Ivan Zaytsev, storie di bandiere ammainate senza vento
C’è una lunga storia che racconta come nel calcio, nel volley e nello sport in generale, le bandiere non esistano più ed a questo concetto ci si aggrappa col pensiero fisso che il rispetto e la passione siano in disuso. Ma accanto a questa storia ce n’è un’altra che vive in penombra, che di rado si prende le copertine e che milita in un’orbita in cui gli Ivan Zaytsev di turno siano merce quasi troppo rara da dover riservar loro un paio di guanti ad hoc.
Eppure…varrebbe la pena, talvolta, non lasciar cadere i discorsi e non darli troppo per scontati, perchè c’è storia e storia, ci sono bandiere e bandiere. Quattordici anni ed oltre 250 partite sono i numeri da wikipedia e statistiche che valgono menzioni negli annali storici dello sport italiano e restano indiscussi.
Ma io che, povera illusa, continuo a credere che lo sport non sia solo numeri, mi chiedo anche perchè l’epilogo di certe storie non prenda mai o quasi mai la forma che auspicherebbe verso un dorato punto fermo (e a capo). Perchè non è questione di lieto fine, le favole non sempre ce l’hanno e questo non cancella il percorso fatto, ma è questione di fine degna, meritata, ovattata in una dimensione di pace. E fortemente umana, giusta.
In merito alla non convocazione di Ivan Zaytsev per il prossimo mondiale di volley, vorrei mettere sul banco tutto tranne che le questioni tecniche. Il CT Ferdinando De Giorgio ha preso una decisone che quanto a logica non fa un piega, imprescindibile, ragionata e forse anche onesta. Ma è qui che subentra l’inconscio, ed è qui che i modi fanno la differenza. La maggior parte delle persone che non sposano questa decisione (e ad onor del vero ne conto anche una buona parte in pieno accordo con De Giorgi), si aggrappa a quei mille km fatti solo per sentirsi dire un “Sei fuori”. Occhi negli occhi. Da uomo a uomo. Nudo e crudo ma con un certo senso di responsabilità che non biasimo.
Quello che più discuto sta nel far vivere una Nations League da comparsa, senza una dovuta, elegante e, a mio modo di vedere, giusta passerella. Perchè la non convocazione di Ivan Zaytsev ai Mondiali 2022 è la chiusura di un cerchio. È un riporre la maglia azzurra nel cassetto e sapere che quei colori non saranno più casa tua, la tua corazza, il tuo vanto. È una bandiera ammainata senza vento. E l’abbraccio dal vivo di un popolo per cui hai dato tutto, sarebbe stato così stretto da sciogliere ogni amarezza, forse anche quella di un’ultima mancata convocazione ad un mondiale.
Dal 2008 ad oggi. Con quei tre ace in semifinale olimpica che ancora mi rimbombano negli occhi e che fanno vacillare le pareti del mio cuore (e di casa) e che pochi giorni dopo avrebbero meritato qualcosa di più di un vestito d’argento.
Per l’addio non sono pronta, e allora arrivederci Zar e grazie per ogni singola emozione. Sai il bello dello sport è che riesce sempre a sorprenderci, nel bene e nel male. Chissà che l’utopistica Parigi 2024 non abbia in serbo un asso nella manica, magari un touch visto al review, o un insperato ace di un paio di millimetri.
foto Ivan Zaytsev – fratellanza olimpica
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