Il pezzo mai pubblicato: gli ultimi romantici del calcio
Il pezzo mai pubblicato: gli ultimi romantici del calcio.
Tra le scartoffie di un sito troppo spesso in disordine, a perfetta immagine e somiglianza della padrona, mi sono imbattuta negli articoli in bozza ed ho trovato questo, questo pezzo mai pubblicato che risale al 27 maggio 2019. Chissà perché sia rimasto lì, forse non mi convinceva a pieno. Ed invece oggi, rileggendolo, l’ho trovato più umano di tanti altri.
Ed ho deciso di pubblicarlo, così, senza cambiare una virgola, tasto invio e ci siamo, è online.
Barzagli, De Rossi, Pellissier, ma anche Abate e Moretti, senza dimenticare (guai a chi lo facesse), Fabio Quagliarella. I romantici del calcio che ieri, in un modo o nell’altro, hanno lasciato il segno e chiuso il sipario su una parentesi di passione viscerale, di un amore indescrivibile e vicendevole, con quel dare avere reciproco che fa quadrare i bilanci di un’intera carriera. Che poi i numeri qua non c’entrano nulla, farebbero girare la testa solo mettendo in fila le carte di identità di questi ragazzotti ancora pieni di entusiasmo ma consapevoli del tempo che scorre, delle strade che talvolta si dividono, delle scelte che non sempre si azzeccano e delle incomprensioni che a volte si creano.
Più che nelle giocate e nelle parole di ognuno di loro, è negli sguardi commossi e grati dinanzi ad un pubblico in delirio e talvolta incredulo, che si è nascosto il segreto di chi questo maledetto calcio lo ha amato e rispettato più di se stesso. Provate a chiedere a Quagliarella il valore di quelle ventisei reti se è mai lontanamente paragonabile all’abbraccio caloroso di una curva che espone “Grazie capitano, la sud ti rende omaggio“. “Era a caratteri cubitali, ce lo avrò negli occhi per tutta la vita, grazie”.
Ah, questi benedetti ultimi romantici del calcio.
Poi c’è Danielino De Rossi. E per lui, per la sua immensità, vorrei che la sua “storiella” d’amore giallorossa la raccontasse questa lettera.
“È difficile spiega’ er significato
de na vena giallo rossa che ha pulsato
fino all’ultimo, ogni volta con orgoglio
tra vittorie, grandi gesta e qualche sbaglio.
Me ricordo quanno ancora regazzino
dominavi er centrocampo senza affanni,
co’ la grinta che t’ha reso in tutti st’anni
na sequoia sovrastante ner giardino.
Co’ carisma e classe hai fatto innammora’
tutte ste anime della romanità,
che han riflesso dentro l’occhi quel gueriero
pronto a dà battaglia all’universo intero,
co’ la maglia come na seconda pelle
tatuata tra ferite e storie belle.
C’hai portato in cima ar monno co’ veemenza
co’ quer bolide tra rabbia ed incoscienza,
la colonna tua è rimasta lì ner tempio
dei più grandi, da ammirare pe’ l’esempio.
T’ha invidiato mezza europa bello mio
ma nun je l’hai fatta mai a dicce addio,
sei affondato co’ la barca a testa alta
co’ la voja de portacce alla ribalta.
Darci solo na carriera è il tuo rimpianto?
È st’orgoglio trasparente il nostro vanto, qualche coppa poi sfumata po’ fa male
ma alla fine quel che resta è il sentimento
de st’amore immenso non tanto normale,
che ce sradica gli affanni ed il tormento.
E così finisce pure n’artra era
qualche lacrima accompagnera’ la sera,
la tua fedeltà c’ha reso tanto fieri
ora è tempo de lascia’ da parte l’ieri.
Senza mai dimentica’ quel volto puro
de sto capitano eterno, non futuroӏ .
Pelle d’oca.
Anche diciassette stagioni con la stessa maglia non sono tanto un gioco da ragazzi. “Racconterò a mio figlio del numero 31“, hanno scritto su quegli spalti, così gremiti di tifosi che, quando proprio quel numero trentuno è comparso sulla lavagnetta luminosa, li ha visti alzarsi in piedi alla ricerca dell’osannazione perfetta per colui che non sarebbe potuto essere più perfetto di così, in un matrimonio in cui il per sempre resiste persino alle lusinghe delle più affascinanti ed avvenenti tentazioni. “L’affetto dei tifosi è straordinario. Questo per me doveva essere il giorno più brutto ma loro l’hanno saputo trasformare nel più bello, nonostante la retrocessione”. Già perché il Chievo Verona ripartirà dalla serie B, mentre Sergione Pellissier è già pronto, con il ruolo di ds, a riportare di nuovo il suo Chievo nell’olimpo della serie A.
E poi c’è Barzaglione. Sono bastati quattro spicci per portare a casa un campione del mondo, un uomo vero, risoluto, determinato. Al minuto 61 di Juventus – Atalanta della scorsa domenica, l’abbraccio tra il pilastro difensivo bianconero capace di vincere 8 scudetti di fila e l’uomo che per 5 volte consecutive ha condotto la squadra ad alzare il trofeo italiano per eccellenza, ha lasciato che vacillassero anche i cuori più probanti e, prima dei titoli di coda su un’era conclusasi che non avrà eguali, ha lasciato scorrere le lacrime di due grandi guerrieri rivelatisi nel tempo uomini d’onore, mai così vicini come in quell’abbraccio.
Come neve al sole: dismessa la corazza, è così che mi sento dinanzi agli ultimi romantici del calcio.
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