Da piccola era la cerimonia in cui speravo avvenisse la consacrazione di uno juventino, quasi a cementificare una fede già tanto solida di per sé, da piccola ho sperato per diverso tempo che Alessandro Del Piero, il mio idolo di sempre, potesse sollevare al cielo quel trofeo tanto quanto la Champions League e l’Intercontinentale dello stesso anno, come simbolo di un percorso straordinario che potesse trovare luci e lumi in un mondo troppo complesso e distante da Torino, ma magico ai miei occhi e non solo, oggi, 3 dicembre 2018, tutto ciò in cui spero è che l’ennesima favola calcistica possa congiungersi con il più bello dei lieti fine.
Questa sera intorno alle ore 21 sul palcoscenico di Parigi salirà il vincitore del 63° Pallone d’Oro.
Negli ultimi dieci anni non abbiamo fatto altro che vedere quei due pischelli di Lionel Messi e Cristiano Ronaldo giocarsela a colpi fioretto, sciabola e spada, prevalendo l’uno sull’altro come se fossetta più naturale delle ovvietà, ma se è vero che tutte le cose hanno una fine (non loro e non certo il loro talento), è vero anche che ad un certo punto, in un modo o nell’altro, bisogna voltare pagina. E bisogna saper affidare la penna e l’inchiostro a chi, di fronte ad un foglio bianco, riesce a non farsi risucchiare dall’ansia di non saper trovare le parole giuste per lasciare un segno indelebile.
Non ho nulla contro Mbappé e Varane, sarei folle, ma se è vero che qualche favola ha ancora ragione d’esistere e di racchiudersi intorno al più classico dei finali, è vero anche che il principe azzurro non arriva necessariamente sul cavallo bianco, impettito e corredato di dettagli sferzanti e di luccichii che strabiliano. Il principe azzurro sa anche essere normale, conosce il sacrificio, non raggiunge i centonovanta centimetri d’altezza, ha i denti sporgenti, un passato difficile, un fisico gracile, un sacco di cicatrici nell’anima, non è fatto di perfezione in ogni respiro, ma il respiro sa togliertelo e rendere perfetto tutto ciò che ci sta attorno. E come te lo toglie lui, con quella visione di gioco, quel tocco morbido, quell’eleganza, quel grado di responsabilità, quella freddezza dal dischetto e non solo, quel senso della posizione,…, oggi in pochi sanno farlo.
Date il Pallone d’Oro a Luka Modric, dateglielo perché a volte bisogna guardare oltre e bisogna capire che le ricompensano necessitano di elogi prelibati, dateglielo perché credere in un sogno scappando dalla guerra quando hai solo 7 anni ed il tuo unico pensiero dovrebbero essere le corse in giardino, merita un premio encomiabile, così come lo meritano quei prestiti in paesi e società difficili, dove bisognava scappare dalle botte ancor prima che saper giocare a calcio, quel crederci nonostante tutto, quel trasloco a Madrid fatto in prima persona in una villa modesta, nonostante tutto. Date il Pallone d’Oro a Modric perché suo nonno, Luka Modric, possa sorridere da lassù e sapere che non tutto è stato vano, dateglielo perché fu già un errore non darlo a Xavi ed Iniesta e Luka, per modo di giocare, è il più vicino ad entrambe, dateglielo perché il condottiero numero uno di una Croazia che ci ha preso per mano e ci ha fatto sognare in un’estate difficile, lo merita sopra ogni cosa. Per tutti questi motivi e per tutto ciò che ha vinto trascinando il Real Madrid a farlo, Luka Modric merita il Pallone d’Oro. Dopo dieci anni posarlo in mani nuove segnate dall’esperienza e dal dolore prima ancora che dalla gioia, è il posto più sicuro in cui questo pallone possa stare, accarezzato e coccolato come solo un adulto che non ha mai perso la speranza di bambino, sa fare.
Date il pallone d’Oro a Luka Modric e sappiate che per uno così non sarà mai abbastanza…
…in fondo a questa nuova pagina bianca, un “E vissero felici e contenti” non stona affatto.
“In un momento così speciale – ha esordito Modric premiato come migliore giocatore dell’anno e miglior giocatore del Mondiale – vorrei fare una dedica e ringraziare il mio idolo, il capitano della Croazia del 1998 che arrivò terza al Mondiale. Quella squadra ci ha regalato una speranza, ci ha fatto capire che avremmo potuto fare qualcosa di grande in Russia. Spero che anche questa Croazia possa rappresentare un esempio per le generazioni future. Questo premio dimostra che ognuno può diventare il migliore grazie al lavoro, alla fede e al sacrificio. Tutti i sogni possono diventare realtà“.