Memento audere semper: io, il mio sogno, i The Jackal e Juve – Inter
“Mangiati le bolle di sapone intorno al mondo e quando dormo taglia bene l’aquilone,
Togli la ragione e lasciami sognare, lasciami sognare in pace…“
Posso partire da qui? Dalle bolle di sapone? Dal luccichio che nascondono, dalla magia che abbracciano, dalla leggerezza che mettono nel serbatoio per poter volare in alto. Chissà quante volte, da piccolina, ho soffiato troppo forte e lo ho viste scoppiare sul nascere, riempiendomi le dita di sapone, sentendone un profumo che non poteva bastare per gli occhioni grandi di una bimba troppo testona e curiosa che quelle bolle voleva trasformarle in ali per se stessa per farsi trascinare lontano.
Se penso alla mia ultima settimana mi sento così leggera e al tempo stesso piena da non saper da che parte iniziare per raccontarla.
Partiamo dalla leggerezza allora, partiamo dal saper prendere le cose così come vengono, senza troppe aspettative, e senza la paura di uno di quei no che sa tanto di portone sbattuto in faccia e bernoccolo sulla fronte. L’ho affrontata così questa impresa, imponendomi solo due regole: la prima era quella del “Senza rimpianti”.
I tag su IG, quelli belli
Quando la mia amica Gaia, interista sfegatata, mi ha taggato nel post dei The Jackal “Commenta con noi la finale di Coppa Italia Juve – ,aInter“, era un po’ uno sfottò tra amiche tifose di due squadre diverse, della serie “Se andassimo noi sarebbe la fine”. Ma quando mi sono soffermata su quell’asta benefica, sulla possibilità di aggiudicarsi una maglia e devolvere tutto in beneficenza, per poi ritrovarsi su una poltrona vip dell’Olimpico di Roma e sul divano di casa Ebay accanto ai The Jackal, ho pensato che più che uno sfottò, potesse essere un bel mix di occasioni. Tante occasioni bellissime, in una botta sola. Ci ho pensato due notti e poi, appunto, ho applicato la prima regola: senza rimpianti.
Memento audere semper: fase uno
Ho lanciato una campagna crowdfunding, ho contattato non so quante persone in tre giorni (grazie grazie grazieeeeeee!), gli ho spiegato la finalità benefica ancor prima del mio sogno, ed ho provato a far capire loro che è sempre il momento giusto per un gesto nobile (questo me lo hai insegnato tu papy). L’asta ha avuto due vincitori, Ezio, l’interista palermitano mio compagno di avventura, e me. Alle ore 18 di domenica scorsa ho chiamato mia mamma, mia zia e mio zio per poter urlare la mia felicità. Mi avesse risposto qualcuno…
…ho virato su mia cugina: “Ho vinto, ho vinto iooooo” e almeno lei la soddisfazione di saper schiacciare il pulsante verde sullo smartphone me l’ha data. E poi ho scritto su Facebook, su Instagram, sulla mia campagna crowfunding, sullo stato di whatsapp mai utilizzato fino a quel momento, su mille conversazioni a caso per ribadire a chi stava dall’altra parte la mia mattaggine, poche illusioni, mi conoscono da tempo, la conoscevano già. Il tutto, chiaramente, nella più classica domenica lavorativa, tra partite commentate, interviste e redazione. Ma questo non ditelo al mio capo.
Memento audere semper: fase “The Jackal sto arrivando”
Vi tralascio i preparativi: chiama Livia l’amica romana sempre pronta ad ospitarti, prenota il treno, recupera la valigia, decidi cosa mettere in valigia, ed ovviamente fai la valigia a mezz’ora dalla partenza (must immancabile di ogni mio viaggio), prova a dormire di notte, non dimenticarti di mangiare, e poi lavora, lavora, lavora, che la vita da freelance è una corsa continua tra scadenze, giornate sempre troppo corte, un telefono acceso h24, arrampicate a mani nude su montagne di problem solving (esistono le lauree ad honorem per questo?) ed acuti attacchi di “Mannaggia a me e a chi me lo ha fatto fare” salvo poi “Dio benedica la mia indipendenza”.
Alla luce di tutto ciò: “It’s coming Rome”. Per alzare l’adrenalina, in una giornata da 152°, percepiti 157° sul campo, mettiamoci subito una mezz’ora di ritardo del treno. Muoversi nella capitale soprattutto in mercoledì particolarmente sportivi tra Coppa Italia ed Internazionali di Tennis, ve lo lascio immaginare. A casa di Livia nemmeno il tempo di abbracciarci è stato subito un trucco e parrucco e zaino e prenota il taxi e “Fammi un caffè ti prego”.
Ta daaaaa, lo stadio Olimpico
Giunta allo stadio con 45 minuti di anticipo (sì, per la prima volta in vita mia sono arrivata in anticipo), i primi (e unici) applausi li ho ricevuti dal mio contapassi che alle 18.07 aveva già sforato i 10 mila passi. Varcati i primi cancelli dell’ingresso gladiatori, mai nome fu più azzeccato, ho applicato la seconda regola: essere me stessa. Ringrazio tutti quelli che avevano dispensato perle di saggezza sul “Fai così, fidati”, fidatevi voi, per una volta, sapevo esattamente cosa dover fare, tradotto, nulla. Essere me stessa è bastato e avanzato.
Ho salito quelle scale al ritmo del mio cuore che ha poi toccato gli 8 mila battiti al minuto quando mi sono affacciata dalla tribuna vip su quel rettangolo verde. Occhi a cuore e pace dei sensi.
Dalla poltrona vip al divano dei The Jackal, il salotto era completo. Ecco perchè alla domanda di Fru: “Come ti senti quando hai lo stadio sulla sinistra e la tv di fronte e sei costretta a guardare la partita lì?”La risposta non poteva che essere una sola: “A casa, come se fossi a casa”. Non ho mentito. Ero lì, su quel divano, con indosso la maglietta di capitan Chiellini, con un sorriso che raccontava già molto e con gli occhi che facevano il resto. Al posto giusto, al momento giusto, più di un tapin vincente di David Trezeguet ai tempi d’oro.
Mary seven felice, grazie The Jackal
Quello che è successo in quei lunghissimi novanta minuti, divenuti centoventi, sconfitta della Juve annessa (😢😡) lo trovate qui. Tutto il resto, le emozioni, le sensazioni, i brividi, invece, li trovate qui 💙 È la cassaforte senza combinazione, una volta entrati, è impossibile uscirne.
Leggera e piena. Ecco come si spiega.
Il segreto per far volare le bolle di sapone sta in un fil di fiato.
“Libero com’ero stato ieri ho dei centimetri di cielo sotto ai piedi
Adesso tiro la maniglia della porta e vado fuori“
ps. Il più bel messaggio ricevuto: “Grazie per l’insegnamento: anche se una cosa sembra difficile o impossibile, non provarci è un delitto”. Thank you.
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