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Sca-ra-boc-chian-do dal web…buongiorno così!

Una dolce poesia, una citazione romantica, un evento strampalato, una storia strappalacrime, un racconto da ridere a crepapelle, una cazzata, una frase senza senso, uno spunto di riflessione, un’amara verità o una sacrosanta verità: cosa hanno catturato i miei occhi oggi sul web?

Non leggevo questa poesia da non so quanto tempo, mi ha capito di farlo ieri, per puro caso ed ho pensato che potesse essere un bel modo per augurare il buongiorno. Vale di più però: la profondità d questo messaggio è un appiglio nei momenti in cui è più vicino il fondo che la luce, ma anche un promemoria per ricordare dove siamo stati, magari fino a poco tempo fa, e dove ci ritroviamo oggi.

Abbiate il coraggio di camminare a testa alta e di essere Uomini e Donne.

Se, Lettera al figlio
Se riesci a mantenere la calma quando tutti intorno a te la stan perdendo e te ne attribuiscono la colpa, se sai aver fiducia in te stesso quando tutti dubitano di te ed essere indulgente verso chi ti dubita;
se sai aspettare e non stancartene, e mantenerti retto se la calunnia ti circonda e non odiare se sei odiato, senza tuttavia apparire troppo buono né parlare troppo da saggio; se sai sognare senza abbandonarti ai sogni; se riesci a pensare senza perderti nei pensieri, se sai affrontare il Successo e la Sconfitta e trattare questi due impostori nello stesso modo; se riesci a sopportare di sentire la verità che tu hai detto distorta da imbroglioni che ne fanno una trappola per gli ingenui; se sai guardare le cose, per le quali hai dato la vita, distrutte e riesci a resistere ed a ricostruirle con strumenti logori; se sai fare un fascio di tutte le tue fortune e giocarlo in un colpo solo a testa e croce e sai perdere e ricominciare da capo senza mai lasciarti sfuggire una parola su quello che hai perso; se sai costringere il tuo cuore, i tuoi nervi, i tuoi muscoli a sorreggerti anche quando sono esausti, e così resistere finchè non vi sia altro in te oltreché la volontà che dice loro: “Resistete!”; se riesci a parlare con i disonesti senza perdere la tua onestà, o ad avvicinare i potenti senza perdere il tuo normale atteggiamento, se nè i nemici né gli amici troppo premurosi possono ferirti, se per te ogni persona conta, ma nessuno troppo; se riesci a riempire l’inesorabile minuto dando valore ad ogni istante che passa: il mondo e tutto ciò che è in esso sarà tuo, e, quel che conta di più, tu sarai un Uomo, figlio mio!

– Rudyard Kipling –

 

 

 

 

Settordicimila domande e nessuno che chiede più: “Sei felice?”

Già, è proprio così: settordicimila domande e nessuno che ti chiede più se sei felice.
Pochi giorni fa mi sono imbattuta in un pezzo sul web che parlava proprio di questo, di richieste, di frasi abitudinarie, di etichette e di superficialità. Null’altro che sconfinasse in qualcosa di più profondo, qualcosa di reale oltre il materiale, o che si avvicinasse vagamente al concetto di felicità.

Ogni giorno viviamo in una società che ci tartassa di domande nelle circostanze più svariate. La quotidianità ci porta ad imbatterci nella consuetudine, nell’ovvietà, nella catalogazione di persone che, più o meno volontariamente, etichettiamo a seconda del lavoro che svolgono o dei loro rapporti sentimentali.

A partire dalla conoscenza di due persone che nasce inevitabilmente con un “Mi chiamo Giulia e tu?” si prosegue con il quiz che conduce a delineare il profilo esatto di una persona. Studio, lavoro, amici, casa, auto, sei sposato, hai figli, dove vai in vacanza, quanto costa la tua borsa, ti piace Ligabue, preferisci questo o quello e bla bla bla…ma nessuno più che osa porti l’unica domanda che conti davvero: sei felice?

L’apoteosi dell’assurdità è che ci divertiamo a creare un archivio mentale su risposte che nemmeno ascoltiamo e su domande di cui non ci prendiamo cura trasformandole, nella maggior parte dei casi, in convenevoli adatti alla circostanza.

E poi eccola qui l’arma letale: la superficialità. Provare a scavare è vietato, approfondire è fuori moda, interessarsi una fatica immonda. Allora restiamo lì nel limbo delChiedo ma non troppo” e del “A debita distanza per non incappare in grossi rischi“. Ma passare al Metal detector con in tasca un “Sei felice?” non permette più di salire sull’aereo dell’atterraggio sicuro, quello delle quote basse e dei paesaggi scontati. Se solo ogni volta dopo un “Come stai”, un “Cosa fai di bello” o un “Ti piace il pistacchio” ci aggiungessimo un “sei felice”, ci accorgeremmo che non solo il Metal detector si tratterebbe nell’emissione di qualunque suono, ma che l’aereo di terza classe lascerebbe posto al velivolo con rotta verso l’infinito, quello dei paesaggi inesplorati, delle mete a malapena disegnate nelle nostre menti dei percorsi inesplorati. Ma non è tutto: il “Sei felice” implica impennate di buon umore, implica interesse e genera interessa, implica spunti di riflessione e dà il là a conversazioni più ampie, cestina i convenevoli, vi veste di un abito che fa luce sui sogni pieni di polvere, lustrando ambizioni ed autostima, che non guasta mai.

E così oggi quando vi troverete al bar a bere il caffè, quando vi scambierete favori con un collega, quando vostra madre vi preparerà la cena o il vostro vicino sarà alle prese con il taglio del prato, provate ad avvicinarvi e buttatelo lì un “Sei felice?”, sarà sorpresa, estasiato, incuriosito. Magari vi prenderà anche un “Che cazzo di domande fai” e verrete guardati un po’ straniti ma attendete una risposta. Non giudicatela per nessun motivo al mondo, guardate negli occhi il vostro interlocutore e, con quello sguardo fate un controllo incrociato per vedere se “tutto combacia”. Che tanto di parole possiamo dirne e raccoglierne milioni, la verità è sempre racchiusa lì.

Tutti quelli che incontri ti chiedono sempre se hai un lavoro, se sei sposato o se possiedi una casa, come se la vita fosse una specie di lista della spesa. Ma nessuno ti chiede mai se sei felice“.
– Heath Ledger

Sca-ra-boc-chian-do dal web…buongiorno così!

Una dolce poesia, una citazione romantica, un evento strampalato, una storia strappalacrime, un racconto da ridere a crepapelle, una cazzata, una frase senza senso, uno spunto di riflessione, un’amara verità o una sacrosanta verità: cosa hanno catturato i miei occhi oggi sul web?

Lentamente muore

“Lentamente muore
chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente
chi fa della televisione il suo guru.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle “i”
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore
davanti all’errore e ai sentimenti.

Lentamente muore
chi non capovolge il tavolo
quando è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l’incertezza
per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita,
di fuggire ai consigli sensati.

Lentamente muore
chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.

Muore lentamente
chi distrugge l’amor proprio,
chi non si lascia aiutare
chi passa i giorni a lamentarsi
della propria sfortuna o della pioggia incessante.

Lentamente muore
chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce
o non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore
del semplice fatto di respirare.

Soltanto l’ardente pazienza
porterà al raggiungimento di una splendida felicità.

Martha Medeiros

ps. fatela vostra questa poesia quando la ruota non gira, quando la telefonata che aspettavi non arriva, quando non c’è luce in fondo al tunnel, quando si ha a che fare con una serie incredibile di giornate di merda…ecco, soprattutto quando va tutto una merda!