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Marea rossa a Monza: Leclerc e Ferrari…che meraviglia!

Nove anni dopo Monza è un’invasione di rosso, di rosso Ferrari. Charles Leclerc, 21 anni e l’incredibile capacità di prendere per mano migliaia di tifosi e condurli là, sulla cima di un podio volando fino a mischiarsi con quel verde bianco e rosso di cui c’è traccia indelebile dove non arrivano le mani, ma arrivano gli occhi e i cuori.

Perso il conto delle palpitazioni in un weekend pressoché perfetto, basta rivedere quei filmati, consci di aver perso in diretta uno spettacolo di un’adrenalina disarmante, per riafferrare quei brividi lunghi più dell’attesa di tutto questo.

Che meraviglia rivedere pezzi di quei giri di pista, trattenere il fiato fino alla bandiera a scacchi, abbracciare virtualmente un ragazzo che si mette le mani sul casco e dice “Siete i migliori, i migliori per sempre”, che meraviglia sentirlo parlare italiano, stringersi a sé nel momento dei paragoni con un certo Schumacher, vederlo salire sul podio, festante, mentre l’Inno di Mameli risuona facendo da collante in quell’unica macchia rossa come il fuoco, come il sangue versato e mischiato a lacrime che non hanno mai fatto sì che la passione affogasse e l’amore per un cavallino affogassero senza appigli.

Charles Leclerc nel suo sguardo giovane e ammaliato, specchio di un talento cristallino, puro come l’animo gentile di un combattente che indossa la corazza solo un passo oltre quell’asfalto, ma estremamente semplice appena dietro la riga di partenza, forse non lo sa di cosa è stato capace, mentre la storia ha già confezionato l’impresa, non si può non essergli grati per averci fatto tornare ad essere vincenti, in casa nostra.

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Foto ilpost.it
calcio.nostalgia e passione (ig)

 

 

 

È il “Tricolore day”: buon compleanno bandiera italiana

Ma quel verde, bianco e rosso messi in fila a voi non sembrano un qualcosa di una bellezza acuta e sconvolgente? Non vi affascinano ogni qualvolta li vediate sventolare in alto primeggiando su tutto il resto? E non vi sembrano la più bella espressione dell’italianità quando accompagnati da quel “Siam pronti alla Morte, l’Italia chiamò” scardinano ogni puntello che regge in piedi le pareti di un cuore che, assecondando quel ritmo, finisce col cimentarsi nella più armoniosa delle danze?

Oh ragazzi, per me è adrenalina allo stato pure. E così oggi, ricordando come spesso ho fatto che ogni giorno è il “Day” di qualcuno o qualcosa, eccoci qua a commemorare il “Tricolore Day”, n tricolore che spegne la bellezza di 222 candeline.

La sua storia risale, infatti, al 7 gennaio 1797 (quanti sette in questa data) quando dalla Repubblica Cispadana venne adottato come bandiera nazionale di uno stato. Il tutto ebbe luogo in una sala del palazzo comunale di Reggio Emilia, quando in seguito agli eventi della Rivoluzione Francese, ogni popolo fu chiamato all’autodeterminazione; quella sala divenne poi la “Sala del Tricolore”. I colori comparvero qualche tempo dopo, ovvero il 7 agosto 1789, quando a Genova alcuni manifestanti si appuntarono sui vestiti una coccarda verde-bianca-rossa, da lì in poi il connubio viaggiò in prima classe fino al più famoso 17 marzo 1861 quando con la proclamazione del Regno d’Italia divenne vessillo nazionale.

Per il resto associate al tricolore qualsiasi ricordo vi passi per la testa, qualsiasi emozione vi susciti, qualsiasi fotogramma appaia tra i cimeli della vostra memoria, ma non ci provate nemmeno a dirmi che quel verde speranza, quel bianco purezza e quel rosso passione non siano capaci di pelle d’oca e scariche di botte di vita. Come la scorsa estate quando a Berlino l’Italia dettò legge nella maratona maschile degli Europei di Atletica Leggera: ma voi potete immaginare cosa significhi un gruppetto di Italia tinti d’azzurro cantare a squarciagola l’Inno di Mameli dinanzi a tedeschi ammutoliti? Se non è adrenalina questa…

E poi c’è il fumo di sogni che avvolge con la più soffice delle nuvole quell’utopia che, o prima o poi, si trasformerà in realtà. Perché non so di preciso a cosa lo associate voi ma per me il tricolore rimanda dritto dritto alle Olimpiadi e le Olimpiadi rimandano dritto dritto alla cima della lista dei miei sogni.
Tokyo 2020 è dietro l’angolo, ed io sì, son pronta alla morte per arrivare fin là giù.