molto da dare a quel mondo, a quel pallone che rotola, su quel campo che è sempre stato casa.

Ed invece, la consapevolezza che il fisico non sia più in grado di giocare ai livelli a cui hai sempre meritato di stare, ha prevalso sulla mente, ed il cuore, come tu stesso hai detto, ha avuto la meglio su tutto il resto. Ci sarebbero potuti essere altri soldi, altre maglie, nuove soddisfazioni, altri traguardi, ed invece, basta così. Nel silenzio di un giovedì di ottobre, basta così.

Avresti meritato applausi a scena aperta per tutto quello che hai fatto, per tutto quello che sei stato, un esempio in primis, un centrocampista da urlo, un uomo di una grandezza immensa.

E allora, caro Claudio Marchisio, ci hanno pensato i social a rammentare un gigantesco album di ricordi, frutto di una carriera ineccepibile, frutto di un carattere tanto determinato quanto buono, mix giusto per quella fiaba bianconera.

Messaggi Social, un’ondata d’affetto

Il tuo sogno. Un lungo cammino, una splendida storia. Ed è stato bellissimo viverla insieme. – Juventus FC

Amico mio, il prossimo capitolo sarà ancora più bello. Grazie di tutto! – Dybala

Tanti anni insieme, dentro e fuori dal campo. Tante gioie e qualche sofferenza vissute fianco a fianco ci hanno fatto diventare grandi e tu con questa maglia sei stato un grande sin da piccolo. Un piacere aver giocato accanto a Te, Principino. Ora goditi questa nuova vita e tutte le avventure e le esperienze che ti riserverà. In bocca al lupo». – Bonucci 

Un percorso senza ostacoli probabilmente non porterebbe da nessuna parte, Buona strada Claudio!». – Buffon

Grazie per quello che hai dato al calcio, grazie per quello che hai dato alla Juventus ed alla nazionale italiana. Il tuo immenso talento, la tua eleganza e la tua educazione ti hanno fatto diventare un grandissimo campione nel rettangolo da gioco,sono sicuro che con queste grandi qualità non farai fatica a realizzare i tuoi nuovi grandi obiettivi. – Perin

Una maglia prestigiosa e leggendaria, ma anche impegnativa e tu Claudio hai insegnato a tutti noi come indossarla, con generosità e responsabilità. Grazie di tutto Cla. – Pjanic

È stato bello veder crescere quel bambino e condividere con lui un bel pezzo di strada, con la maglia della nostra vita. In bocca al lupo per il tuo futuro Claudio! – Del Piero

Siamo orgogliosi e felici di averti visto indossare la nostra maglia; in bocca al lupo per il futuro – Fc Empoli

Sono sicuro che qualunque sogno tirerai fuori dal cassetto, saprai metterci la classe e la passione di sempre.Giovinazzi

Mi è piaciuto vederti giocare, ma ancor di più competere contro di te. Oggi il calcio è un po’ meno calcio. Grazie di cuore per tuttoIniesta

…Chissà se tutto questo lo avevo previsto anche quando dalla provincia di Torino sognavi solo di poter giocare con la tua squadra del cuore.

Grazie di tutto, Claudio Marchisio, principino d’altri tempi, giocatore, centrocampista, uomo UNICO.

Quando Alessandro Del Piero lasciò la Vecchia Signora disse: “Non voglio che venga ritirata la maglia numero 10 della Juventus affinché i bambini possano sognare di indossarla”, allora sono certa che in tanti, ma proprio in tanti, nei più sperduti campi del mondo, sognano la maglia bianconera numero otto perché l’ha indossata Claudio Marchisio.