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Willy Gnonto, storia di una favola semplice

willy gnonto

Willy Gnonto è una favola semplice, quasi troppo semplice per sembrare vera.
A 19 anni ancora non compiuti le cose difficili le ritrovi spesso in una dimensione parallela e fanno rima con la paura che non conosci, ed anche un debutto in Nazionale Maggiore quando hai alle spalle un passato fatto di un padre operaio, di una madre cameriera, di un paesino di 30 mila abitanti che si affaccia sulle sponde del lago Maggiore, può rivelarsi in un sogno semplice inzuppato nella speranza. La speranza di credere che, talvolta, il talento misto al sacrificio e al crederci per davvero, siano l’equazione perfetta.

Corsi e ricorsi storici: Italia – Germania

In una calda sera che anticipa l’estate alle porte e prova definitivamente a chiudere quel maledetto cerchio mondiale, al minuto ’65 si alza il tabellone luminoso, quello che indica “Willy Gnonto è il tuo momento”. Lo stadio Dall’Ara lo ha già scelto, appena dopo Mancini, e lo applaude aggrappandosi a quella freschezza sul volto in segno di rinascita. Voltare pagina può passare da questo sorriso. Gli fa spazio Politano ma poco importa, il numero undici dell’Italia si fionda su quella fascia destra come se non vedesse l’ora di percorrere il binario che più che da Donnarumma a Neuer, lo porta da Verbania al Paradiso.

Passano cinque minuti e lui sa già cosa deve fare, deve prendere la sua personalità a due mani e colpire, mordere un Keher già ammonito, per lasciare il segno. Fa di più. Forse Keher avrebbe tanto voluto farsi ammonire di nuovo, ma non ci riesce, Gnonto vola via, in quelle ali c’è il suo sogno, in quei piedi, in quell’assist per Pellegrini, c’è un gol alla Germania che la storia ci insegna avere sempre un certo peso specifico. E poi c’è il gol di Kimmich che fa un po’ rabbia ma non spegne gli entusiasmi, contrasta i 25 mila del Dall’Ara che cantano, spingono, danno fiducia a volti nuovi per un percorso lunghissimo che sarà, anzi che è già iniziato.

Willy Gnonto, lo stagista

I tre fischi valgono un mattone posto sulle ceneri, il post partita raccoglie un imbarazzo timido ma genuino, speciale a tratti, perchè si aprono finestre sugli archivi di libri fermi al capitolo uno e dal titolo “Cosa farò da grande”. Willy Gnonto maschera Il rossore sulle guance con le sue sane origini ivoriane e si presenta come se fosse ad un provino: tre anni di liceo classico gli valgono il soprannome di latinista, l’infanzia tra Suno e Baveno dove cresce a pane e calcio, l’approdo all’Inter “Conoscevo tutti, era casa mia” ed i tragitti Verbania – Appiano all’età di 16 anni quando poi osa: “A quest’età ho scelto di giocare e sono andato in Svizzera“. Oggi è un punto fermo dell’attacco di Andrè Breitenreiter dello Zurigo, quest’anno 30 presenze tra coppa e campionato e 10 gol. Dopo quest’apparizione chissà, magari qualche riflettore in più si è acceso sugli occhioni grandi di Willy Gnonto.

Con la mano che attorciglia il pantaloncino, i complimenti che piovono da ogni dove, l’umiltà di chi sa che questo è solo un punto di partenza, un sorriso accentuato da un apparecchio che sa ancor di più di gioventù, c’è un’Italia che vuol tornare a volare in alto insieme ai 170 centimetri di quello stagista con l’apparecchio che punta al contratto a tempo indeterminato.

E se da un lato c’è un motto che potrebbe recitare più o meno così: “Crescere, sbagliare, fare gol”, dall’altro c’è il tuo:

Il mio motto è divertirmi qualunque cosa io faccia“.

Pensa, Wilfred “Willy” Gnonto, anche il mio. E allora vivi il tuo sogno e facci divertire.

foto goal.it

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