Willy Gnonto \u00e8 una favola semplice<\/strong>, quasi troppo semplice per sembrare vera. In una calda sera che anticipa l’estate alle porte e prova definitivamente a chiudere quel maledetto cerchio mondiale, al minuto ’65 si alza il tabellone luminoso, quello che indica “Willy Gnonto \u00e8 il tuo momento”<\/strong>. Lo stadio Dall’Ara lo ha gi\u00e0 scelto, appena dopo Mancini, e lo applaude aggrappandosi a quella freschezza sul volto in segno di rinascita. Voltare pagina pu\u00f2 passare da questo sorriso. Gli fa spazio Politano ma poco importa, il numero undici dell’Italia si fionda su quella fascia destra come se non vedesse l’ora di percorrere il binario che pi\u00f9 che da Donnarumma a Neuer, lo porta da Verbania al Paradiso. <\/strong><\/p>\n\n\n\n Passano cinque minuti e lui sa gi\u00e0 cosa deve fare, deve prendere la sua personalit\u00e0 a due mani e colpire, mordere un Keher gi\u00e0 ammonito, per lasciare il segno. Fa di pi\u00f9. Forse Keher avrebbe tanto voluto farsi ammonire di nuovo, ma non ci riesce, Gnonto vola via, in quelle ali c’\u00e8 il suo sogno, in quei piedi, in quell’assist per Pellegrini, c’\u00e8 un gol alla Germania che la storia ci insegna avere sempre un certo peso specifico. E poi c’\u00e8 il gol di Kimmich che fa un po’ rabbia ma non spegne gli entusiasmi, contrasta i 25 mila del Dall’Ara che cantano, spingono, danno fiducia a volti nuovi per un percorso lunghissimo che sar\u00e0, anzi che \u00e8 gi\u00e0 iniziato.<\/p>\n\n\n\n I tre fischi valgono un mattone posto sulle ceneri, il post partita raccoglie un imbarazzo timido ma genuino, speciale a tratti, perch\u00e8 si aprono finestre sugli archivi di libri fermi al capitolo uno e dal titolo “Cosa far\u00f2 da grande”. Willy Gnonto maschera Il rossore sulle guance con le sue sane origini ivoriane e si presenta come se fosse ad un provino: tre anni di liceo classico gli valgono il soprannome di latinista, l’infanzia tra Suno e Baveno dove cresce a pane e calcio, l’approdo all’Inter “Conoscevo tutti, era casa mia” ed i tragitti Verbania – Appiano all’et\u00e0 di 16 anni quando poi osa: “A quest’et\u00e0 ho scelto di giocare e sono andato in Svizzera<\/strong><\/em>“. Oggi \u00e8 un punto fermo dell’attacco di Andr\u00e8 Breitenreiter dello Zurigo, quest’anno 30 presenze tra coppa e campionato e 10 gol. Dopo quest’apparizione chiss\u00e0, magari qualche riflettore in pi\u00f9 si \u00e8 acceso sugli occhioni grandi di Willy Gnonto. <\/p>\n\n\n\n Con la mano che attorciglia il pantaloncino, i complimenti che piovono da ogni dove, l’umilt\u00e0 di chi sa che questo \u00e8 solo un punto di partenza, un sorriso accentuato da un apparecchio che sa ancor di pi\u00f9 di giovent\u00f9, c’\u00e8 un’Italia che vuol tornare a volare in alto insieme ai 170 centimetri di quello stagista con l’apparecchio che punta al contratto a tempo indeterminato. <\/p>\n\n\n\n E se da un lato c’\u00e8 un motto che potrebbe recitare pi\u00f9 o meno cos\u00ec: “Crescere, sbagliare, fare gol”, dall’altro c’\u00e8 il tuo:<\/p>\n\n\n\n
A 19 anni ancora non compiuti le cose difficili le ritrovi spesso in una dimensione parallela e fanno rima con la paura che non conosci, ed anche un debutto in Nazionale Maggiore quando hai alle spalle un passato fatto di un padre operaio, di una madre cameriera, di un paesino di 30 mila abitanti che si affaccia sulle sponde del lago Maggiore, pu\u00f2 rivelarsi in un sogno semplice inzuppato nella speranza. La speranza di credere che, talvolta, il talento misto al sacrificio e al crederci per davvero, siano l’equazione perfetta. <\/p>\n\n\n\nCorsi e ricorsi storici: Italia – Germania<\/h2>\n\n\n\n
Willy Gnonto, lo stagista<\/h2>\n\n\n\n