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Parigi 2024

Parigi 2024, lo scrigno dei sogni ai piedi della Torre Eiffel

Quattro ore incollata alla tv, e non poteva essere diversamente, Parigi 2024 chiama, i pazzi sognatori come me, rispondono presente. L’Olimpiade è l’Olimpiade, è più del sogno con la S maiuscola, è quello che non osi pensare, è l’inimmaginabile, è un mix di roba che senti dentro e per cui non hanno ancora inventato le parole, chissà che magari quest’edizione non riesca a coniarne di nuove.

Io in Parigi 2024 ci ho sperato tanto, ci ho creduto tanto, non ho bisogno di raccontare ciò che ho fatto o non ho fatto, il tempo è galantuomo dicono, speriamo anche un po’ galantdonna, aggiungo io. Se non è successo ora è perché è giusto che sia così, ma l’Olimpiade resta l’apoteosi dei miei sogni e Los Angeles 2028 non mi pare un postaccio, rinunciare è un verbo che non m’appartiene, quel sogno lo sposto solo un po’ più in là. Detto ciò parentesi chiusa, non dirò più nulla in merito, ho solo voglia di godermi Parigi 2024. E allora, si parte.

Questa cerimonia è stata molto divisiva, ho letto veramente di tutto. Io dico la mia e parlo di un crescendo di emozioni. Idea pazzescamente originale, fatta di tanti elementi che hanno fatto da filo conduttore e per di più andata in scena per la prima volta al di fuori di uno stadio. A tratti mi è sembrata dispersiva, è vero, concordo con chi parla di atleti un po’ poco coinvolti, diciamo che se ci fosse stata una passerella finale con i portabandiera a prendersi la scena ai piedi della Torre Eiffel, forse sarebbe stato qualcosa di molto simile alla perfezione.

Resta il fatto che di cose belle ce ne sono state tante: Lady Gaga ha spaccato, poi la passerella di Bebe Vio, i quadri partiti dal prevedibile Liberté, Égalité e Fraternité, salvo poi passare da un sorarité, a sottolineare come per la prima volta ai giochi ci siano atleti e atlete equamente suddivisi, i cuori nel cielo di Parigi, ma d’altronde è pur sempre la città dell’amore, e ancora artisti e trampolieri, dj e balli scatenati, un mix di modernità e tradizione, ed un messaggio di pace con Imagine magistralmente cantata da Juliette Armanet, una ex giornalista culturale, ridisegnatasi cantautrice, capace di prendere per mano la Francia ed il mondo intero con una voce sublime, condurli in un viaggio di fiori che accarezzano la pelle e disegnano arcobaleni. Il resto lo ha fatto la Senna in notturna, splendente in quei giochi di luci e d’acqua. We stand and call for peace.

E poi il finale. Quaranta minuti di gloria mentre il cielo di Parigi 2024 non vuole smettere di commuoversi, Zidane che passa la fiamma a Nadal, un Re che questa città l’ha conquistata più volte e che forma il quartetto internazionale con Serena Williams, Carl Lewis e Nadia Comaneci, ulteriore passaggio di consegne agli atleti francesi, eccellenze assolute. Da Manadou a Lavillenie, menzione particolare al ciclista centenario Charles Coste che vinse nell’inseguimento a squadre a Londra 1948, poi la chiusura è toccata alla velocista Marie-José Pérec e al judoka Teddy Riner. Le fiamme volano in cielo, il braciere è un’immensa mongolfiera che s’innalza guidata dal vento, dai sogni, dalle speranze di tutti coloro che rivolgono uno sguardo a quel bagliore, cullati dalla divina Celine Dion: torna in scena dopo 4 anni e lo fa con la strapotere di un dono in gola ancora cristallino, a dispetto di una vita che le sta giocando da tempo un brutto scherzetto.

E poi c’è l’Italia, che dire…per me le immagini impresse sono due: i tempi scenici di un team che cerca di “nascondersi” salvo poi svelarsi in alto al richiamo della Nazione, casinisti come sempre, con i sorrisi e l’energia di Tamberi – Errigo devastanti e contagiosi, e l’immagine del Presidente Sergio Mattarella, che incurante di una pioggia copiosa, correda il suo abito di una mantellina improbabile ed attende i “suoi” ragazzi, si alza in piedi e saluta, con quel sorriso che sa di garanzia assoluta ed immensa riconoscenza. Se penso a quel “Ho disobbedito al protocollo, ho partecipato per due sere di fila agli Europei di Roma, ma vi assicuro che ne è valsa la pena“, ancora mi commuovo. Che Presidente, ragazzi!

Ora, però, viene il bello: team Italia facci divertire e qualsiasi cosa accada…INSIEME.

Il cielo è azzurro sopra Berlino, ora c’ho le prove

Non so neanche da dove iniziare, dal batticuore forse? Dai miei occhi che non riuscivano a staccarsi da ogni centimetro di quello spettacolo meraviglioso? Dall’atmosfera che mi tagliava il fiato? Dalla sensazione di panico nell’indossare l’accredito? Dall’aria così familiare, così “casa” in quel media center? Dalla puntura di una vespa (non ci siamo fatti mancare nulla)? Dal mio nuovo sport ovvero il free climbing nelle conversazioni in inglese? O forse da 8 anni fa, quando a Barcellona 2010 da quella tribuna in qualità di tifosa dicevo “un giorno sarò lì” con microfono e taccuino?
Non lo so onestamente, non lo so nemmeno io, ditemelo voi da dove iniziare. tanto il risultato non cambia, quel memento audere semper è il miglior finale per ogni mia scelta, è il mio stimolo, il mio mantra, è quel tattoo che non ho sulla pelle perché basta averlo nella mente e nel cuore.
Vai e sii felice” mi ha detto qualcuno prima di partire, ed in realtà me lo ripete ogni qualvolta io mi trovi faccia a faccia con la realtà che amo, incompresa dal resto del mondo, capita, apprezzata, coccolata da chi sa che esserlo davvero, felici, è il più bel sacrificio che si possa fare, è come essere devoti a sé stessi e ad un amore incondizionato che nessuno potrà mai darti in egual misura.
E niente, io sono felice così: nonostante la strada sia lunga ed in salita, nonostante ci sia tanto lavoro da fare, nonostante i nonostante siano davvero tanti, nonostante sia tutto un gran casino, perché in questo gran casino ho messo ordine solo sui miei sogni, e mettere ordine sui propri sogni significa scavalcare tutte le proprie paure e rincorrerli.