Dalla maturità al Quirinale: vent’anni di sogni e batticuore Olimpico
Ho un gruppo su whatsapp che si chiama 5ªB. È la mia 5ªB di tanti anni fa. Quanti? Venti, vent’anni fa. Sbam.
Questa mattina Andrea ha scritto: “Ragazzi, 20 anni fa preparavamo la maturità, ve lo ricordate?”, “Che Ansia” la mia prima risposta.
Ero una ragazzina, mannaggia, piena di sogni e belle speranze, avevo tante idee in testa e mai una giusta, avevo sempre qualche parola di troppo, uno scherzo da combinare a qualcuno, un’allergia al diritto (anche se poi i miei diritti me li sono sempre presi tutti), ed un gelato tra le mani, mentre andavo di corsa, sempre di corsa e chissà dove. Avevo tanti dubbi ed altrettante domande senza risposta, ma una cosa la sapevo, e l’ho sempre saputa: avrei fatto la giornalista. A qualunque costo. Per me quella maturità era solo un rito di passaggio da togliermi dalle scatole quanto prima, non me la sono goduta affatto, io pensavo all’università, al test di Scienze della Comunicazione, a tutto quello che sarebbe stato poi, a voler diventare grande. L’ho sempre avuto questo difetto, guardare oltre senza godermi a fondo il momento…devo dire che vent’anni dopo qualcosa l’ho imparata. Ma sono fatta così: mi basta una finestrella per andare alla ricerca di nuovi orizzonti, per vedere le mie ambizioni disegnare in cielo voli pindarici, per colorare con toni accesi anche le figure più astratte della mia anima.
Vent’anni fa, dicevo, era tutta un’altra storia ma anche in questo doppio decennio, di storia, ne ho scritta un’altra bellissima, ed è la mia. Lo so che le storie si dovrebbero raccontare dall’inizio ma io voglio partire dalla fine, da oggi. Prometto commenti non troppo smielati ed un milione e mezzo di lacrime circa, almeno finché sono riuscita a contarle.
“Accredito?”, “Mariella Lamonica”, prego signorina si accomodi. Di fronte a me il Quirinale, alle mie spalle, senza quasi saperlo, mi stavo lasciando 20 anni di sacrifici e passione. I passi in maniera inversamente proporzionale ai battiti del mio cuore, andavano lenti, pronti ad assecondare la mia voglia di gustarmi tutto. A pieni polmoni e testa alta ho attraversato i vialetti, raccolto i saluti composti delle guardie, annusato i particolari, mi sono accomodata nei posti riservati alla stampa e ho provato a farmi largo in un vortice di emozioni che sono riuscita a tenere a bada solo per i primi 25 secondi netti, poi mi hanno travolto ed ho lasciato loro il pieno comando dei miei sorrisi, dei miei sguardi e della mia pelle.
A pochi passi dalla squadra Olimpica prossima a partire per Parigi, a pochi passi dalle parole del Presidente Malagò e del Ministro Abodi, vicina, vicinissima, al discorso encomiabile del Presidente Pancalli, rivestita ed investita dalle parole di Arianna Errigo, Gianmarco Tamberi, Luca Mazzone ed Ambra Sabatini, dentro, totalmente dentro, le parole del Presidente Sergio Mattarella che ancora una volta ha dimostrato d’essere innanzitutto un uomo d’altri tempi dall’inestimabile spessore umano, e che poi, ha quasi scherzato con la sua carica per mettersi al pari di un “tifoso elegante”, ma appassionato, mai sazio e mai domo di fronte alle storie azzurre.
“Mi auguro che possiate tornare con un bus pieno zeppo di atleti medagliati ma se così non dovesse essere non toglierà nulla ai vostri percorsi, sono certo che darete il meglio di voi stessi e ci renderete orgogliosi di voi“.
“Ho commesso un’infrazione alla prassi di protocollo del Quirinale tornando per la seconda serata consecutiva allo Stadio Olimpico per assistere agli Europei di atletica leggera. E ora posso dire che ne è valsa la pena“.
Ha ragione Presidente, ne è valsa la pena. Ne è valsa la pena di scrivere una storia così, come la mia, arzigogolata, stancante, incompresa ai più, fatta di sacrifici e passione, parole chiave in un percorso che ha preso la direzione dei sogni e non è più tornato indietro. La giornata di oggi me la porterò dentro e addosso per sempre. Ma la cosa più bella è che tutto ciò non è nemmeno la fine di questa storia che dura da vent’anni, ogni traguardo sarà sempre e solo l’inizio.
Ho creduto ad un sogno, ho dato retta a quella bambina sbarazzina con gli occhiali ed i capelli ricci che ho dentro, e ho fatto bene. I sogni a volte, diventano realtà.
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